Sainte-Beuve: un arsenale di vendette per amore della letteratura di Maurizio CucchiStanislao Nievo
Sainte-Beuve: un arsenale di vendette Sainte-Beuve: un arsenale di vendette per amore della letteratura Se l'idiosincrasia proustiana attesta in negativo la vitalità del modello contro cui l'autore della Recherche non si stanca di accanirsi, essa non riesce a mascherare la presenza di più di un'analogia tra i due scrittori. «La tecnica di Sainte-Beuve dell'identificazione all'oggetto di analisi, noto la Risset, lo avvicina curiosamente a Proust, a quél Proust scrittore-lettóre per lì quale l'idolatria è sempre un pericolo, e il pastiche una necessità terapeutica, un esorcismo vitale». E Roberto Colosso osserva, ne La Rovina di Kasch (Adelphl, 1983), che la «Table generale et analytlque delle Causeries si incastona, non solo per la mole ma per una profonda affinità di concezione, accanto a tre Indici dei nomi: quello del Mémoires di Saint-Simon, quello della Comédle humaine di Balzac e quello della Recherche di Proust». Addentrandosi in questo piccolo libro, alcuni dei cui strali hanno ormai perso il loro veleno e altri colpiscono bersagli che sono diventati oscuri (forse le note dell'edizione italiana avrebbero potuto soccorrerci maggiormente), il lettore moderno smette tuttavia assai presto di interrogarsi sulla vita letteraria francese del-: l'Ottocento, sulle sue vedettes, sulle sue lotte intestine, perché i Miei veleni si impongono innanzitutto come l'avventura conoscitiva di un grande scrittore che contempla, con un distacco da moralista classico, la mediocrità del proprio io alla luce di un'unica passione, la letteratura. Benedetta Craveri Sainte-Beuve «Miei veleni», trad. Carla Ghirardi, Pratiche Parma, 88 pagine, 9500 lire. Premiati e da premiare FERRARA — .Noi, terroristi- di Giorgio Bocca (Garzanti), -Fedele alle amicizie- di Geno Pampaloni (Camunla), -Il sogno della pittura, di Vittorio Sgarbi (Marsilio) e -Settecento adìeu. di Lucio Villari (Bompiani) sono i quattro finalisti del premio Estense, destinato ai libri che raccolgono unitariamente articoli e saggi apparsi sulla stampa. Li ha scelti una giuria tecnica presieduta da Carlo Bo. Il giudizio finale sarà dato il 21 settembre da una giuria allargata a quaranta cittadini ferraresi. SAN BENEDETTO DEL TRONTO — Tre libri di narrativa e tre di saggistica sono entrati in finale per il secondo premio nazionale del Tascabile Riviera delle Palme. Per la narrativa la giuria ha scelto «Argo 11 cieco, di Gesualdo Bufaltno (Sellerio), «Figura gigante, di /Vico Orengo (Serra e Riva) e «Mio figlio non sa leggere, di Ugo Pirro (Rizzoli). Per la saggistica, «Alfa e Beta, di Piero Angela (Garzanti), «I segreti del Vaticano, di Benny Lai (Laterza) e «Corrotti e corruttori dall'Unita d'Italia alla P 2» di Sergio Turone (Laterza). I sei libri saranno ora sottoposti a sei diverse fasce di lettori, che assegneranno il premio: i giovani, gli insegnanti, gli acquirenti delle librerie locali, i lettori •sotto l'ombrellone-, i membri della giuria e i soci del Circolo degli abruzzesi, promotore dell'iniziativa. TAORMINA — La prima edizione del premio di poesia -Città di Forza d'Agrò-Vanda Ceccarelli- si terrà il 3 agosto e premierà un'opera di poesia pubblicata in Italia fra il maggio dell'83 e il maggio dell'85, e tre poesie inedite che non superino i cinquanta versi. La giuria è composta da Giuseppe Amoroso, Giuseppe Bonaviri, Giovanni Ceccarelli, Renato Minore, Walter Pedullà, Giovanni Roboni, Lucio Barbera. La segreteria del premio è in via C. Cipolla 42, 00179 Roma. LJ ANCHORMAN è il giornalista televisivo capace di modificare, con la sua immagine, i pensieri e i gusti del pubblico. Su questo personaggio, nuovo eroe del mass-media, Claudio Angelini, capo re-, daltore del Tgl, ha costruito 11 .suo secondo romanzo. L'occhio del diavolo. Fabio, 11 protagonista, è un .mezzobusto», un «belami visivo e provinciale» che raggiunge la popolarità dopo dodici anni di lavoro oscuro. Stringe un patto con la telecamera che diventa 11 suo unico amore: ottiene prestigio, successo e donne in cambio di una vita amorfa e inautentica. Timido e riservato, conteso dai partiti e corteggiato Sainte-Beuve zione irresistibile del critico «a diventare l'altro» con un processo di metamorfosi che, come egli diceva, lo portava a scomparire nel personaggio su cui volgeva di volta in volta la sua indagine. L'immensa autorità raggiunta da SainteBeuve in un'epoca in cui essere un grande critico significava esercitare una funzione di vera egemonia sulla vita letteraria, traspare nell'accanimento con cui Proust fece dell'autore di Port-Royal il costante, ossessivo, polo dialettico negativo della sua riflessione sull'arte. E'attraverso il filtro della polemica proustiana, in cui si rimproverava a Sainte-Beuve di confondere la personalità degli scrittori con la loro opera, che Jacqueline Risset si interroga, nella sua bella prefazione, sulla modernità della critica dell'autore dei Miei Veleni. LABIRINTI sotterranei, cunicoli... Quanti ne custodisce, o ne teme, ognuno di noi. Vie interne confuse, oscure, che tutto sommato è forse meglio non esplorare con troppo accanimento... Ma a volte è l'occasione, uno stimolo esterno a rivelarcene il fascino, spingendoci a indagare, a cercare lontane origini. Il palazzo del silenzio, di Stanislao Nievo, è una storia, un'arventura ette va per labirinti reali, per labirinti dell'anima, per labirinti dell'immaginazione. Una storia nella quale un passato anche lontanissimo sembra riaffiorare per tracce, per coincidenze col presente, nella mente inquieta di un uomo che va a caccia di sé frequentando il sottosuolo. Il protagonista del romanzo è un fotografo, che scende nei sotterranei di Roma, verso i pozzi del Foro, insieme a uno speleologo, e si viene a trovare sulle piste di un antico personaggio, un cavaliere sabino che duemila anni prima aveva compiuto un gesto eroico. Nel centro del Foro romano si era aperta una voragine e dai libri aruspiclni era uscito questo responso: la spaccilura si sarebbe chiusa con il sacrificio di un bene preziosissimo. Il guerriero Mezio Curzio offrì allora se stesso, affondando da vivo nel buco assieme al suo cavallo. E lì scomparve: di lui non furono trovate tracce. Romanzo di Stanislao Nievo to risucchiato, viaggiando però in attesa di un bagliore, un l'arco, un richiamo decisivo. Così vediamo il suo personaggio agitarsi tra viscere della terra e viscere della psiche; in una zona dove leggenda o mito e storia personale sembrano sovrapporsi, confondersi, mentre la sua identità appare disseminata in una vasta scena senza tempo. Roma, certo, offre abbondante materiale, passato remoto e presente vi convivono in un'infinità di tracce sparse, caoticamente ruotanti. L'autore conduce la sua narrazione senza cadute di ritmo e gli episodi si susseguono senza pause inutili. Il tono è sempre teso, e spesso le ossessioni del protagonista riescono ad afferrare l'attenzione piena del lettore, che vede in lui anche l'immagine di chi inconsciamente non si appaga dei mediocri equilibri di un'esistenza chiusa all'ignoto e all'avventura. Chissà poi se il cavaliere. che si tuffa nei labirinti del profóndo si perde definitivamente, a se stesso e agli altri, o se invece non coglie, non conquista finalmente il centro di se stesso... Ma forse non si tratta che delle due facce della stessa medaglia, del dritto e del rovescio di una sola ipotesi. Maurizio Cucchi Stanislao Nievo, «Il palazzo del silenzio», Mondadori, 166 pagine, 16.000 lire.
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