Il nero di casa di A. Galante Garrone
Il nero di casa Il nero di casa Capi di governo, ministri a bizzeffe, migliaia di delegati e specialisti di centocinquanta Paesi. Insomma, l'Onu alle porte di Milano, per un maxiconvegno sulla prevenzione della criminalità organizzata e sulla giustizia penale, oggi nel mondo. Il Centro di preven: zionc e difesa sociale, e il suo segretario Adolfo Bcria d'Argentine, che sono tra i principali organizzatori, ci rassicurano sulla serietà dei propositi. Restiamo invece un po' scettici per le dimensioni «planetarie» dell'iniziativa, la minaccia di sterili logomachie, le felpate cautele diplomatiche, l'inevitabile «aria fritta» che ha già caratterizzato tante sortite dell'Assemblea dell'Onu e dcll'Uncsco. E poi, la sconfinata ampiezza delle questioni sul tappeto ci fa temere che troppa sia la carne al fuoco. La nostra dubbiosa speranza è che si venga subito all'osso, piuttosto duro da masticare: specialmente per noi italiani. Ci è piaciuto che Craxi, nel portare il saluto del governo italiano, abbia sentito subito il bisogno di centrare il suo intervento sulla situazione italiana. Il nostro Paese, tutti lo sanno, è come un punto focale di questo enorme fenomeno intercontinentale che è la criminalità organizzata. Terrorismo, droga, mafia e camorra qui approdano o allignano, e di qui ripartono per altri lidi. Non c'è di che inorgoglirsene, tutt'altro: ma e verissimo che la società italiana è oggi «quasi un laboratorio» (e io toglierei il «quasi»), fra i più complessi ed esemplari. Questo è il problema dei problemi: individuare gli intrecci criminosi da un Paese all'altro, e combatterli a tutti i livelli, politici, giudiziari, diplomatici, economici, finanziari. Un punto di particolare importanza è quello degli accordi di estradizione, specialmente contro il terrorismo o la mafia (come il trattato fra l'Italia e l'Australia). Sovrasta su ogni altra questione, per gravità e dimensioni, l'industria della droga. Nel giudicare la situazione italiana, mi sarci atteso da Craxi più severità, e meno ottimismo. Io non dirci che la vittoria sul terrorismo (peraltro tutt'altro che definitiva, come lo stesso Craxi di recente riconosceva) sia stata conseguita nell'assoluto rispetto, «fino in fondo», dei principi democratici. Qualche strappo c'è stato, e va ricucito. E non metterei tranquillamente sul conto dello straordinario progresso dell'Italia nell'ultimo quarantennio (che ha trasformalo il nostro Paese da fondamentalmente agricolo e patriarcale in uno dei nove industrialmente più avanzati) il disfrenarsi della criminalità organizzata, quasi fosse un prezzo inevitabile da pagare. No, ci sono state per anni e decenni, e ci sono ancora, storture, inefficienze, corruzioni, inerzie protratte, che hanno aggravato a dismisura i nostri mali. Un andazzo a cui si deve porre fine. E infine, sarà utile confrontare le nostre esperienze con quelle degli altri Paesi, sollecitare accordi, contrarre impegni internazionali rigorosi e precisi, deponendo ogni «boria delle nazioni». Ma non illudiamoci. Tocca a noi rimboccarci le maniche, e fare qualcosa: e, questo si, «fino in fondo». Per esempio, stroncare una buona volta la fabbricazione e il traffico d'armi, più o meno larvati (verso Paesi d'Oriente o il Sud Africa?). Nuove leggi per svel¬ tire e ammodernare la giustizia penale, cosi paurosamente arretrata rispetto all'alta pericolosità della criminalità organizzata (e sul dislivello tra l'una e l'altra Craxi ha detto cose giustissime). Sviluppare e perfezionare, sul piano operativo, la legge La Torre, per un più efficace controllo di quei settori bancari, che riciclano il «denaro .sporco», proveniente a miliardi dai sequestri di persona e dal commercio della droga. Ma un'esigenza primeggia su ogni altra: e conviene che tutti se ne rendano conto, a cominciare dalle supreme autorità dello Stato, in questo nel quale ci si accinge a predisporre la legge finanziaria: aumentare sensibilmente, c detrimento di ogni altra spesa, la quota di bilancio destinata alla giustizia e all'ordine pubblico. Solo se questi categorici impegni saranno assunti e mantenuti, il grande Convegno di Milano non si ridurrà, per noi italiani, a un torneo di splendidi e inutili discorsi. A. Galante Garrone
Persone citate: Adolfo Bcria, Craxi, La Torre
Luoghi citati: Australia, Italia, Milano, Sud Africa
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