Idea della Val d'Aosta

Idea della Val d'Aosta CHABOD L'EUROPEO, 25 ANNI DOPO Idea della Val d'Aosta 26 marzo 1SH6. Federico Chabod è da pochi mesi presidente del Consiglio regionale della Val d'Aosta che funziona di fatto da governo provvisorio: è già in corso di attuazione il primo statuto speciale varato coraggiosamente dal governo Parri nell'estate 1945, in un'Italia ancora devastata e distrutta, al fine di scongiurare le pericolose tentazioni dell'annessionismo filo-francese. Chabod è valdostano, uno degli animatori del partito d'azione che è stato protagonista della Resistenza, a quarantacinque anni è già uno dei più grandi storici italiani: formato alla scuola di Salvemini, non senza il contatto col mondo àtW Enciclopedia, sarà il più diretto collaboratore di Benedetto Croce fra '47 e '52 all'Istituto di studi storici di Napoli, cioè il centro fiorito sul tronco della biblioteca del maestro a palazzo Filomarino. Ha tutte le carte in regola per parlare di autonomia, e per predicare l'autonomia. Legatissimo alle sue valli, conoscitore profondo della regione nativa, della sua storia, della sua anima, col culto della sua Valsavaranche, ha combattuto, come ha potuto, l'insensata e arrogante denazionalizzazione della Valle durante gli anni fascisti, e ha guidato la lotta partigiana col doppio simbolo — tutto cattaneano — della fedeltà alla patria e della fedeltà all'autonomia. In una lettera, ancora inedita, conservata all'archivio di Stato di Roma, inviata a Ugo La Malfa, suo grande amico fin dagli anni dell''Enciclopedia e compagno di lotta, del 1" ottobre 1944, darà un quadro toccante della situazione della Valle, purtroppo destinato a essere lacerato e sconvolto di lì a un mese, col ritorno in forze delle squadre nazi-fasciste. «Qui, dai primi di luglio, viviamo liberi:... anch'io collaboro coi valligiani (dico anche militarmente); c'è un posto di blocco a mela valle..., ai primi di set- tèmbre si sono fatte le elezioni comunali secondo le norme, del 1922, eleggendosi ti consiglieri comunali». Tutte le carte in regola, abbiamo detto. Eppure quel giorno il neo presidente della Val d'Aosta — democratico, autonomista, patriota di vibrazione e di tradizione risorgimentale tutto d'un pezzo — fu sottoposto a una prova che non mancherà di lasciare una traccia profonda nella sua vita. Un folto gruppo di contadini, guidati dai più fanatici propagandisti dell'annessione alla Francia (una causa perduta da un anno anche per il generale de Gaullc che l'aveva inizial¬ mente favorita) invadeva il palazzo della prefettura, sede del Consiglio regionale, e tentava di «defenestrarne» il presidente. Quasi col furore delle masse vandeane, al cupo rintocco dei «Viva Maria» di fine Settecento. Chabod era il principale obicttivo di quell'attacco furioso. «Per un vero miracolo», testimonierà poi Alessandro Passerin d'Entrèves, che ha dedicato pagine mirabili al rapporto fra Chabod e la Val d'Aosta, «venne sottratto in tempo alle mani degli energumeni che tentavano di defenestrarlo». Chabod non volle mai parlare di quell'episodio. Non c'è una sua confidenza, neanche un suo sfogo. Per noi che gli fummo amici, pur nella rispettosa differenza delle generazioni, era un argomento «tabù». La ferita era stata tanto profonda quanto profondo era l'affetto per la Valle, identificato con una natura scontrosa, solitaria, antiretorica, caparbia, di stampo contadino. Eppure pochi uomini avevano lavorato come lui per la Valle d'Aosta e per il' suo futuro. Aveva affrontato tutte le prove, e sopportato tutte le sofferenze: comprese le umiliazioni inflittegli dai francesi, tendenzialmente «alleati» della resistenza antifascista, nel soggiorno obbligato di Grenoble, insieme con la signora Jeanne, dopo la rocambolesca fuga, attraverso il confine italo-france'sey per "sottrarsi all'onda nazifascista ai primi del novembre '44. Era, ih questo, uomo del Risorgimento. Aveva bussato, come Mazzini, a tutte le porte, invocato tutti gli aiuti. Si era rivolto fin dall'indomani dell'armistizio dell'8 settembre al nascente Cln dell'Alta Italia. Aveva organizzato a Chivasso, nel dicembre di quell'anno, il convegno, cui partecipò Emilio Chanoux, martire della resistenza valdostana, con la conseguente «dichiarazione dei rappresentanti delle popolazioni alpine», nucleo della futura autonomia. Aveva denunciato per primo, fin dall'estate 1944, la tra¬ ma dei servizi segreti francesi, alleati con alcuni settori del clero e della montagna. Aveva invocato e con successo l'intervento del governo Bonomi, nel dicembre dello stesso 1944, con una proposta organica sulle strutture per l'autonomia, base delle successive decisioni del suo commilitóne di lotta armata e di partito, Ferruccio Parri. A Parigi, nei pochi mesi dal febbraio al maggio 1945, aveva perfino, con una vena di disarmante ma tenace candore, tentato di spostare alla causa italiana il capo dei valdostani filo-francesi, l'abbé Petigat. Eroismo e ingenuità, determinazione e utopia, coraggio e prudenza si univano come raramente avviene in questo grande storico che, come combattente politico, visse una sola e irripetibile stagione. Ecco perché ha assunto un valore di solenne e quasi commossa «riparazione», a quello sfregio del marzo 1946, la celebrazione che il Consiglio regionale della Valle d'Aosta ha tenuto di Chabod, nel palazzo del Consiglio regionale diverso da quello di allora, il 14 luglio, in coincidenza coi venticinque anni della sua scomparsa (stroncato, neanche sessantenne, nel fiore degli studi). Un libro sul partigiano «Lazzaro», che era il nome di battaglia di Chabod, scrino dal fratello Renato, commilitone di battaglia. Un discorso secco e asciutto del presidente del Consiglio regionale, Bondaz, un democristiano del tutto diverso dai Petigat del 1945. Un rilancio dell'autonomia valdostana nella linea di responsabilità nazionale ma anche di apertura europea che sempre caratterizzò Chabod. L'uomo per il quale l'Europa (questa parola misteriosa e indecifrabile) aveva un senso e una dimensione di vita, cjuasi un supremo riflesso autobiografico. Il senso di una civiltà comune, di una civil society, come la chiamava Gibbon, di una Repubblica dei saggi, come la definiva Voltaire. E quindi destinata, come Europa, a risolvere tutti i problemi delle autonomie linguistiche, religiose e razziali delle minoranze, nell'ambito degli Stati nazionali. Non a caso due fra. i libri più importanti di Chabod sono dedicati a L'idea di nazione e a L'idea d'Europa. Egli non scrisse il terzo libro che avrebbe completato il ciclo: L'idea della Val d'Aosta. E forse fu la mancata defenestrazione- del marzo 1946 a impediti ieri o. Il silenzio, in questo caso, è amore. Giovanni Spadolini