I TICINESI TEMONO LA PROGRESSIVA GERMANIZZAZIONE di Alfredo Venturi

Addio. Lugano bella, sei tedesca I TICINESI TEMONO LA PROGRESSIVA GERMANIZZAZIONE Addio. Lugano bella, sei tedesca Più della metà dei cataloghi venduti per la mostra alla Villa Favorita sono nella lingua di Goethe - Ma non si tratta solo di turisti: dalla Germania, dall'Austria vengono qui a farsi la seconda casa sul lago - Hanno così, insieme, calore italiano e ordine svizzero - Che cosa si può fare? «Una cultura—dice lo scrittore Giovanni Orelli—non si salva certo per decreto» DAL NOSTRO INVIATO LUGANO — Per raggiungere Villa Favorita, una volta varcato il cancello che dà sulla strada di Castagnola, si percorre un viale profumato di piante odorose fra due file di cipressi a picco sul lago. In questi giorni quel viale' dalla vegetazione preziosa è affollato di gente che parla molte lingue. E fra queste lingue prevale, accanto all'italiano, il tedesco. Nella villa sono esposti trentuno capolavori provenienti da due musei di Budapest: opere di Duerer e Cranach, di Tiepolo e Oiorglone, di El Greco e Goya, di Monet e Gauguin, fino ai inaestri magiari quasi sconosciuti in Occidente, appassionati interpreti della orizzontale natura ungherese e di rigogliose figure femminili. In due mesi, hanno già visitato questa mostra quasi quarantamila persone delle più varie provenienze. C'è un clamoroso precedente, a Villa Favorita: l'esposizione dei capolavori impressionisti dei musei sovietici. Fra l'estate e l'autunno dell'83, in quattro mesi la visitarono 275 mila persone. Sul viale del cipressi, ricordano qui, si allungava certi giorni una fila di centinaia di metri: fu uno degli eventi di quella stagione culturale, un esito sensazionale che colse alla sprovvista gli stessi organizzatori, i responsabili della collezione ThyssenBornemisza. Gertrude Borgliero, collaboratrice del barone Thyssen-Bornemisza e del conservatore Simon De Pury, confida un piccolo segreto: «Avevamo fatto stampare trentamila biglietti, non avremmo mai sospettato che ne sarebbero serviti nove volte tanti...». Fra i visitatori della mostra di quest'anno si sta facendo un sqndaggio: si vogliono capire le provenienze, le motivazioni. Peccato che non sia stata fatta la stessa cosa fra i 275 mila che si accalcarono, due anni fa, davanti ai quadri impressionisti provenienti dal museo Pushkln e dall'Ermltage. Ma una cosa è certa, dice Gertrude Borghero: un terzo dei visitatori delle nostre mostre, cosi come della collezlo ne permanente, è rappresentato da gente di lingua tedesca. Gente che viene dalla Germania federale, dall'Austria, oltre che naturalmente dal cantoni germanofoni della Svizzera. A Villa Favorita si vendono ogni anno cin quantici cataloghi in lingua inglese, altrettanti in francese, un po' meno in italiano: e qulndtclmila in tedesco. Del resto non è soltanto nei luoghi di richiamo culturale, com'è Villa Favorita, che prevale la lingua di Goethe. Si manifesta da queste parti un fenomeno eh! i piit gelosi cultori della . ticinesi tà- chiamano germanizzazione del cantone. Infatti senti parlare tedesco at grandi magazzini: parla tedesco perfino l'imbonitore che dalla sua bancarella in piazza propone certe solette da infilarsi nelle scarpe per andare più comodi. Parla, è chiaro, la lingua prevalente nella sua clientela potenziale. Residenti Se l'audio di questa città cosi 'lombarda* è affollato di suoni tedeschi, non soltanto di turisti si tratta, ma anche di residenti. L'antica terra d'asilo degli anarchici italiani («Addio Lugano bella...»A è diventata la terra di elezione del pensionati di Zurigo che si statuiscono definitivamente qui, di germanici e svizzeri tedeschi die si fanno nel Ticino la seconda case Tanto che è perfino in progetto, a Lur~io, una tivù privata in ' ju-- wdesca. Alla storica pr ■ Hlezion r germanica per il Sud " 'Italia fascinosa di so.^ . ore, questi m , ranti act.cn. nano la tranquilla sicurezza che è impl'rita nel non varcare quell'insidioso confiw. Un pezzo d'Italia senza I intopportabile sfacelo onantezetivo italiano, al riparo ite! leggi svizzere e dell'' .' svizzero: che mere ' Alle preoccupasi'*,ii di chi teme per le sorti della cultura svizzero-italiana si potrebbe obbiettare che dal contatto fra i due mondi, il germanico e il latino, do¬ vrebbe scaturire al di qua del Gottardo qualcosa di autenticamente svizzero. Ma di solito non è cosi: «Vengono qui a svernare ma raramente cercano contatti, prendi Hermann Hesse per esemplo, viveva qui da noi come se fosse In una riserva». Cosi la •germanizzazione' va avanti in un sistema a compartimenti stagni: e il lamento .italiano' a proposito della tlclnesità minacciata fa curiosamente il paio con il lamento «tedesco, sull'inforestieramento della Svizzera. Mi si fa notare con una punta polemica che uno degli animatori di quella crociala, James Schwartzenbach, organizzatore di numerosi referendum popolari sulla riduzione del numero di lavoratori stranieri, vive proprio | qui, ritirato a vita privata nella Svizzera italiana. La tutela della cultura svizzero-italiana, del resto, non può che affidarsi alla spontaneità delle iniziative; «Non si salva una cultura per decreto», dice Giovanni Orelli, uno del massimi scrittori di qui, del resto convinto che «i ticinesi tendono a drammatizzare». La presenza a Lugano della collezione Thyssen-Bornemisza, per esempio, dimostra che da quel fenomeno, la predilezione tedesca per questo pezzo di Sud racchiuso entro i rassicuranti confini svizzeri, possono anche discendere effetti positivi. «E' anche per 11 clima del lago, particolarmente propizio per la conservazione delle tavole e delle tele, dice Gertrude Borghero, che il barone Heinrich Thyssen-Bornemisza volle qui la sua collezione». Erede della colossale fortuna accumulata dal padre August, fondatore di un impero industriale e finanziarlo, Heinrich acquistò la Villa Favorita nel 1932. Non era solo il tradizionale radicarsi al sole del Sud di un tedesco [arrivato: alla villa, Heinrich fece aggiungere un'ala destinata ai quadri della sua collezione. Soltanto dal '48 la galleria è stata aperta al pubblico. Si tratta di una delle collezioni private più ricche del mondo: circa duemila dipinti, del quali soltanto 350 esposti a rotazione. Tanto per citare alla rinfusa: ci sono opere di Van Eyck, Rubens, Cranach, Duerer, Rembrandt, Carpaccio, Tiziano, Tintoretto, Goya, El Greco, Watteau, Fragonard. Hans Heinrich ThyssenBornemisza, figlio del fondatore della collezione e lui stesso appassionato cultore di cose d'arte, ha avviato un'intensa attività di prestiti e scambi. Gertrude Borghero, collaboratrice del barone, racconta la storia della più clamorosa di queste iniziative, lo scambio con i musei sovietici. «L'ambasciatore russo a Bonn, Semionov, esperto di pittura, si fermava regolarmente qui durante 1 suol viaggi in Italia, incantato dalie nostre opere. E non mancava d'insistere sull'opportunità di uno scambio con 1 musei sovietici». Nel '79 una parte della collezione Thyssen va in America: dove viene esposta in sette musei degli Stati Uniti. | A questo punto le pressioni dell'ambasciatore Semionov diventano pressanti, forti di un precedente al quale è politicamente arduo resistere. Cosi il barone e i suoi collaboratori partono per la Russia, con la direttrice del mu¬ seo Pushkln, Antonova, e il direttore dell'Ermitage di Leningrado, Petrovski), mettono a pulito lo scambio del quaranta capolavori impressionisti e postimpressionisti con altrettante opere di Villa Favorita. Vengono mandate in Russia alcune decine di dipinti che rappresentano questa collezione unica al mondo, con quel suo dosaggio sosfisticato fra le grandi scuole pittoriche europee, la tedesca e l'italiana soprattutto. Prendono la via di Lugano, percorrono il viale profumato a picco sul lago i quadri di Monet, Manet, Renoir, Gauguin, Van Gogh, finora così poco accessibili al pubblico occidentale, di cui il collezionismo russo prerivoluzionario, raffinato e selettivo, aveva arricchito i musei dell'Unione Sovietica. Gli scambi E' stato lo straordinario successo di quella esposizione a suggerire altre iniziative. Quella in corso, lo scambio con i musei di Budapest, nasce anche dal fatto che è magiaro un ramo della famiglia Thyssen-Bornemisza, e lo stesso Hans Heinrich è nato in Ungheria. Al posto del quadri che in questi giorni, e fino a metà ottobre, è possibile ammirare a Lugano, prenderanno la via di Budapest una quarantina di opere della collezione di Villa Favorita. Un campionario di molte esperienze e di molte epoche: si va da un Van Eyck della prima metà del Quattrocento fino a un ritratto del barone Hans Heinrich, ancora fresco di pittura, opera di Lucien Freud nipote del fondatore della psicanalisi, affermato pittore a Londra. Naturalmente altre iniziative sono in cantiere, dalle parti di Villa Favorita. C'è un certo riserbo in proposito, e forse non dovrei dire che sono in corso nuovi contatti con i sovietici per un altro scambio di capolavori, e che si sta studiando uno scambio con una serie di collezionisti privati spagnoli. Villa Favorita è certo una delle presenze culturali più alte, nella vecchia Lugano cara alla leggenda anarchica. Anche i più apprensivi, fra coloro che vedono minacciata la tlclnesità del cantone, non possono che prenderne atto: questa presenza 'tedesca-, rende un eccellente servizio all'immagine di Lugano, a volte offuscata da una certa sua pigrizia lacustre. Alfredo Venturi