Storia e costume satira e romanzo tutto sulle scatole di fiammiferi di Remo Lugli

 : : Storia e costume, satira e romanzo tutto sulle scatole di fiammiferi zione enorme documentata appunto dalla collezione, ' sono 151 volumi, che viene continuamente aggiornata. Dice l'.nrt director» della società, Emilio Stucchi: «La nostra raccolta si chiama iFillurrienla e parte dal 1890: I quasi un secolo di lavoro, tanti stili e tante mode che ' hanno accompagnato la nostra vita fino a oggi». Tra le | moltissime serie Saffa, si possono citare quelle dei cani, della natura, dei monumenti d'Italia e, davvero curiosa, quella con gli orari ferroviari. La biblioteca civica di 'Faenza custodisce una raccolta in 1S volumi (e altri quattro sono ancora da mettere in ordine), che appartenne a Giuseppe Dona-, ti. Morendo una cinquantina di anni fa il Donati, che -era sarto, lasciò alla città il suo tesoro. Si tratta di 32 mila pezzi, disposti secondo' l'argomento, raccolti dal 1889 al 1936. In un'epoca in cui la canzonetta praticamente non esisteva, era vivissimo il. culto dell'opera lirica. Ecco dunque Rigoletti e Travia¬ vano all'inizio del secolo la funzione che spetta oggi alla televisione. I mondi lontani erano addirittura remoti e la fantasia si sbrigliava attraverso figure esotiche Improbabili: barbieri turchi, eunuchi mediorientali, fanciulle andaluse con la rosa in testa e cinesino in kimono. Il folclore italiano era rappresentato da sorridenti ragazze veneziane e «piccole chioggiotte». . Lo stereotipo imperava. ■ La «serie» dedicata a bibite e pietanze tipiche mostrava 1 milanesi mangiare risotto e 1 torinesi bere 11 «blcerin» di cioccolata, le parigine (scollacciate) e le londinesi (castlgatlsslme) sorbire abslnthe e tè, prosperose donne bavaresi tracannare birra e le lascive orientali fumare oppio. La satira ha avuto attraverso la scatola di fiammiferi una diffusione conslde-i revole. Particolarmente' prese di mira la burocrazia,' che già decenni fa intralciava il quieto vivere degli Italiani, e la stampa. Quanto alla politica, anche qui lo stereotipo è spesso la regola: 11 borghese è grasso e te, Trovatori e Aide immortalati mentre cantano la. loro romanza, Ma se Verdi tiene banco, non manca la presenza di Puccini con Tosca che, coltello insangui- : nato in mano, osserva inorridita il corpo esanime di Scarpi a; di Rossini con la maliziosa Rosina che la fa In barba al tutore; e persino Oounod, In virtù del suo .Faust. Immagine e disegno ave¬ ■■ ■ : ■'■ ' •■■ ' - . ben vestito, 11 repubblicano ha l'aria bieca del cospiratore e il socialista si distingue per l'aspetto trasandato e il naso rosso. Sulla vecchia scatoletta di fiammiferi il soggetto femminile fa la parte del leone, secondo una visione rigorosamente maschilista. Ragazze maliziose e mogli di reprensibili costumi abbondano e tengono compagnia a un gran numero di cocottes. Una di queste è la «Nana» del romanzo di' Zola, sulle .cui vicende la ditta Fratelli Lavaggi aveva Imbastito una storia a pun- I tate In 24 illustrazioni. ' La Lavaggi è l'unica fabbrica di fiammiferi soprav' vissuta nei dintorni di Torino, a Trofarello. Delle altre' (Prealpina, Baschlera, Deliache, Remonda) rimangono 1 ricordi nelle collezioni. Anche la Lavaggi, oggi difetta da Enrico Palazzi, conserva in alcuni album la collezione della ditta, che è molto ricca. . Si passa dalle prime grossolane confezioni In carta rigida (risalenti al secolo scorso, quando la ditta era a Casale Monferrato e si _ chiamava Barbanotti & Palazzi) alle raffinate scatole odierne arricchite dalla grafica di Eros Sogno. Vi sono alcune «serie» diventate classiche, come quelle: di Garibaldi (ha anche Ispirato un libro) e dell'esposi) zlone Internazionale di Torino del 1884, quelle del circo e del monumenti d'Italia, le bellissime 'sllhouettes biancoblù del primo dopoguerra e le divise dei carabinieri. Enrico Palazzi è oggi il responsabile dell'azienda. Suo figlio Vittorio segnala l'esi¬ stenza di un'altra bellissima collezione, creata con ■ infinita pazienza dal professor Mario Ferrara di Lucca, morto recentemente a novant'annl. «Noi che 'l'abbiamo vista possiamo' dire che è davvero notevole; ordinata e ricca di commen- ■ >tl. CI auguriamo che finisca in buone mani e che anzi venga valorizzata. Sarebbe importante che qualche ente mostrasse il suo interesse: noi, se sarà necessario, non negheremo 11 nostro contributo». Leonardo Osella Una biblioteca in mogano inglese del 1808 addolorarlo. Tirai fuori il portafogli. «Bene» dissi, «lei vuole diecimila lire e lo glle1 le do. Però non posso portar. via subito la vetrina, verrò a prenderla più avanti». Leandro fissò la bancone- • ta a lungo prima di pren-, derla. «Mi spiace per 1 miei, figli» disse poi, «ma non si' fanno mal vedere e io ho bisogno di denaro». Oli strin-i si la mano. «Se ne va cosi In fretta?» chiese con tono dispiaciuto. «Mi raccomando: venga presto a prendere la vetrina». «81» risposi, ben sapendo che in quella casa' non sarei più tornato. possedere un tesoro. Chissà quanti milioni avrebbe preteso di ottenere. Chiesi, con voce tentennante: «Leandro, quanto vuole di quella vetrina?». Lui si eresse col. busto, mi fissò negli occhi. Disse: «E' una cosa bella e i va pagata. Voglio prendere diecimila lire». Non ero sicuro di avere capito bene. Ripetei: «Die-: ' cimila lire?». «SI, s), diecimila lire, non un soldo di meno». Non c'erano dubbi: Leandro, in fatto di denaro, era rimasto fermo ad alcuni decenni prima. Dovevo uscire da quella situazione difficile, cercando di non Remo Lugli , "

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