Tormentata scommessa di Sergio Quinzio

Tormentata scommessa Tormentata scommessa Parlare nello stadio di Casablanca a decine di migliaia di giovani musulmani, se per un verso era gratificante perché l'invito proveniva da parte islamica, richiedeva da parie del Papa un cerio coraggio. L'incontro è fra due mondi separati da secoli di crociata e di guerra santa, e di per sé il fatto c almeno altrettanto significativo delle parole che sono state dette, invitando a dimenticare guerre e polemiche, ad accollarsi con rispetto e umiltà, a dialogare. L'Islam e una realtà molto più complessa di quanto appaia a noi che la vediamo appiattita dalla lontananza. Si può dire che non abbia conosciuto il rifiuto pregiudiziale che la tradizione religiosa ha opposto in Occidente all'avanzamento della modernità scientifica e tecnologica: semmai la reazione è stata successiva, indotta dalla minaccia di colonizzazione occidentale. Ma l'Islam è anche una religione che fa proprio il politico e il civile, e in cui perciò l'idea di guerra santa non è teologicamente esorcizzabile, come invece lo è l'idea cristiana di crociata. Le tensioni con l'Occidente «cristiano*) non sono dunque lievi. E proprio per questo, per tentare di superarle nello sforzo di opporsi insieme al dilagare ovunque dell'irreligione, il ripetuto invito di re Hassan II non poteva non essere accolto come un'occasione preziosa. I frutti che ci si possono attendere restano tuttavia problematici. Come di difficile maturazione sono del resto quelli che si spera di raccogliere nell'Africa nera precariamente sospesa fra gli .estremi degli arcaici culti animistici e l'occidentalizzazione, a tappe forzate, moderna e post-moderna. Che le masse africane, uscite dal villaggio, possano orientarsi e trovare in tempo utile una via d'uscita dal labi rinto di tradizionale sacralità cosmica, di profana moder nità, di cristianesimo, di islamismo, non può essere più che una speranza. Già ipotizzare che una via d'uscita ci sia — una possibilità di conciliazione che non sia un coacervo — ri chiede una non scarsa dose di ottimismo. L'agenda di Giovanni Paolo li comprendeva diligentcmen te il riferimento a tutti i grandi temi sul tappeto africano. Al problema del rapporto tra fede cristiana e cultura tradizionale è stata indicata una soluzione — quella all'apparenza rispet tosa della cristianizzazione delle cose migliori del patrimonio indigeno, lasciando cadere quelle non buone, come la poligamia — che eleva a giudice unico la verità cristia na, escludendo ogni altro criterio di giudizio, e che verosimilmente può essere accettata da pochi degli .africani che si pongono la questione. Per quanto riguarda il razzismo, con l'apartheid che proprio durante la visita del Papa moltiplicava le sue vittime, la siccità e la fame, il richiamo a lottare contro la piovra (che però non è solo africana) della corruzione, e anche le ammonizioni ai governi che manifestano ostilità verso la Chiesa, tutto questo non poteva che essere detto pressappoco come £ stato detto. Meno atteso un accenno au tocritico, che non sembra nello stile di questo pontificato: ■ e Chiediamo scusa ai nostri fratelli africani che tanto hanno sofferto, per esempio per la trai la degli schiavi», a causa di «uomini appartenenti a nazioni cristiane». Riconoscimento apprezzabile, ma l'appartenenza dei negrieri alle nazioni cristia ne è davvero una pura coincidenza, che non coinvolge nessuna responsabilità del «sistema» politico-religioso al quale appartenevano? Fra le cose inattese c'è l'invito, rivolto dal Papa in volo ai giornalisti e ripetuto in un co-, municato, a non parlare di «concilio africano» per la riunione che si sta preparando di un'assemblea cattolica panafricana. Dal momento che si è sempre parlato di concili locali nella storia della Chiesa, qui si avverte chiaramente che la parola «concilio» ha acquistato oggi nella Chiesa un alone negativo, come di qualcosa di pericoloso a cui non dare spazio. A considerare insieme tutti i nodi che stringono il destino della fede cristiana in Africa, e che emergono attraverso i discorsi pontifici, risulla piuttosto illusoria l'idea, accarezzata da molti, che questo destino si giochi, sul tavolo del Terzo Mondo, con molte maggiori chances di successo di quanto accada sui tavoli del Primo e del Secondo. Ovunque il senso cristiano continua a essere, per il singolo come per la storia del mondo, una tormentata scommessa. _ . _ . Sergio Quinzio

Persone citate: Giovanni Paolo

Luoghi citati: Africa