Il mito di Roma diventa surrealista
Il mito di Roma diventa surrealista BREGENZ, STRANA E AFFASCINANTE MOSTRA PER UN BIMILLENARIO Il mito di Roma diventa surrealista BREGENZ — L'anno 15 a. C. Tiberio, generale di Augusto e futuro imperatore, conquistava un villaggio celtico all'estremità orientale dell'attuale Lago di Costanza e fondava Brigantium, destinata a diventare fondamentale nodo di comunicazione della parie occidentale dell'Impero. Il capoluogo del Vorarlberg austriaco celebra, fino al 29 settembre, questo giubileo bimillenario con la mostra «Dei e romani. Mito e storia di Roma nello specchio dell'arte», che invade fittamente ogni angolo, dai sotterranei al sottotetto, del ristrutturato Kunsterhaus nella villa ottocentesca Thurn und Taxis. Il termine di «specchio» (specchio deformante, gioco di specchi, continua labirintica rifrazione dall'avanti Cristo all'oggi più immediato di Rainer, Kitsch, Ontani, Paladino) è quanto mai adatto a questa bizzarra, azzardata, spesso affascinante congerie di tre centinaia di pitture, sculture, grafiche, oggetti: dall'affresco con Saghe romane del III sec. a. C, dall'Esquilino, concesso dal Palazzo dei Conservatori di Roma (le raccolte antiquarie civiche e statali di Roma, evidentemente lusingate da questo singolare omaggio austriaco, sono state generosissime) al Ratto delle Sabine di Picasso del Museo Nazionale di Praga, o ai disegni di Fellini per il Satyrìcon. In più parti, si ha l'impres¬ sione di ritrovarsi in mezzo ad una delle manifestazioni surrealiste degli Anni 30 e 40 fra pitture e oggetti camuffati e «déplacés» (e per questo stanno a loro agio capolavori surrealisti come la Gradiva 1939 di Masson, omaggio al famoso saggio di Freud del 1907, e il Festino degli Dei 1948 di Ernst dal Museo d'arte moderna di Vienna); in altre, nel trionfo dell'attuale moda anacronistica. Esplicito simbolo culminante è l'ultima sala nel sottotetto: al centro, in una specie di cabina balneare abbastanza dechirichiana, la splendida, morbida sensualità neoalessandrina della Venere genitrice del II séc. d. C. dal Palatino, del Museo Nazionale Romano; dietro di essa, la Venere su fondo nero, attribuita al Botticelli, già della collezione Guarino e oggi nella Galleria Sabauda di Torino; sulla parete destra, il delicatissimo efebico affresco con Apollo musagete del I sec. a. C, dall'Antiquario Palatino; sulla sinistra, il conturbante sogno erotico delle Ninfe al bagno del surrealista Delvaux. Per l'insieme della mostra, vale anche la metafora della «doccia scozzese», alternandosi, alle aree esplicanti il concetto dell'illimitata contemporaneità figurativa della storia e del mito, quelle illustranti, spesso con grande efficacia, la sequenza a corsi e ricorsi, nel contenuto e nell'immagine, dell'interpretazione figurativa lungo i secoli della storia e dei miti romani. Qui spiccano «corretti» accostamenti: il cosiddetto busto di Vitellio del Museo Archeologico di Venezia, la tela dello stesso soggetto della bottega di Rubens dalla Galleria di Stoccarda, il disegno originale di Rubens dell'Albertina di Vienna. E qui cade a proposito consigliare all'eventuale visitatore motorizzato una tappa — di perfetto e sontuoso preludio — nel palazzo delle esposizio¬ ni di Vaduz, dove è esposta la serie di otto grandi tele con la Storia di Decio Mure (più una supposta nona con Marte e Rea Silvia), dipinta per Genova per essere tradotta in arazzo: quadri che Io stesso autore, Rubens, definiva nel 1618, e con piena ragione, «molto superbi». A Vaduz sono esposti anche, della collezione Liechtenstein, stupendi bronzetti di soggetto mitologico del Giambologna, del Mochi, di Duque- snoy. Tornando a Bregenz, anche qui conta fra le presenze più ricche e affascinanti la serie di bronzetti rinascimentali, manieristici, barocchi italiani e tedeschi, in gran parte provenienti dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, messi a confronto con l'arredo bronzeo del «Lararium» di Monta-" rio e con altri piccoli bronzi romani dello stesso musco. Nel contesto, spiccano per intrinseca attrazione capolavori pittorici, come i due omaggi — altissimi esempi di diverse culture — ai miti romani, il IBacco, Cerere e Amor dello squisito manierista internazionale Hans von Aachen e il classico-barocco Trionfo di Flora di Poussin dai Musei Capitolini di Roma; o il Paesaggio con la Ninfa Egeria del Lorenese, da Capodimonte. Per la storia romana, si sen-' te certo la mancanza dei capolavori di David. Ma sopperisce il versante «eterodosso» della mostra: con uno stupendo orologio «Impero», riproducente in bronzo il Giuramento degli Orazi; con l'autoscatto cromofotografico e pastello di Ontani in veste di personaggio delle Sabine. E soprattutto sopperisce con lo straordinario foglio giacobino dello stesso David, del Museo C'ama va lei di Parigi, che nel Trionfo del popolo francese mescola il Bruto, repubblicano e Cornelia madre dei Gracchi con Guglielmo Teli e Marat. Marco Rosei De Chirico. «Piazza d'Itali»», esposta a Bregenz (particolare)
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