Nell'arte c'è un po' di confusione di Renato Barilli
Nell'arte c'è un po' di confusione Nell'arte c'è un po' di confusione L'articolo di Renato Barilli «Arte in retromarcia?», apparso su «La Stampa» il 3 settembre, non ha mancato di suscitare nel mondo artistico, non soltanto torinese, commenti favorevoli, da parte di coloro che hanno tratto vantaggio dallo stravolgimento delle diverse teorie dell'Arte,' specie quelle. correnti dal dopoguerra in poi, e contrastanti da parte di studiosi e di attenti osservatori che deprecano; la fase confusionale in cui è caduta l'arte oggi, a causa, appunto dello stravolgimento di metodi e di schemi operativi da porro alla base della creazione di un'opera d'arte. Barilli parla di bilancio e non zi è accorto che mancano i dati omogenei da sommare, gli elementi contabili, le partite da mettere a confronto. Nel tentativo di definire il •buon critico tradizionale» Barilli si ostina a percorrere un itinerario che lo porti, fatalmente alla dispersione. Il concetto non volge intorno al .mezzi esterni»: la figu razione (la figura, per intenderci, comincia ad essere da un punto), l'olio, la tela, il «cuore grande» è un'altra cosa. Il concetto, ripeto, non consiste neppure nel «rompete le righe» o nel «fate quel che volete». A parte il fatto che ciascuno di questi due propositi è più stupido dell'altro. n «progresso rettilineo» di cui Barilli scrive, come tutti sanno, è stato invece una linea spezzata tendente al basso, e perciò fuori dal contesto della storia del progresso umane. Si è navigato tutto il tempo in pieno folklore, cioè In manifestazioni singolari della sottocultura. Nessun uomo di cultura accetterà per opera d'arte un, bidone di spazzatura, un tubetto di dentifricio usato, un cesto di carbonella, un mucchio di foglie morte o di oggetti usati, come scarpe, coltelli e altre Insulsaggini del genere di cui siamo stati gratificati negli anni correnti. E non basta, come fa Barilli fare sfoggio di erudizione per dimostrare d'avere capito, più degli altri, che cosa è l'Arte. Erano valide e operanti ai suoi tempi le «tante cose» dette da Heinrich Wolfflin (1864-1945), allievo di Burckhardt, che applicò alla storia dell'arte le teorie di Conrad Fiedler (1841-1895) — le date in questo caso sono im portanti —, uno dei maggiori esponenti della teoria della •pura visibilità». Teoria che costituisce una base propedeutica di ricerca che, pur troppo, ha fatto la muffa. Servirsi delle teorie di W61 fflln per lo studio dell'arte contemporanea sarebbe come applicare i ritrovati della medicina alla meccanica. Gli strumenti culturali e analitici della critica d'Arte d'oggi sono diversi. Non è più il tempo delle categorie formali ricorrenti e sovrastoriche, analizzate per mezzo di schemi formali contrapposti, perché gli schemi sono cambiati e 11 dato reale si e arricchito di nuove fisionomie. Ararli» Rutto, Torino
Persone citate: Barilli, Burckhardt, Conrad Fiedler, Heinrich Wolfflin, Rutto
Luoghi citati: Torino
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