Manzoni «clandestino»

Manzoni «clandestino» LO SCRITTORE, LA FAMIGLIA, IL PUBBLICO Manzoni «clandestino» Ha ragione Giancarlo Vigorclli, in questo bicentenario manzoniano che sta declinando, a richiamare l'attenzione sul Manzoni meno frequentato c in parte clandestino, estraendo dai suoi precordi di studioso e di polemista un titolo che sembra una staffilata: // "mestiere guastato" delle lettere (ed. Rizzoli). Sotto il quale raccoglie brani sforbiciati sapientemente dall'epistolario, dalle pagine di riflessione storica, letteraria e morale, componendo un breviario di straordinaria densità e freschezza, E ha ragione a dire che la sua immagine è stata diminuita e deformata, riducendolo ad autore del sólo capolavoro, per di più mortificato a libro scolastico, ed ostacolandone una «rilettura a più scavi» che gli renda piena giustizia. Del resto i malintesi e i pregiudizi che hanno accompagnato Manzoni nel nostro paese hanno origini lontane: nella sua proclamata estraneità a una letteratura prevalentemente formale, restia alle idee, pronta a indossare la livrea della doppia verità, a giustificare l'ossequio ai potenti con la «poetica dell'inganno». Mentre lui professava una tale reverenza per il retto esercizio della ragione, per l'incorrotta verità, da mettere in dubbio la sostanza stessa dei Promessi sposi, dove l'orizzonte dell'immaginazione rischiava di sovrapporsi all'autenticità della storia. ★ * Ora, è vero che di fronte j alla crisi ricorrente della giustizia si torna sempre più fa-, miliarmente alla Storia della colonna infame come, di fronte! ai furori ideologici di qualche tempo addietro, gli spiriti più avvertiti trovarono conforto nel saggio sulla Rivoluzione francese, indignata e ironica denuncia della ragione sragionante. Ma è merito di Vigorelli avere colto nell'aria questa attualità di Manzoni, di corroborarla con questo libro appassionato e «militante», siglato dà una stupenda massima manzoniana c insieme pascaliana: «Ogni finzione che mostri l'uomo in riposo morale è .dissimile dal vero». Direi che questa massima si adatta a meraviglia anche alla recente biografia di Guido Bezzola Giulia Manzoni Beccaria (ed. Rusconi). Almeno per quel tanto che l'autore ci ha messo di suo, di investigato più che documentalmente accertato, per la simpatia espressa a un personaggio che, nonostante le ricerche effettuate ex novo, continua a restare per molti versi enigmatico. E' infatti proposito di Bezzola districare fin dove possibile la figura di Giulia da quelle troppo soverchianti del padre e del figlio, di restituirle' auto-'j nomia e responsabilità morale. Pur senza rinunciare all'or-, dinato svolgersi degli avvenimenti, Bezzola procede per luci radenti, per intuizioni capaci di illuminare una persona il cui grande fascino traspare ?er lo più indirettamente, nelammirazione dei contemporanei. Figlia disamata di un uomo universalmente acclamato {Dei delitti e delle pene), dopo avere patito l'educazione conventuale, rifiorisce appena diciottenne nella Milano dell'Illuminismo, brilla in una società che si fa un merito dell'intelligenza, dell'allegria, della provocazione. Intreccia una relazione intensa con l'ultimo dei Verri, Giovanni, e la continuerà anche se il padre le impone il matrimonio con il mesto, taciturno Pietro Manzoni. A lungo si avvertirà in lei, sotto l'apparente gaiezza e spregiudicatezza . appresa nei salotti e nei boudoirs, un ansioso sbattere di ali, un'ombra di rinserrate prigioni. Fino al legame con l'austero Carlo Imbonati, plutarchiano eroe in disarmo, che placa la sua irrequietezza e quasi la prepara all'incontro con il giovanissimo Alessandro: il figlio per tanti anni rimosso perché le ricordava le figure moleste del marito e del primo amante (ed è ormai difficile negare che Alessandro fosse generato da Giovanni Verri). Un anno prima che Giulia nascesse, usciva La nouvelle Hllo'ùe di Rousseau, e Bezzola individua sottili affinità tra Julie d'Etanges e la Beccaria: quasi un segno predestinato e reso più marcato attraverso le letture della seconda Giulia: «Molto entusiasmo, una grandissima sensibilità, un infuocato amore per le cose "virtuose" e un altrettanto infuocato odio per le costrizioni e le convenzioni, un linguaggio parareligioso applicato al profano...». Questa è Giulia Beccaria, con qualche traccia appena dell'ironia volteriana che doveva averle instillato l'amante libertino. ★ * Il reciproco abbagliato «riconoscimento» di Giulia e Alessandro, la loro «amicizia» che durerà tutta la vita ha un che di miracoloso. O non sarà forse, da parte della madre, la precoce scoperta di un destino di eccezione che dava un senso ai propri errori, che redimeva i lontani tumulti dell'intelligenza e del cuore? Bezzola non nasconde, divertendosi e divertendoci, le sue debolezze di rinsavita matrona, di donna Prassede affannata a trovare moglie ad Alessandro, di ossequente ministra del figlio nel cancellare, dopo la conversione, le tracce di una vita «scandalosa»: la vendita del'Galeotto insieme alle ossa di Pietro Manzoni, ' la demolizione "a Brusuglio del tempietto neoclassico dove riposava imbalsamato Carlo Imbonati. Ma sempre indoviniamo, nella lunga storia dei Manzoni, la presenza affettuosa, prodiga, ragionevole di Giulia: a proteggere una famiglia troppo folta, gracile e sventurata, la soverchia delicatezza di Alessandro, il suo «egoismo» creativo. Le sorprese sul Manzoni non finiscono qui. Lo sfruttamento didattico dei Promessi sposi iniziato nell'Italia postunitaria e la mancanza di adeguati scandagli hanno creato fraintendimenti anche per quanto riguarda il pubblico dei suoi lettori. E' noto il giu¬ dizio liquidatolo di Gramsci sui Promessi sposi che non sarebbero «mai stati popolari: sentimentalmente il popolo sentiva Manzoni lontano da si e il suo libro come un libro di devozione, non come un'epopea popolare». Ma l'affermazione è revocata in dubbio e addirittura smentita da un libro di Fernando Mazzocca (Quale Manzoni? Vicende figurative dei Promessi sposi, ed. Il Saggiatore) che è forse il contributo più originale uscito quest'anno. Mazzocca documenta la fortuna visiva di Manzoni, «la più ampia e straordinaria mai goduta in patria da alcun altro letterato italiano», e attraverso di essa la grande diffusione del romanzo (nel decennio 18271840 non meno di cinque o sei edizioni licenziate annualmente). Non si tratta soltanto dello slancio impresso alla pittura storica romantica, ma della vivace emulazione nei confronti di Walter Scott attraverso le edizioni illustrate con la nuovissima tecnica litografica. I più grandi centri della Penisola ne approfittarono variamente, insistendo sui moventi pedagogici o sui temi avventurosi (gran «traditore» Pinci 1 ì che ambienta il romanzo nella campagna romana, trasformando i bravi in briganti). Mazzocca rileva tra l'altro, in contraddittorio con le riserve di tanti aitici, che il personaggio più popolare tra tutti risulta proprio l'esangue Lucia, vista nella sua «autonomia di carattere e di scelte, fondate sulla rivendicazione di fronte alle ragioni della forza dei più alti valori morati e del sentimento». Lo stesso Manzoni fu ben consapevole della partita che si stava giocando e della crescita di un pubblico non più elitario, come dimostra l'edizione in proprio del romanzo, nel vano tentativo di sfuggire ai taglieggiamenti dei rivenditori e alla pirateria libraria. Lo rivela la cura con cui seguì le incisioni di Gonin, i suggerimenti rivolti a tutelare l'identità storica e fantastica dei suoi eroi, le vere e proprie note di regia che, attravèrso l'alternanza dei particolari e degli insiemi, dei primi e secondi piani, garantissero un ritmo narrativo, un «effetto fumetto». In una lettera famosa all'illustratore-traduttore trabocca di entusiasmo per cetti risultati, soprattutto gli premono le illustrazioni in cui prevalgono il comico e l'ironico. A tratti, fra le righe, ci si aspetta di veder spuntare il nome consanguineo di Carlo Porta. Si manifesta cosi, per altra via, la felicità di un rapporto fecondo e solidale con ben altri che i venticinque lettori che, prendendo sul serio la sua finta modestia, si è preteso di attribuirgli. Lorenzo Mondo Giuseppe Moltenl: «La Signora di Monza» (1840, particolare)

Luoghi citati: Italia, Monza