Decolla la Finarte
Decolla la Finarte La società aumenta il capitale e punta a Piazza Affari Decolla la Finarte Sotto il controllo dì Francesco Micheli sta per trasformarsi in una vera e propria finanziaria MILANO — «Eccoli I guadagni dell'operazione Bi-lnvest dove sono finiti, nella Finarte, che aumenta il capitale da 8 a 43 miliardi e diventa una stella di prima grandezza». Questo il commento che si raccoglieva ieri mattina in Borsa all'annuncio della prossima operazione varata da Finarte: aumento del capitale a pagamento con l'ingresso di nuovi soci (ai vecchi azionisti Infatti è riservata soltanto una franche delle nuove azioni). Il destino della società sembra per altro segnato: quanto prima verrà chiesta la quotazione in Borsa e cosi la Finarte abbandonerà sempre di più le attività per le quali era stata creata e si dedicherà alla gestione finanziarla. I suol fondatori avevano Invece Idee completamente diverse: nell'intenzione di Gian Marco Manusardi (ex proprietario della Banca Manusardi. oggi dell'Imi), il genero Casimiro Porro, Rina Brlon (proprietaria della Brlon Vega) e Carlo Monzlno (Il fondatore della Standa) la Finarte doveva rappresentare un club elitario di professionisti e capitani d'industria amanti del bello artistico. Due le attività di base: organizzare aste di oggetti d'arte, quadri, tappeti, sculture, ori, mobili, e finanziare 1 clienti con prestiti contro garanzia di opere d'arte. Subito dopo la fondazione, avvenuta nel 1959, a questo club di Intenditori si aggregò Eugenio Cefis, che una discreta passione per l'arte l'ha sempre coltivata. I destini della Finarte sono comunque votati a cambiare radicalmente quando verso la metà degli Anni Settanta entra nella società come azionista e come vicepresidente Francesco Micheli. Neppure quarantenne, con una fama di esperto finanziarlo accumulata attraverso anni di lavoro prima nello studio del commissionarlo Aldo Ravelli, poi all'Italflnanzlarla e Infine alla Montedison come assistente di Giorgio Corsi, Micheli univa la capacità di maneggiare con sicurezza 11 danaro, di realizzare 1 disegni finanziari dei suoi capi, di ammantarsi dell'aureola di uomo di sinistra sensibile alle nuove esigenze (è genero di Lelio Basso e si vanta di avere finanziato 1 Quaderni Piacentini) con l'amore per l'arte in molte sue manifestazioni, dalla musica (è un ottimo pianista di Jazz) alla pittura. Cosi Micheli, insediato tra splendidi dipinti fiamminghi e fondi d'oro del Trecento che impreziosiscono le pareti del suo studio, progetta grossi affari per sé ed uno splendido destino per la Finarte. Cura la fusione tra Bastogl e Irbs, crea le premesse per l'arrivo di Carlo De Benedetti al Banco Ambrosiano, entra nella Cir; ma anche chiede e ottiene nel 1981 dall'agente di cambio di Torino Glubergta di collocare presso alcuni suol clienti 11 50 per cento del capitale della Finarte, progetta di creare una commis¬ sionarla di Borsa con la quale ampliare 11 raggio di azione. I clienti ci sono, almeno sulla carta: sono quelli della Finarte, gente colta e ricca che potrebbe dividere con lui la passione per il bello e la Borsa. Dopo poco tempo p*èrò 1 clienti di Glubergla si defilano e Micheli cerca nuove alleanze: le trova in Gianni Varasi, proprietario della Maxi in, che ha appena stretto un accordo con Montedison in materia di vernici, nel Russo, dinastia di immobiliaristi molto attivi, in Alessandro Motta, legato a Giuseppe Cabassl, in Marco Spadaccini e Nicolò Galimberti. I fondatori della Finarte assistono incerti e confusi all'arrivo degli ultimt arrivati; nasce qualche mugugno ma Micheli e i suol soci sembrano inarrestabili nel trasformare la Finarte sempre più in una finanziarla operativa. Tra breve, poi, nella Finarte entrerà come consigliere il tedesco Von Den Burg, membro del direttorio dell'Allianz, il colosso tedesco delle assicurazioni che è entrato nella Ras proprio grazie al buoni uffici di Micheli. Con l'appoggio dell'Allianz e degli altri soci la Finarte approderà in Borsa; sarà certamente un nuovo punto di forza e di rischio della finanza milanese. Gianfranco Mortolo
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