Pentitismo e indagini finanziarie armi imperfette contro il crimine di Claudio Giacchino

Pentitismo e indagini finanziarie armi imperfette contro il crimine Al congresso Onu di Milano i magistrati italiani parlano delle loro esperienze Pentitismo e indagini finanziarie armi imperfette contro il crimine .((Confessioni» seiuaproye - Capitali all'estero - Rivelazione sul terrorismo j^rtg^i^^g^X^^^^9^^j||j^I 13* DAL NOSTRO INVIATO MILANO — Tre anni fa, a Palermo, i klllers assassinavano 11 generale Dalla Chiesa. Da quel giorno ad oggi, in Italia migliaia di persone sono finite in carcere o sono state denunciate per vicende mafiose. A che cosa è servita questa valanga di arresti e denunce? «Non è servita a niente., risponde il giudice istruttore di Roma Ferdinando Imposimato, che, insieme con altri tre colleglli magistrati, ha tenuto ieri un dibattito-conferenza stampa nell'ambito del congresso mondiale sulla criminalità, organizzato dall'Onu a Milano. 'Ha intaccato la manovalanza della mafia — prosegue Imposimato —, ma non, tranne rare eccezioni, gli alti livelli dell'organizzazione. Non si può comunque dire che non è stato fatto nulla, si sono conseguite notevoli conoscenze sui meccanismi della grande delinquenza. Così come si è scoperto che l'aumento delle pene s'è rivelata arma inutile, più esse si inaspriscono e più cresce la criminalità'. Dalla mafia all'eversione. Davvero, sta riaffiorando l'incubo della lotta armata? Risponde 11 giudice istruttore, anch'egli di Roma, Rosario Priore: «Si paventa tanto una ripresa sanguinosa dell'euroterrorismo. Il pericolo maggiore è però il terrorismo diplomatico di ispirazione per lo più mediorientale; cioè, la partecipazione diretta di diplomatici ad attentati contro le istituzioni o contro colleghi di altre nazioni. Questa forma di violenza politica è alquanto praticata. Se le nostre inchieste non fossero ancora coperte dal segreto istruttorio, potreste apprendere notizie sorprendenti sulla guerra che l'eversione internazionale combatte in Italia*. Alle preoccupanti e preoccupate parole del due magistrati romani hanno fatto eco quelle del giudici Istrutto' ri milanesi Gherado Colombo e Giuliano Turane. Un'eco sempre improntata al pessl misrr.o ('Purtroppo nella lotta ai clan mafiosi c'è una dispersione di forze, ci sentiamo isolati») e talora modulata dal disaccordo. Da sempre impegnati in prima linea contro la delinquenza, questi uomini coraggiosi hanno tradito una certa discordanza di fondo su quali debbano esse re le ottimali strategie da adottare nella battaglia al crimine. Da un lato, Imposimato e Priore ribadiscono l'indispensabile ruolo del pentiti per disgregare la mafia. Dall'altro Colombo e Turane sostengono: .Ingiusto illudersi di vincere la guerra con il sistema delle "collaborazioni". Certo, le smagliature dell'omertà sono fenomeno notevole: ma l'unico filo che gli investigatori devono tirare per giungere al cuore della mafia è quello del denaro illecito, dell'indagine patrimoniale, dell'inchiesta sui grandi movimenti di capitale». All'obiezione di Imposimato: »Sino al 1980 tali indagini hanno portato solo a processi invariabilmente suggellati da sentenze di assoluzione per insufficienza di prove», i col' leghi di Milano hanno replicato: »Non è che vogliamo svalutare l'apporto dei pentiti, nondimeno gli accertamenti finanziari sono l'unica autentica garanzia di successo. Ad esempio: investigando sui sequestri di Rossi di Montelera e Tortelli (sequestri dei primi anni 1970, ndr) i controlli patrimoniali ci hanno consentito di ricostruire collegamenti criminali che molto difficilmente uno o più pentiti avrebbero potuto delineare». La polemica, sempre dal quattro magistrati volutamente ma faticosamente smorzata, ha finito con lo sfociare nel caso Tortora. Ha tagliato corto Imposimato: «Non enfatizziamo questo caso, è logico che la somma di più chiamate di correità da parte dei pentiti non rappresenterà mai da sola una prova. Sta alla professionalità del magistrato valutare l'attendibilità di chi ha deciso di confessare. A me, addirittura, è successo che un pentito si sia accusato di un assassinio mai commesso». Il disaccordo di fondo è terminato su queste parole ed ha ceduto il passo all'illustrazione delle mille difficolta che intralciano 11 cammino della giustizia. Critiche alla legge La Torre: «Non impedisce affatto le fughe di capitali all'estero... In alcuni luoghi non è applicata, in altri poco e male... Sarebbe efficace solo se accompagnata da una riforma del diritto societario, delle leggi bancarie e dei poteri della Corisob». Critiche alla collaborazione tra gli Stati: .Ormai il crimine organizzato influenza la politica estera di alcuni Stati, si pensi ad esempio al traffico clandestino d'armi. Perché l'inquirente possa agire con profitto sarebbe necessaria una collaborazione internazionale autentica». •L'Onu — ha osservato Turane — potrebbe creare una filosofia internazionale di repressione del crimine. Al momento attuale tra le nazioni, a livello di governi, la collaborazione è a grado zero». Ciò, anche per colpa dell'Italia. «Non dimentichiamo — ha detto Imposimato — che la Convenzione dì Strasburgo del 1977 è stata firmata da tutti, tranne che da noi e dalla Francia». E' possibile rimediare a questa situazione? Forse si, ma chissà quando e come. Almeno, a giudicare dalla bozza di proposte (10 pagine di nobili, ma scontati e fumosi principi) che un gruppo multinazionale di congressisti, 11 cosiddetto Gruppo di Milano, sottoporrà da oggi all'approvazione dell'assemblea. Claudio Giacchino