Cattivi Pensieri di Luigi Firpo

Senatrice Falcucci, resista! Cattivi Pensieri di LuigkFirpos Senatrice Falcucci, resista! Durante le grandi mareggiate le onde grìgie, schiumose, si abbattono con rabbia su moli e scogliere, scavalcano i ripari mugghiando fra nuvole di spruzzi, quasi volessero inghiottire la terra-» ferma e travolgere ogni ostacolo. Poi d'un tratto il vento si placa, l'acqua torna a rotolare in placida risacca e' sugli arenili restano pochi detrìti di alghe, qualche valva di crostaceo, pochi cocci verdi levigati di bottiglia. Quasi nulla. Cosi fu il '68 all'Università: un'esplosione di intolleranza giovanile, una violenza appena travestita da confusi ideali, una protesta contro tante cose distorte e usurate dal tempo, ma incapace di formulare proposte alternative, Interminabili assemblee in cui tutti si disputavano il microfono per parlarsi addosso, ogni centimetro di parete coperto a più strati di slogans, invettive, minacce e scurrilità, murales beffardi contro i professori, occupazioni delle sedi con turni anche notturni, che talvolta assicuravano persino ai brufolosi qualche squallida evasione sessuale. Rivoluzione verbale e verbosa, nutrita dei luoghi comuni di una sinistra attardata e dell'avversione dei campus californiani per la remota ecatombe in Vietnam, si visse allora, volenti o nolenti, la parodia di un'imitazione: quella del Maggio francese, con l'immaginazione al potere, il voto garantito, il trionfo dell'egualitarismo analfabeta. Poi il pallone si sgonfiò, i piccoli capi carismatici della rivolta cominciarono a beccarsi fra loro, molti si accorsero che la vecchia università zoppicante e asmatica era diventata una università inesistente. A questo punto, e prima di rendersi conto del riflusso inevitabile e della vuotaggine dei temi sbandierati, entrò in scena la classe politica, che prese tutto terribilmente sul serio e si precipitò a cavalcare quella tigre di carta. Gli studenti di quella stagione ribollente ormai se n'erano andati, i protagonisti più intelligenti avevano messo testa a partito, qualcuno era entrato in politica, altri nel mondo del lavoro, altri — spesso i più ostinatamente nostalgici — in quello della scuola, a ripetere in classe ai loro malcapitati allievi gli slogans consunti della loro scapestrata giovinezza. Nell'università alluvionata e sinistrata erano però rimasti gli addetti ai lavori, quelli che ci vivevano con ruoli diversi, spesso precari e con remunerazioni irrisorie. Furono loro a ereditare le macerie e a proporre ai partiti i modelli di una ristrutturazione per loro uso e consumo. Vennero scritte allora tonnellate di carta sulla riforma dell'università, ma furono i sindacati dei docenti subalterni a dettarla ai politici, illusi di assicurarsi cosi Gualche grappolo di voti. E a allora, nel tentativo di riformare la riforma, si è andati di male in peggio, sempre tentando di assecondare le richieste di chi in qualche modo insegna — o almeno dice di volerlo fare — invece di badare al solo interesse veramente generale e primario, che è quello di offrire la migliore scuola possibile a chiunque abbia voglia di studiare. Cosi si apprende oggi che ai concorsi banditi per 3695 posti di professore ordinario si presentano circa 15.400 candidati e che questi salgono a 16.500 per ì 2802 posti di professore associato o di seconda fascia, mentre i 16.000 «ricercatori» confermati in apposito ruolo vitalizio avanzano richieste che è lecito definire esorbitanti. Se aggiungiamo gli iscritti ai dottorati di ricerca, i borsisti per l'estero, i ricercatori dei vari centri e Istituti del Cnr, andiamo sicuramente al di là dei 50.000 docenti a fronte di una popolazione studentesca destinata a decrescere per il calo demografico in atto, largamente assenteista e paurosamente concentrata in poche grandi sedi superaffollate, mentre si continua a istituire nuove università (elettorali) in ogni capoluogo di provincia, dove decine di professori non hanno un solo studente, mentre ceni loro colleghi, altrove, dovrebbero assistere a migliaia di esami all'anno. Debolezze, insipienze, disinformazione e opportunismo politico di corta vista sono alla base di questo caos, buono solo a distribuire squallidi stipendi a professori ottimi, scadenti o risibili, tutti alla rinfusa. Rimediare a questo guasto è impresa titanica e non vediamo nei dintorni eroi disposti a tentarla. Ma almeno su un punto il ministro senatrice Falcucci sembra aver imboccato una strada ragionevole, e con ogni istanza vorrei confortarla a tener duro. Solo un populismo dissennato ha consentito di trasformare in ruolo vitalizio quello che era in origine un ambito privilegio: cioè il godere per un paio d'anni, magari per quattro (ma già erano troppi!) di una borsa di studio o di un «contratto», tali da consentire a un giovane di concludere una ricerca già avviata, di ampliare o rifinire una tesi di laurea, di cimentarsi, insomma, con lo studio autonomo e creativo, per farsi le ossa, saggiare la propria vocazione, fabbricarsi titoli validi per un concorso. Ma che si debba poter fare il «ricercatore», fino a 65 anni, magari senza trovare mai nulla di :utile, come precoci pensionati parassitari, è tale un'assurdità che grida vendetta. La parola «precario», che fra i postini o i bidelli può suonare intollerabile, per un giovane che si dedichi al lavoro scientifico i qualifica necessaria, motivo di stimolo e di sfida. Se supererà le prime prove, vincerà un concorso ad associato; se no cambierà mestiere. E sarà tanto di guadagnato per lui, per gli studenti e per lo Stato.

Persone citate: Cattivi Pensieri, Falcucci

Luoghi citati: Vietnam