QUARANT'ANNI FA IN QUESTO GIORNO ESPLODEVA LA PRIMA BOMBA ATOMICA di Renata Pisu

Non aprì una nuova era QUARANT'ANNI FA IN QUESTO GIORNO ESPLODEVA LA PRIMA BOMBA ATOMICA Non aprì una nuova era Dice il professor Shingo Shibata, docente di filosofìa all'Università di Hiroshima, a Renata Pisu che l'ha intervistato (in questo giornale il 31 luglio): «Mi sembra che il 6 agosto siamo entrati in una nuova era, l'era atomica, lo sostengo die si dovrebbe addirittura mutare il sistema di periodizzazione della storia». Il professore ha ragione Ma chi se n'è accorto? Ricordo uno dei primi grandi libri sull'evento che avrebbe dovuto cambiare se non il corso della storia almeno l'animo degli uomini: La bomba atomica e il destino dell'uomo di Karl Jaspers (per chi non lo ricordi o non l'abbia mai saputo uno dei maggiori filosofi di quel tempo, autore della forse ultima filosofia dclj la storia). Avete capito: il destino dell'uomo! Ma allora c'è stato il grande mutamento. No, non c'è stato. Vi voglio rassicurare: non è cambiato nulla, proprio nulla. Affinché potesse cambiare il «destino dell'uomo» sarebbero state necessarie almeno queste due innovazioni: a) la sconsacrazione e il rifiuto della guerra, di tutte le guerre, come mezzo considerato da secoli non solo giuridicamente lecito ma anche eticamente giusto di risolvere in ultima istanza i conflitti internazionali; b) una trasformazione radicale nei rapporti fra gli Stati che rendesse possibile una unione permanente c universale di tutti i popoli della Terra tanto potente da scoraggiare ogni singolo Paese dal difendere con la forza delle armi i propri pretesi diritti. La guerra non solo non è stata bandita ma ha continuato a infuriare: Corca, Vietnam, Iran-Iraq, per fare solo qualche esempio. Dove non infuria, incombe: che cos'è l'equilibrio del terrore fra le due grandi potenze se non una pace fittizia che si regge csclu-' sivamentc sulla reciproca minaccia di ricorrere alla forza? L'union'.- permanente, e universale delle Nazioni è stata, a dire-il vero, creata, ma tanto debole, inetta, inerme, e proprio perché inerme disprezzata dalle grandi potenze, da non essere in grado di conseguire .nessuno degli scopi per cui c-i .i stata istituita, da aver deluso tutte le speranze che aveiva alimentato, da aver smentito tutte le dichiarazioni, tanto solenni quanto ipoaite, con cui era stata salutata all'inizio. La corsa agli armamenti non ha avuto in questi quarantanni un solo attimo di so-1 sta. La logica che ha presiedu-[ to ai rapporti fra le due grandi: potenze e stata quella vecchia,! vecchissima, millenaria, dell'equilibrio delle forze fra enti: sovrani che considerano la salus reipublicae (la salvezza dello Stato) suprema /ex (la legge suprema). Un equilibrio instabile che ogni qual volta che si squilibra si riequilibra a un li vello superiore (e mai e poi mai a un livello inferiore). Un equilibrio che non è mai riuscito a evitare, proprio per la sua instabilità, il momento della rottura e quindi il conflitto armato. Qualche cosa è cambiato nei rapporti diplomatici? Vorrei che qualcuno esperto di storia dei trattati internazionali o diplomatico egli stesso riuscisse a persuadermi che le ricorrenti conferenze, apparentemente inconcludenti (agli occhi degli incompetenti), nonostante che le armi oggetto delle trattative non siano le armi tradizionali ma gli ordigni della megamorte, non vengano più condotte sulla base, della strategia tradizionale e sempre finita in tragedia, della menzogna calcolata, del ricatto reciproco, delle enunciazioni di principiq in cui nessuno crede, delie promesse di cui nessuno si fida, delle proposte di una delle due parti che vengono immediatamente respinte dall'altra parte come divagazioni da non prendersi trop-' po sul serio. ★ * Quando una ventina d'anni fa cominciai a interessarmi del problema della guerra atomica, ritenni di poter giungere alla conclusione che la guerra combattuta con armi di tale potenza che chi le avrebbe usate avrebbe distrutto non solo il nemico ma anche se stesso e gran parte degli uomini viventi su questa Terra, estranei al conflitto, non avrebbe più potuto essere giustificata coi soliti argomenti. Quale errore! Si duo disconoscere la legittimità della guerra di difesa? Forse che l'Alleanza Atlantica ha scopi di¬ versi dalla difesa? E il Patto di Varsavia? Anche la strategia, del primo colpo, chi può mai dubitarne?, è difensiva: il mio primo colpo deve servire unicamente a prevenire il primo' colpo dell'altro. Ma ci sono i filosofi. Che cosa dicono i filosofi? Un giorno Russell sentenziò: «Meglio rossi che morti». Ma quanti hanno reagito indignati (e perché non riconoscere anche le- buone ragioni di questa indignazione?): «Meglio morti che rossiA Non è una massima come questa la giustificazione morale, e non soltanto giuridica, addirittura la sublimazione, dell'olocausto? C'è chi sostiene che il rifuto della guerra ad ogni costo deriverebbe da una concezione «zoologica» della fiacc, di cui si macellerebbero a maggior parte dei movimenti pacifisti, unicamente mossi, secondo questa interpretazione, dal proposito animalesco di difendere la vita come ili supremo dei beni («fatti non foste a viver come bruti»). Ripeto la domanda: che cosa è cambiato? A me pare che chi osservi lo stato prcsen te dei rapporti internazionali, delle trattative diplomatiche, delle opinioni dei sapienti, debba concludere: non e cam biato nulla. La nuova era non è venuta. Verrà? Credo che oggi nessuno sia in grado di. dare una risposta tranquillizzante, e meno di tutti coloro che dall'una parte e dall'altra credono solo nella loro forza, e s'illudono e c'illudono che l'unico modo per evitare la catastrofe sia quello di prepararla per bene e di renderla credibile. La risposta che l'uomo di ragione può dare è ipotetica. La catastrofe sarà evitata a una sola condizione: che nessun uomo, nessun gruppo umano, nessuno Stato, grande o piccolo, consideri l'altro uomo/ l'altro gruppo umano, l'altro Stato, grande o piccolo, come il proprio nemico. i , * * . Il nemico è colui che per definizione deve essere annientato. Il rapporto fra due nemici non può concludersi se non con la vittoria dell'uno sull'altro. Sino a che il mondo libero (che gli avversari chiamano spregiativamente capitalistico) e il mondo socialista (che gli avversari chiamano altrettanto spregiativamente il regno del dispotismo) si considerano reciprocamente incompatibili (e di fatto lo sono, il che aggrava il problema), riesce difficile capire come lo scontro finale possa essere evitato. Questa conclusione è banale, lo ammetto. E' di una banalità sconcertante. Ma è ancora più sconcertante che i protagonisti della grande politica fingano di non rendersene cónto, e perseverino nella pratica sterile dei negoziati fab bricati sul nulla e nulla producenti. Che valore può avere un negoziato se manca la fiducia reciproca? Ma come puoi fidarti del tuo nemico? No, con la bomba di Hiroshima non è cominciata un'era nuova. E' continuata la vecchia, di sempre, dominata dalla volontà di potenza. Il sistema di periodizzazione della storia non ha bisogno, almeno per ora, di essere cambiato. Norberto Bobbio Washington. Per il quarantesimo anniversario della bomba di Hiroshima, 15.000 dimostranti hanno circondato domenica il Pentagono reggendo un «nastro della pace», fatto a mano, lungo quasi 25 chilometri, per reclamare la messa al bando dell'atomica

Persone citate: Karl Jaspers, Norberto Bobbio Washington

Luoghi citati: Hiroshima, Vietnam