Debiti come bandiera di Frane Barbieri

Debiti come bandiera L'ultima rivoluzione di Fidel Castro Debiti come bandiera I;idcl Castro si è proposto a guida di un nuovo movimento: al posto dei non allineati cerca di varare il movimento dei non paganti. Ha radunato a L'Avana, nel palazzo Karl Marx, un migliaio di esponenti politici c culturali provenienti da 17 nazioni per dar vita alla Conferenza sui debiti dell'America Latina. Ncll'aprire le assise, Castro ha suggerito la dottrina e gli obicttivi dell'iniziativa: «I debili vanno cancellali, aboliti, dimenticali, penili frutto di una rapina internazionale, a tutto vantaggio delle nazioni ricche e a scapilo dei poveri». Siamo per certi versi alla terza fase della strategia rivoluzionaria del jefe cubano. Dopo il fallimento del tentativo guevarista di trasformare la rivoluzione isolana in rivoluzione continentale, e dopo l'insuccesso nel tentativo di agganciare il movimento dei non allineati a\Y<<alleato naturale», l'Unione Sovietica, (ambedue le fasi segnate da conferenze a L'Avana, la tricontincntalc e il vertice non allineato), la terza fase, il fronte dei debitori appunto, anche se ispirata alla strategia di sempre, costituisce la più raffinata, la meno ideo logicizzata e la meglio fondata delle operazioni di Castro. Oli strabilianti debiti, resi insolvibili dallo sproporzionato aumento degli interessi, con la salita del dollaro e il crollo dei prezzi delle materie prime, generano due fenomeni parados sali: l'esportazione dei capitali dai Paesi poveri verso quelli ricchi c la progressiva incapa cita dei debitori di saldare i soli interessi bancari per i debiti. Chi ricorre in questa si tuazionc alla moratoria si con danna ad una asfissiante autarchia, chi accetta per i pagamenti le rigorose condizioni del Fondo monetario rinuncia al sistema economico sociale autonomo. La crisi, i dilemmi senza so luzionì, coinvolgono ugual mente i regimi democratici e autoritari, di ideologie più di verse o senza ideologia alcuna. Castro coglie con molta intuì zionc i disagi generali e propone una via d'uscita non senza attrattive. I governi in difficoltà saranno tentati di seguire i suoi suggerimenti, i mitici movimenti popolari trovcran no un motivo meno utopistico per reagire contro la posizione subalterna della nazione. Più del guevarismo, più del non allineamento estremizzato, il ca strismo nuova versione ha la prospettiva di espandersi a macchia d'olio. Addirittura Pi noetici, anch'cgli sommerso dai debiti, ha interesse di tra' sformare la debolezza degli insolventi in forza contrattuale, rivendicando insieme la rcvi sionc dei meccanismi finanziari vigenti, come appunto proposto da Fidel. Il movimento dei non pa< ganti promette di far saltare il Fondo monetario, la Banca mondiale, i meccanismi dcll'0 nu, di sovvertire tutto l'ordinamento- economico internazio¬ npmsig nale. A L'Avana c stata concepita una bomba rivoluzionaria molto più potente del castrismo armato, in quanto meno improntata alla gretta ideologia. Nel disegno tutto sembra logico, tutto funzionante, tutto accettabile ai colpiti dal morbo pernicioso dell'insolvenza. Tutto tranne uno: non si capisce perché proprio Castro dovrebbe essere il profeta del nuovo movimento. Non appartiene alle organizzazioni latino-americane, malgrado la distanza di un oceano e di un continente fa parte del Comccon, unico nell'emisfero americano. In fondo, poi, non ha nemmeno debiti finanziari dato che i suoi impegni idcologico-stralcgici, di avamposto orientale nel cuore dell'Occidente, gli garantiscono un conto aperto, a fondo perduto, alla cassa del Cremlino. Per la terza volta Castro si propone a condottiero di battaglie che gli altri magari vogliono condurre a modo loro, senza subire una nuova egemonia nel respingere il vecchio imperialismo. Nel palazzo Karl Marx, la spossata lotta di classe viene rilanciata su scala planetaria nella forma di un esasperato conflitto Nord-Sud, sempre con l'obiettivo dell'abbattimento del capitalismo. I più interessati pare abbiano intuito il tranello. Il ncòpresidentc peruviano Garcia, pur proclamando per primo la moratoria, mette in guardia che la battaglia dei debiti non deve «inserirsi nel conflitto bipolare tra due potenze egemoniche». E il venezuelano Andrcs Pcrcs ammonisce che «lo scenario non deve stare a L'Avana, ma qui, in America Latina». Anche se Castro può risultare squalificato a gestire il problema, ciò non significa che il problema non esiste. Anzi, esiste negli stessi termini disegnati da Fidel. 1 debiti fanno ovunque i poveri più poveri, il che minaccia di sgretolare pure l'edificio della ricchezza mondiale. Chi auspica nella democrazia il riscatto storico delle nazioni arretrate dovrebbe capire che il fardello dei debiti fa inconsistenti le democrazie e più violente le dittature del Terzo Mondo. A Cancun, dove i presidenti dei Paesi industriali e dei Paesi sottosviluppati cercarono tre anni fa di costruire un ponte là dove si prospettava la lacerante rottura, tutto si risolse con una promessa-sentenza di Rcagan: «Agli affamati dare il pesce sarebbe un errore, il giorno dopo sarebbero di nuovo affamati. Bisogna dargli la lenza e insegnargli a pescare da soli». Finora l'unica lenza ad essere inviala c ad essere usata è stala quella dei debiti, i quali impediscono al Terzo Mondo di nuotare equamente nei mari dell'economia mondiale. Frane Barbieri

Persone citate: Castro, Fidel Castro, Garcia, Karl Marx

Luoghi citati: America Latina, Cancun, L'avana, Unione Sovietica