L'immaginetta profana del ragionier Cova di Oreste Del Buono

L'immaginetta profana del ragionier Cova C'è qualcosa di buono fra le sconfortanti notizie e previsioni di agosto L'immaginetta profana del ragionier Cova Sotto le feste di agosto, le notizie e le immagini buone latitano deplorevolmente. Sono, è vero, come ricorrenza, feste quasi esclusivamente italiane, ma il cosiddetto Grande Esodò, andata facoltativa e doveroso ritorno, ci presenta soprattutto desolanti immagini di città abbandonate con i musei fieramente chiusi in faccia al turista straniero invasore e raccapriccianti immagini di penali carnai balneari con la rivelazione dell'insostenibile bruttezza dell'essere, tra documentari più o meno scientifici sulle interminabili carovane di quelli che vanno prima tutti in giù e poi tutti in su, facendosi friggere cervello e cervelletto da sole e lamiera e offrendosi in olocausto a qualche divinità senz'altro più maligna della dolce Assunta di cui parlano la liturgia e il calendario. In compenso, da fuori Italia, dove la morte non va mai in vacanza neppure il 15 di agosto e continua a lavorare al¬ l'ingrosso e non solo sulle autostrade, ci arriva di che effettivamente colmare ogni nostra eventuale lacuna. Scampoli della tragedia del jumbo caduto in Giappone con più di cinquecento persone, le operazioni di recupero tardive che hanno permesso di morire anche agli improbabili superstiti, i dubbi sulla trascurata erosione dell'apparecchio, il sospetto che il disastro sia più che altro dovuto allo smanioso affarismo giapponese. I necrologi implacabili della guerriglia in Sud Africa tra i negri che non possono non ribellarsi alla segregazione, ai ghetti, alla negazione di qualsiasi riconoscimento di parità umana e i bianchi che non sanno rassegnarci alla perdita totale, non solo del loro potere, è evidente, ma anche della terra che per nascita considerano propria. La lotta senza tregua in Libano, con il trionfo delle stragi religiose oggi in nome di Maometto, domani in nome di Cristo e, ovviamente, viceversa, che rinnovano la leggendaria ferocia delle «crociate». Non solo la rinnovano, l'accrescono perché allora occorreva ammazzare uno a uno, musulmani e cristiani. Ora c'è la cosiddetta autoboniba, la macchina carica di esplosivo che può distruggere un supermarket, tirar giù un palazzo e un isolato di case in un colpo solo. E poi, d'improvviso, domenica ecco un'immagine quasi incredibile. Sarà un film di fantascienza? C'è uno stadio che non pare italiano, ma non risulta del tutto sconosciuto. C'è una corsa dei cinquemila metri in Coppa Europa a Mosca. L'Italia è in brutta classifica, le concorrenti sono otto, l'Italia i ottava. Se non riesce a superare la Francia è spacciata, sarà retrocessa in scric B. Il ragionier Alberto Cova, sabato, aveva stravinto i diecimila metri, ma aveva finito stremato con i piedi piagati, e aveva detto che non se la sentiva di disputare un'altra corsa il giorno dopo. Gli hanno fatto pressioni su pressioni, non si può dire che l'abbiano convinto. L'hanno obbligato, non importa se ha meno probabilità di vincere. L'importante e che faccia qualche punto in più. Il ragionier Cova non è certo un bronzo di Riace, tutto sommato ha quasi meno rilevanza atletica persino del vecchio abatino Rivera di buona memoria. Ma, dato che si è lasciato per cosi dire convincere, corre come sempre per vincere. Ha studiato la sua corsa a tavolino come sempre, concorrente per concorrente, metro per metro, e come sempre esegue scrupolosamente il piano stabilito, superando concorrente per concorrente, metro per metro. Agli avversari e agli spettatori vicini e lontani, a cominciare dai russi dello stadio Lenin che ne invocano il nome per finire agli italiani non impegnati nel Grande Esodo, dà l'impressione dell'assoluta naturalezza. Non può non vincere. A vincere non è mai solo la forza, ma anche la competenza e la programmazione. «Si, ormai, i complimenti posso farmeli da solo dopo quello che ho fatto», dice alla fine il ragionier Cova. «Una1 gara perfetta, non ho sbagliato, niente. Mi merito qualsiasi elogio». Ai suoi colleghi pare non risulti troppo simpatico e lo possiamo magari capire, la natura umana è quella che è. Ma a noi piacerebbe portarlo come immaginerà profana per la prossima ripresa che come al solito si annuncia minacciosa. Ah, se il ministro Goria potesse dire lo stesso di sé almeno una volta. Meritando di dirlo, naturalmente, perché abitualmente, senza meritarlo, non fa che suggerirlo con quel suo ammiccante sorriso radio- so- , Oreste del Buono

Persone citate: Alberto Cova, Cristo, Goria, Lenin, Rivera

Luoghi citati: Europa, Francia, Giappone, Italia, Libano, Mosca, Riace, Sud Africa