L'arpa della pietà sfida ancora la guerra di Stefano Reggiani

L'arpa della pietà sfida ancora la guerra ICHIKAWA HA PORTATO FUORI CONCORSO IL «REMAKE» DEL SUO FILM-SIMBOLO L'arpa della pietà sfida ancora la guerra «Polite», in gara ieri, conferma la maturità stilistica di Pialat - Dépardieu, poliziòtto duro dal cuore tenero, la Marceau, bella senza scrupoli, interpretano una specie di telefilm della sera segnato dalla ricerca dell'infelicità DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA — La Francia va bene, dopo l'ottima Varda dell'altro Ieri ha portato in concorso anche un Pialat che ormai ha più pregi che difetti (Police, Polizia). Ma per noi la giornata è stata commovente per una ragione cele-, bratlva e sentimentale, è arrivato 11 giapponese Kon Ichlkawa con la nuova Arpa' birmana, rifacimento quasi testuale del film simbolo presentato alla Mostra di Vene-' zia nel 1956. Vi rendete conto di quanto tempo è passato e di quale tempo? Una gran parte del pubblico cinematografico e certamente tutti 1 nuovi pacifisti non erano nati quando Ichlkawa lanciò 11 suo appello di pietà contro la guerra, la storia del piccolo soldato Mizushima che nel 1045 resta In Birmania per seppellire i compagni caduti e prende per umiltà la tunica del bonzo. Sono passati quasi trentanni senza la Guerra, ma pieni di guerre. Le atrocità che vediamo tutti 1 giorni sul teleschermi e che leggiamo sul giornali hanno distrutto anche la nostra capacità di indignazione e fanno quasi sembrare ingenuo lo sgomento di Mizushima di fronte ai mucchi di cadaveri insepolti nella "rossa terra di Birmania». Ma l'esemplo del piccolo soldato giapponese suonatore d'arpa rimane ancora l'unica forma di ribellione Individuale contro la guerra, non dimenticare, vivere per ricordare, praticare le proprie opere di pace. C'è la bellissima lettera al compagni che ritornano in patria: «Mi chiedo la ragione di questa crudeltà e di questa sofferenza e non so rispondere; ma so anclte che debbo rimanere qui finché l'ultimo dei caduti non avrà trovato almeno la pietà della sepoltura-. Le guerre si rifanno perché si dimentica. L'arpa birmana, che ebbe a Venezia 11 premio San Giorgio ma non il Leone d'oro, diventò ben presto il simbolo di quel cinema d'Intonazione civile e pacifica che avrebbe segnato una stagione fervida della cultura contemporanea e che s'è smarrito adesso nella paura del sentimenti semplici e nelle trappole politiche. Sperando di farsi capire anche dal nuovo pubblico del venti-trentenni, spinto anche dalla televisione del suo paese, Ichlkawa (esempio rarissimo tra gli autori) ha integralmente rifatto 11 suo film a colori e con suono stereofonico. 01 pare che abbia aggiunto qualche passaggio esplicativo perché oggi slamo più zucconi di Ieri, ma le Inquadrature sono fedelmente ripetute. Certo, non bisognerebbe mai rifare 1 capolavori In copia, perché 1 grandi film sono unici e si giovano perfino dei difetti e dell'incompiutezza. S'è persa nel colore l'ombrosa pietà del bianco e nero originale. Anzi, non s'è persa, s'è soltanto attenuata per noi che la cerchiamo con fame e nostalgia. Ben tornata Arpa birmana, ben tornato suono malinconico della pietà, le grandi parole resistono a tutti 1 rischi. Il film è fuori concorso perché Ichlkawa è In giuria; peccato, sarebbe stata l'occasione per pagare un lungo debito. Si fa fatica a passare a Pialat, c'è un salto brusco di tono, di tempi. Per fortuna l'autore è meritevole, anche se poco amato in Italia. Anche noi ci schieravamo tra 1 sospettosi, Loulou qualche anno fa ci era parso viziato da un certo populismo vitalistico; ma A nos amours era al culmine di una fitta filmografia (Pialat è nato nel '25) un approdo di maturità stilistica. Ieri Polke è stato, con qualche fugace perplessità, un'ulteriore conferma. E' una storia da telefilm della sera, 11 poliziotto Gerard Dépardieu duro dal cuore tenero, la donna dei trafficanti di droga, Sophie Marceau bella e senza scrupoli, il posto di polizia traboccante di varia umanità. Ma in questa tessitura risaputa Pialat ha messo la sua furiosa ricerca delle infeli-, cita, tutti si muovono freneticamente per paura di fermarsi e di dover parlare. E' curioso, perché nei film di Pialat si parla incessantemente, sembra che tutti si dicano qualcosa e l'Inganno del1 silenzio è più profondo. L'ispettore Dépardieu s'Innamora come un ragazzino della donna del gangster, dopo averla strapazzata in un interrogatorio. Tanto è vero che passa con lei una notte intera di sbaclucchiamenti da adolescenti dentro un'automobile e poi consegna alla banda di trafficanti tunisini il malloppo che la donna aveva sottratto. Tutto per salvarla e ottenendone come' compenso d'essere lasciato. Pialat è un vecchio romantico e fa dei giochi pericolosi, ma non s'arrende nemmeno al poliziesco. ; Stefano Reggiani XLll MOSTRA INTERNAZIONALE DEL CINEMA Sophie Marceau in «Police» di Pialat. Tina Turner e Mei Gibson nel post-futuro di «Mad Max»

Luoghi citati: Birmania, Francia, Italia, Venezia