Cinema tedesco, i nuovi registi del coraggio
Cinema tedesco/ i nuovi registi del coraggio La «terza generazione» non si limita a seguire le orme dei padri Wenders, Herzog, Fassbinder Cinema tedesco/ i nuovi registi del coraggio MONACO — Ma esiste davvero questa «terza generazione, di cineasti tedeschi, di cui giornali e riviste parlano da qualche tempo, in Germania e fuori? E quanti sono questi giovani autori, dove vivono, clie cosa fanno, quali film realizzano? Formano una scuola, un movimento unitario, hanno dei medesimi ideali, seguono comuni tendenze, gusti, interessi? Ovvero sono isolati, ciascuno per conto proprio, alla ricerca d'una affermazione individuale? Ctye esista una nuova generazione di cineasti non v'è dubbio. Al Festival cinematografico di Monaco, che si è concluso nei giorni scorsi, sono stati proiettati poco meno di trenta film recenti e recentissimi, spesso opere prime. Al Festival di Berlino, in febbraio, 1 film nuovi, anch'essi per lo più.opere prime, erano altrettanti. Per tacere del documentari, dei cortometraggi, dei film sperimentali, delle opere di diploma delle varie scuole di cinema e televisione. Insomma, un gruppo nutrito di film e di autori, che di per sé segna una «presenza» tutt'altro che trascurabile, non foss'altro che per quantità, nel panorama del cinema contemporaneo. Certo, è difficile individuare, in questa molteplice varietà di opere e di stili, qualche personalità di spicco, qualche artista di grande rilievo, come Fassbinder o Herzog o Wenders o Syberberg, 1 maggiori rappresentanti della «seconda generazione». Spesso sono film, quelli visti a Monaco e a Berlino, esili, fragili, ovvero pretenziosi e inutilmente difficili: film che paiono scommesse con se stessi, prove tecniche ed espressive, tentativi coraggiosi quanto deludenti. Né sempre sono film «vivi», autenticamente giovani e moderni. Ma testimoniano, tuttavia, un modo d'essere e di sentire, rappresentano un gusto, una linea dì tendenza, magari una prospettiva. E poi, se la «seconda generazione» del cineasti tedeschi ha conquistato il mondo negli ultimi dieci anni, la «prima generazione», quella di Alexander Kluge e dei firma¬ tari del Manifesto di Oberhausen del 1962. non era molto diversa dall'attuale. Molto entusiasmo, è vero, ma risultati per lo meno discutibili, dispersione di forze, sperimentazioni a volte ingenue, facili ideologie e tentativi non sempre motivati. Ciò per dire che anche allora, vent'anni fa, la situazione non era né chiara né facile. Si procedeva a tentoni, sapendo — o credendo di sapere — ciò che non si doveva fare piuttosto che ciò che si doveva. Oggi, dopo i Wenders. gli Herzog, i Fassbinder, e a seguito delle difficoltà economiche e politiche, la situazione, oltreché confusa, è anche precaria. Ma il coraggio, l'entusiasmo, la volontà rimangono, e reggono la struttura portante d'una cinematografia che sforna ogni anno decine di opere prime, e moltissimi film d'ogni tipo, alcuni del quali tutt'altro che trascurabili. Prendiamo, ad esempio. 11 Wodzeck di Oliver Herbrich. Si ispira, com'è facile intuire, al dramma di Buchner, ma lo aggiorna, lo modifica, ne fa una tragedia dei giorni nostri, tesa, intensa, qua e là addirittura geniale. Prendiamo Ich oder du di Die te r Berner, apparentemente un'ennesima variazione sul tema del triangolo sentimentale, una ragazza contesa da due ragazzi: invece è anch'essa una tragedia dei giorni nostri, a volte violenta, a volte tenera, sempre calata in una realtà giovanile colta senza falsi pudori. Ma prendiamo anche Der Krieg melnes Vaters di Nico Hofmann, che è una elegiaca e melanconica meditazione sul passato e sul presente, ovvero Marylin di Ralf Huettner, che è invece ua simpatica e grottesca commedia di costume, con qualche guizzo di cinefilia: sono due film freschi, vivi, che ci coinvolgono, Né mancano i film storici e politici, come Goethe in D di Manfred Vosz, che ripercorre la vita dei reclusi nel campo di sterminio di Dachau attraverso le testimonianze dei sopravvissuti, o come Wie ein freier Vogel di Hark Bohm. che è un reportage sul Nicaragua. Per tacere delle opere prime di registi come Bergmann, Blumenberg. Brodi, Fischer. Graf. Helfer, Knilli. Rusnak, Stadler, Zerau e molti altri. Non si sa bene dove questa «terza generazione» voglia andare, ma certamente non vuole star ferma, né si limita a seguire le orme del padri. Gianni Rondolino E' difficile individuare in una grande varietà di opere e di stili personalità di spicco. Innegabile l'entusiasmo anche tra difficoltà economiche e politiche. Qualche nome: Herbrich, Berner, Hofmann, Vosz Due esempi di film di seconda e terza generazione: Adorf-Sukova in «Lola» (Fassbinder), Rudnik in «A thousand Eyes» (Blumenberg)
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