Seifert da Praga canta la leggerezza dell'amore

«Colonna della peste», poesie dell'ultimo Premio Nobel «Colonna della peste», poesie dell'ultimo Premio Nobel Seifert da Praga canta la leggerezza dell'amore CON la comparsa della Colonna della peste (Edizioni e/o, 121 pagine, lire 16.000), nell'accurata traduzione di Alena Wildovà Tosi, il .lettore italiano potrà giudicare da sè l'opportunità e il senso delle polemiche che l'anno passato seguirono il conferimento del premio Nobel per la letteratura al poeta praghese Jaroslav Selfert, oggi ottantaquattrenne. Pur senza volerle rivangare, quelle polemiche (era un premio «politico»? si trattò di tardivi rimorsi di chi non aveva premiato «In tempo» la poesia boema nella persona del suo più prestigioso rappresentante, e cioè Vladimir Holan, scomparso anni fa nel silenzio?, ecc.),' c'è ogni motivo di credere che In Selfert la giuria svedese abbia voluto onorare l'ultimo rappresentante di una generazione poetica (ho già citato Holan, aggiungerei almeno Nezval, Halas) che per l'intensità della sua voce e l'originalità della sua ricerca s'è guadagnato un posto di altissimo rilievo nella storia della poesia europea novecentesca. Ultimo rappresentante, ho detto, ma non certo un «sopravvissuto»: lo dimostrano 1 versi di questa raccolta che, scritta nel 1968-70, circolò a lungo In copie dattiloscritte prima di vedere la luce a Praga nel 1981. E' difficile non collegare l'immagine di un paese assediato, ancora sotto 11 trauma dell'occupazione sovietica, a quella del terribile con- tagio evocato nel titolo, anche, se Selfert avverte che «non si tratta qui di peste. La colonna della peste — del resto immaginaria è nata combinando tratti-di diversi monumenti del genere — era solo un luogo di appuntamenti amorosi Certo, l'amore domina sovrano in questa raccolta, le cui immagini più struggenti sono sempre coniugate al femminile — la Wildovà Tosi, del resto, sostiene a ragione che «l'identificazione è fra donne è terrà, il grembo dell'amante è il grembo della terra natia*, e per questa strada si arriva a scoprire che l'avvolgente e lieve Eros di Seifert è rivolto, in modo più nascosto e profondo, al ceco, alla sua lingua-madre, corteggiata, vezzeggiata, ammirata, penetrata con dolcezza come la più tenera delle amanti. Tenera e quanto mai disarmata di fronte ai reitera¬ J_Ja notte, padrona del buio, rovescia svelta l'aurora dal cielo come l'acqua sanguinante in cui fu trafitto Marat dal pugnale della bella biondina, e comincia a strappare alla gente le stesse loro ombre come il sarto strappa le maniche quando prova la giacca. Tutto è già stato, qui sulla terra, non vi è nulla di nuovo, ma guai agli amanti che non sanno scoprire in ogni bacio Illustrazione di Quino ti tentativi di violenza della storia: l'orrida peste è allora il silenzio, sempre' in agguato in questi versi, che Seifert riesce a esorcizzare e vincere facendone una componente essenziale della propria scrittura, tesa un fiore nuovo. su questa lirica che predilige il tono minore, ormai dimentica del pathos realistico delle prime esperienze •proletarie* di Seifert, cosi come del gioioso vitalismo esistenziale che segnò la sua adesione al •poetismo* negli anni Venti. Lirica d'amore, soltanto, dove tra i sussurri degli amanti si insinuano scricchiolii di tombe e tenebrose voci sepolcrali, dove volti sorridenti possono trasformarsi in mostri, in spettri, quasi a ricordarci che Seifert è pur sempre figlio C'ultimo?) di una cultura che nel precario equilibrio tra una cupa, ossessiva visionarietà barocca e un'altrettanto incontenibile volontà di serena, sorridente leggerezza ha sempre cercato e trovato il proprio diritto all'esistenza. verso un recondito ideale di disincarnata, aerea — mai reticente — essenzialità. Conscio della caducità del linguaggio poetico, e soprattutto della tremenda fragilità della sua lingua, Seifert resta tuttavia convinto che •andare in cerca di belle parole i è meglio che uccidere e massacrare*. E l'eco dei massacri risuona come basso dolente nelle • belle parole* di Selfert, il garbato sorriso della morte getta la sua ombra sinistra Serena Vitale Jaroslav Seifert Jaroslav Seifert (da «La colonna della peste»)

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