MORTA A NOVANTANNI LA SCRITTRICE VEDOVA DI ROBERTO

Anna Banti: sfida della donna artista MORTA A NOVANTANNI LA SCRITTRICE VEDOVA DI ROBERTO LONGHI Anna Banti: sfida della donna artista FIRENZE — Si è spenta a Ronchi di Massa la scrittrice e storica della cultura Anna Banti. Aveva novantanni. Nata Lucia Lopresti, aveva sposato lo storico dell'arte Roberto Longht. La notizia della morte è stata data dalla Fondazione di studi di storia dell'arte Roberto Longhi di cui la Banti era presidente. La sua ammirazione andava a scrittrici quali Virginia Woolf, Katherina Mansfield, 11 suo rigore critico alla pittura di Lorenzo Lotto, Fra Angelico, Diego Velàzquez, Claude Monet. Per tutta la vita Anna Banti ha vissuto all'insegna di queste due scritture, quella pittorica e quella letteraria. Era nata nel 1895, a Firenze, da genitori di origine calabrese, suo padre si chiamava Lopresti, un cognome che l'accompagnerà fino al suo esordio narrativo, nel '37 quando pubblicò Itinerario di Paolina. Quel libro usci con lo pseudonimo di Anna Banti, nome e cognome presi in prestito, e mai più abbandonati, da una lontana parente della madre. Aveva già In quegli anni sposato Roberto Longhi, l'allievo di Toesca e Venturi, il grande studioso di Caravaggio e Piero della Francesca, il fondatore della rivista Paragone. Si erano incontrati a Roma sui banchi del liceo. Longhi le insegnò come leggere un quadro, i trecentisti bolognesi, l'arte lombarda dal Visconti agli Sforza, il Cristo di Piero della Francesca. Lei smise di scrivere piccole prose, brevi racconti e si laureò in Storia dell'arte. Per qualche anno sembrò nascondersi all'ombra del marito famoso, firmò qualche saggio critico, qualche articolo per riviste d'arte. Ma la passione per la letteratura, l'attenzione per la condizione femminile, maturarono proprio In quegli anni. E Itinerario di Paolina, che Emilio Cecchl paragonò alle prove più moderne della narrativa europea, costituì il primo esemplo. Cercò una prosa che non s'ancorasse troppo alla memoria, all'autobiografismo fin dal racconti successivi all'Itinerario: da II coraggio delle donne ('40), a Sette lune ('42), a Le monache cantano ('43). Memoria e autobiografia, dichiarò la Banti, andavano filtrate attraverso altre esperienze, ricondotte a una condizione umana più generale, a quel «pianeta donna» che essa ebbe il merito di Indagare con lucidità e sentimento. Fu con Artemisia, nel '47, che Anna Banti chiari, con grande fascino e un largo successo, il suo progetto di scrittore. Era la ricostruzione storica e umana della vita della pittrice secentesca Artemisia Gentileschi, un romanzo che avrebbe anticipato molti romanzi, saggi, analisi sulla condizione della donna e della donna-artista nella società. Era il tentativo di conquistare una parità umana e culturale fra donna e uomo, lo sforzo di raggiungere un equilibrio che la Storia continuava a mandare in frantumi. Con Le donne muoiono, Premio Viareggio del '52, e La monaca di Sciangai, Premio Veillon del '57, Anna Banti continuò a sottolineare questa sconfitta femminile, i personaggi dei suoi racconti, privi del dono dell'arte, si rifugiavano in avvizzite solitudini, in condizioni di disamore, in offese afaslche. Nel '67 mutò questa civile ed esistenziale protesta in un romanzo dai toni storici, ricostruendo la crisi ideologica, dopo la sconfitta di Aspromonte, di un patriota del Risorgimento: Noi credevamo. Dopo la morte di Roberto Longhi, nel '70, continuò ad abitare in penombra e solitudine la grande casa di Bagno a Ripoli, affogata fra i lecci e 1 tigli, che dalla collina guardava Firenze. Pensava alla Fondazione, lottava per avere più finanziamenti, più attenzioni, aveva molte cure per gli studenti, che da ogni, parte del mondo si. affacciavano timidamente nel «regno di Longhi». Continuava a scrivere, aveva vinto il Bagutta nel '72 con: Je vous écris d'un pays lointain, faceva ricerche ancora su donne pittrici. Poi, nell'81. regalò al suoi lettori un'ultima sorpresa, 11 romanzo-testimonianza del suoi anni con Longhi e con la sua vocazione di scrittrice.: Un grido lacerante. E' la confessione di un grande amore e di una lunga devozione che una giovane studentessa ha per il suo maestro. Storia anche di una rinuncia che trova serenità ed evasione nei margini, della pagina scritta. Ma anche ferita irrlmarginabile che l'ha spinta ai bordi della pittura, lontana dal documento, verso 1 territori dell'immaginazione. Territori ai quali la Banti saprà non appartenere, sfidando continuamente il confine, risucchiando dàlie competenze di un affascinante marito-maestro 11 suo spazio di «donna-artista». Nlco Orengo

Luoghi citati: Bagno A Ripoli, Caravaggio, Firenze, Roma, Sciangai, Viareggio