I boschi più vicini al Polo

I boschi più vicini al Polo I boschi più vicini al Polo Lo scimpanzè conta soltanto fino a quattro BISOGNA avere tempo, fortuna e buona vista. Si può viaggiare per ore nei grandi altipiani centrali o lungo i fiordi scanalati di basalto senza avvistarne nessuno. Poi, all'improvviso, eccolo davanti: un albero. Piccolo, fragile, verrebbe quasi voglia di scendere e accarezzarlo. Fra l'Islanda e gli alberi corre un rapporto bizzarro. Narrano le saghe che i brulli declivi quasi a picco sul mare fossero popolati da grandi foreste. Pini, larici, abeti. Non pare leggenda: Erik il Rosso e la sua gente vi costruirono fior di vascelli, case, barconi da pesca. Nei secoli, però, di queste grandi selve è sparita ogni traccia. Un diboscamento anche selvaggio per accaparrarsi legna da ardere e fasciame non basta a spiegare il mistero. Forse più che l'uomo hanno potuto una serie d'inverni ferocemente gelidi, come quelli che spinsero tanti islandesi, verso fine '800, a emigrare in Canada. I 250 mila abitanti dell'isola, grossa come la Padania, non hanno ancora assorbito il trauma. Il bosco che vedono florido — a pari latitudine — nella cugina Scandinavia e in America si fa rimpianto, nostalgia, quasi venerazione. Ci fu chi * portò a Reykjavik da Copenaghen, quando ancora l'Islanda era provincia danese, alberi d'alto fusto con tutto l'apparato radicale e quintali su quintali di terra buona. Attecchirono, e la gente andava a vederli quasi fossero bestie esotiche in uno zoo. Anche oggi, non è raro vedere dietro le fattorie un recinto bianco che ospita meticolosamente qualche alberello, sottraendolo agli appetiti delle greggi- Eppure, in questa terra cosi fredda e ventosa da impedire ogni agricoltura, qualche bosco sopravvive. Il più celebre si trova, paradossalmente, a cuneo fra i ghiacci, nell'oasi protezioni-1 sta di Skaf taf eli. Attorno, le seraccate terminali del più vasto ghiacciaio europeo, il Vatnajokull. Davanti, l'Oceano. Un bizzarro giòco delle correnti ha ritagliato il microclima adatto. Sono betulle, principalmente, 6" salici. Per raggiungere i due metri impiegano decine L'oasi climatica islandese ai mad'anni, e la fatica si legge nei rami torti, estenuati dalla lotta contro il bligsard. Il sonno invernale per questi bonsai artici inizia a settembre e dura per otto mési buoni. Poi, sotto un cielo che regala in media un'ora di sole ogni quindici, parte il frettoloso ciclo vegetativo. Spiegano i botanici che proprio grazie a «sacche» come questa, molte specie arboree hanno superato le epoche glaciali tornando a estendersi, in seguito, su tutto il territorio. Skaftafell non è. comunque l'unico escamotage climatico cui ricorrono gli alberi d'Islanda. Sul lago Myvatna ne vediamo altri sfruttare i vapori caldi emessi da una lunga fenditura nella roccia. Campi di lava per chilometri tutto intorno, ma basta affacciarsi sulla crepa per rimanere sbalorditi: i 4-5 gradi estivi dentro restano 20 anche l'inverno. La pietra è tutta ■ un muschio, erbe verdissime , arbusti, betulle in piena fioritura. Qualcosa di slmile lo si trova non lontano da Brejdavlk, all'Est, dove un gigantesco canyon ovale . di natura, vulcanica, ospita pini e larici, spezzando un pianoro assolutamente desertico. E' tuttavia sulle pendici del Lagaifljót, il grande lago fluviale presso Egllstadir, che risóla ritrova un microclima adatto per il argini di un gigantesco ghiacciaio, ■ maggior numero di varietà arboree. Qui, come fossero in vitro, crescono pini e betulle, querce, faggi, toccando anche 1 quattro metri. Il, governo vi ha impiantato' un grande centro di forestazione, con serre-vìvalo, laboratori, impianti speciali destinati alle colture più fragili. Già, perché l'Islanda vuole rimboscare. Le colline attorno a Reykjavik, breve anello che separa la capitale da una landa brulla e sassosa, ospitano piantine a centinaia. Altre sono state messe a dimora nel dintorni di Akureyri, con i suoi 13 mila abitanti, la capitale del Nord. Lo sforzo, massiccio, è secondo unicamente a quello per migliorare la rete viaria, in gran parte da asfaltare. Spiegano 1 tecnici che qui il problema non è il grande freddo invernale (le minime sono inferiori a Vienna o a Berlino), ma le raffiche estive di vento gelido, che raggiungono i. sessanta nodi. Per vincerlo la strategia migliore sembra quella di piantare alberelli a distanza estremamente ravvicinata e su aree molto vaste. Ai bordi le piante resteranno nane, aumentando però d'altezza man mano ci si addentra, come in una piramide strisciata. La scommessa è ardita: riavere per il Duemila le selve vichinghe. Enrico Benedetto I scimmie mostrano una sia pur limitata capacità di contare oggetti (tre matite rosse) e premendo i pulsanti di una triplice tastiera doveva definire natura (matita), colore (rosso), numero (tre). Nella prova successiva davanti alla scimmia potevano apparire quattro cucchiai bianchi, e l'animale con la tastiera (che in precedenza aveva imparato a Usare) doveva nuovamente definirli secondò 1 tre parametri. La disposizione degli oggetti è stata Inoltre cambiata ogni volta in modo che il numero più grande o. più piccolo non venisse' semplicemente indovinato dalla maggiore o minore estensione spaziale. Le conclusioni del professor Matzusawa, pubblicate in aprile sulla rivista scientifica «Nature», indicano che gli scimpanzè possiedono una certa abilità matematica, che arriva con sicu¬

Persone citate: Enrico Benedetto, Pini