Sul «Greenpeace» verso la sfida

Sul «Greenpeace» verso la sfida TRA GLI ANTINUCLEARI MENTRE MITTERRAND VOLA A MURUROA Sul «Greenpeace» verso la sfida n battello ha sostituito il «Rainbow Warrior», messo fuori uso da un misterioso attentato - E' quasi pronto per la missione degli ecologisti all'atollo del Pacifico, contro gli esperimenti francesi - A colloquio con l'equipaggio: quattordici uomini e cinque donne - À loro si aggiungono una quindicina di giornalisti e fotoreporter, e l'ex ministro danese Kjeld Olesen Il Greenpeace aspetta le attrezzature per trasmettere via satellite prima di attraversare il Canale di Panama. Al contrarlo del Rainbow Warrior, che era pronto per la missione a Mururoa prima dell'attentato di Auckland, la nuova nave degli ecologisti è stata dirottata, mentre era in rotta per l'Antartico, per una «puntata» all'atollo francese del Pacifico. Partito da Amsterdam con 19 membri d'equipaggio, tra cui cinque donne, 11 rimorchiatore d'alto mare fa scalo a Curacao (Antllle olandesi) per fare il pieno di carburante e di... giornalisti, una quindicina di reporter, fotografi e carneramen accorsi da tutta l'Europa. Il preenpeace è stato raggiunto, l'8 settembre, da Kjeld Olesen, ex marittimo, oggi deputato socialdemocratico al Parlamento danese, ministro della Difesa dal 197! al 1973 e degli Esteri dal 1979 al 1982. Come gli altri membri dell'equipaggio, ha portato con sé il sacco da marinaio e si è sistemato in una stretta cabina «per attirare l'attenzione internazionale sulla salutare iniziativa degli antinucleari-, di cui è fautore dichiarato dopo i suol contrasti con la la Nato. NOSTRO SERVIZIO CURACAO — Visto dal molo, il Greenpeace non ha niente di eccezionale. Salvo le fiancate dipinte con i colori dell'arcobaleno e una colomba della pace intagliata sulla ciminiera, nulla distingue dalle altre navi Questo tozzo rimorchiatore battente bandiera americana che solca gli oceani da un quarto di secolo. Si, c'è un po' di ingombro sul ponte superiore, i corridoi scompaiono sotto un mucchio di casse accuratamente sistemate e coperte da teloni. Ma questo perché, dopo la piccola deviazione per Mururoa, il. Qrpfinpea.qeli] conta di riprendere la rotta verso- l'Antartico, via. Auckland, per stabilire una base scientifica nel settore neozelandese. Il movimento Greenpeace spera così di ottenere un suo posticino alla riunione della Conunissione Internazionale per l'Antartico, per sorvegliare più da vicino l'applicazione degli accordi per la non militarizzazione del Continente Bianco. Visto dall'interno, il Greenpeace non è però una nave come le altre. Come in tutte le strutture del Movimento, vi regna un piacevole disordine: tavoli ricoperti di documenti e ritagli di giornale, posacenere colmi di mozziconi di sigarette fatte a mano, bottiglie di birra ammucchiate. Il disordine caratteristico degli scali, dove tutti entrano ed escono. A parte i turni di guardia per evitare furti, nessuna misura particolare è stata presa per la sicurezza del battel- Io. «Non ci si protegge dal terrorismo)., dice Hans Guyt, un maestoso biondo olandese che era a bordo del Rainbow Warrior quando fu colato a picco, ad Auckland. Tuttavia, lui preferisce dormire a terra, dove ha orga¬ nizzato il servizio logistico. Non parteciperà alla missione. Nel salone, confortevole ma piccolo per trentacinque passeggeri, le pareti sono tappezzate di manifesti e di carte dell'Antartico. Foto- ora/i e di balene accanto a poemi indiani (pellerossa), una slitta nuova ma costruita con maestria antica, sotto lo sguardo di un pinguino di peluche. In una bacheca, messaggi di simpatia ricevuti dopo l'attentato contro il Rainbow Warrior. Una poesia è stata composta in memoria di Fernando Pereira, il fotografo ucciso dall'esplosione. «Il problema della pace è un gioco rischioso, dice. Unitevi al nuovo Regno della Pace», conclude con enfasi. Un simpatizzante pacifista ha inviato un talismano, una pietra incastonata in un anello di rame, da sotterrare simbolicamente a Mururoa. Un altro ha offerto una scatola di latta contenente aria fresca della Nuova Zelanda («garantita senza inquinamento nucleare», c'è scritto sull'etichetta, destinata all'esportazione). E ha aggiunto, a mano: «Siamo sulla strada della vittoria. Preparatevi alla grande serata per la chiusura di Mururoa». L'equipaggio del Greenpeace è composito. Non soltanto per le nazioni rappresentate (undici), ma anche per le persone reclutate. Ci sono i giramondo di professione, che amano l'avventura, il mare e la loro libertà. E' il caso del radiotelegrafista, un giovane inglese dai capelli rossi, e di parecchi meccanici che lavorano alle macchine in fondo alla stiva, come quel marinaio sudafricano che ha fatto il suo bel servizio militare e che non si professa pacifista. E'anche il caso di Leontina, una corpulenta olandese esperla in falegnameria, che s'è fatta imbarcare per questa campagna — contratto di dieci mesi — come aiuto meccanico. «Faccio un lavoraccio», dice pulendosi le dita annerita sulla tuta già sporca. Ma le piace «girare il mondo». • C'è, poi, il -nucleo durodei militanti di Greenpeace, quelli che guardano ai risultati di una campagna più che alle sue difficoltà, anche se necessariamente le due cose si accompagnano. Tra questi, il responsabile della campagna, Gert, un austero fisico del Baden-Wurttemberg passato dall'Istituto Max Planck all'ufficio tedesco di Greenpeace, ad Amburgo, dopo una laurea in oceanografia. Questo giovane, 34 anni, molto serio, unitosi a Greenpeace nei 1980, ha organizsato la campagna di Berlino del 1983 (una gita iti mongolfiera per protestare contro la politica nucleare delle grandi potenze, con atterraggio improvviso in Germania Est); poi, la campagna di Rostock nel 1984, ma la Marina da guerra tedescoorientale ha stroncato sul nascere il tentativo di sbarco nella Germania comunista. C'è, infine, il gruppo del giramondo militanti: Anders, uno svedese piccolo, bruno e barbuto che è stato meccanico in Marina per anni prima di ritirarsi come guardia nel Parco Nazionale della Lapponia. «Avevo giurato di non mettere più piede su una nave, dice, ma ho ceduto per Greenpeace-. Il suo capo, Antonius, è un gigante olandese, bruno e con barba, occhi azzurri e ridenti, un pezzo d'uomo che non sta un minuto fermo. Elettrauto di professione, ha girato il mondo come guidatore di camion a lungo percorso sulle strade dell'India e del Sud America. In seguito, è stato nel Grande Nord canadese, poi sui Pirenei francesi, tra asini e capre. Al primo appello di Greenpeace ha raggiunto Norfolk, in Virginia,' per sovrintendere alla trasformazione del rimorchiatore Maryland in nave ammiraglia di Greenpeace. Da allora non ha più lasciato la chiave inglese. Il capitano, Jonathan Gasile, tiene tutti uniti. Zazzera bionda, barba rossiccia, un piccolo anello all'orecchio, sembra la caricatura di un lupo di mare -ecologo'. Nato a Guernesey 35 anni fa, sposalo e padre di due figli — uno dei pochi non celibi dell'equipaggio — Jon è da sempre uomo di mare. Ma è anche un veterano di Greenpeace, cui si è unito nel 77. per assumere il comando del Rainbow Warrior. Conosce bene la Marina francese, alla quale ha giocato più d'uno scherzo nella rada di Cherbourg; ora è pronto a ricominciare a Mururoa. «Non oseranno speronarci, perché la nostra corazza è più spessa della loro», osserva con calma bonaria. E se sparano? •Tanto meglio per noi. Avremo la prova di chi sono veramente». Ci vuole ben altro per piegare la sua flemma tipicamente britannica, con la vena, però, del giocatore. Lascia o raddoppia? Raddop¬ pia! Roger Cans Copyright di «Le Monde» e per l'Italia de «La Stampa» Anisterdam. La partenza del «Greenpeace». Ora a Curacao, nelle Antille olandesi, aspetta le attrezzature per trasmettere via satellite (Ap)

Persone citate: Fernando Pereira, Hans Guyt, Jonathan Gasile, Norfolk, Olesen, Roger Cans