C'era la Pattuglia dell'Avorio di Luciano Curino

C'era la Pattuglia dell'Avorio «STRISCE» AFRICANE DAI PRIMI DEL SECOLO A OGGI C'era la Pattuglia dell'Avorio A Torino una mostra di fumetti sull'Africa - Da Tarzan alla Legione Straniera: i miti e l'avventura di una generazione inquinata dal colonialismo - Perché Rob the Rover diventò Lucio l'Avanguardista - Dopo la guerra, autori come Hugo Pratt, senza pregiudizi ideologici - Per la prima volta le tavole di una ventina di Paesi africani TORINO — // Nord Africa era un torrido deserto con un fortino dove legionari, colmandoti da, un capitano fedente ma, coraggioso e con benda néra fu uii occMo, erano assediati da implacabili beduini. L'Egitto era misterioso e gli archeologi violavano sarcofaghi facendo scattare la maledizione del faraone. L'Africa delle savane e della giungla era popolata dai pigmei, dai giganteschi Watussl e dalla sella degli uomini-leopardo; c'erano stregoni con maschere terrificanti, piume, amuleti e bastoni magici; la Pattuglia dell'Avorio combatteva contrabbandieri di zarine d'elefante, mercanti di schiavi, cospiratori internazionali e tristi pistoleri, sedava rivolte di selvaggi nudi e armali di lance. Nell'Africa del Sud c'erano favolose miniere d'oro e di diamanti, e feroci guerrieri Zulù'A,. .•' ; :■, Cannetta Questa è l'immagine dell'Africa che si trae dai fumetti occidentali degli Anni Trenta esposti alla mostra «Strisce d'Africa. Colonialismo e anticolonialismo nel fumetto d'ambiente africano», promossa, e organizzata dalla Ripartizione , Cultura della Provincia di-, Torino, aperta fino al 4 agosto nei saloni della Promotrlce delle Belle ,'Arti al Valentino. Andrà-poi à'Roma, al Festival ciiifimalografico di Trento,:è richièsta da altre città. E'vna briòna cosa che vada in giro, perché è una mostra non soltanto piena di curiosità, ma con molte cose da raccontare, stimolante. In ottanta pannelli e trenta bacheche presenta un raro campionario di tavole e testate originali dai primi del secolo a oggi, anche africane. Documenti e reperti che ricostruiscono l'itinerario di un'Africa, dice l'assessore Piercarlo Longo, sempre diversa, perché di volta in volta diversamente interpretala. Un'Africa in cut razzismo, colonialismo, nazionalismo, spirito mercantile, libertario, democratico e progressista si alternano e si contrappongono nello schema figurale di segni grafici e verbali, che sottintendono ideologie e inier'éèsidi matrice diversa, subaltèrna à egemone, propagandistica- o convenzionale, idtolisWtììpettdóÓlàr'é:- " Nel fumetto dei primi de- • cenni del secolo l'africano è un personaggio comico, il più delle volte rappresentato come maldestro e goloso antropofago, la superiorità dell'uomo bianco su quello nero è fuori questione. E' alla fine degli Anni Venti (Tarzan è del 1929) che la letteratura a fumetti scopre l'avventura. Con le loro matite i cartoo- nist inventano un continente dove si intrecciano mito e realtà. «Come nelle storie del tempi antichi, nelle cronache di Erodoto, nei racconti medioevali di John Prcster, l'Africa dei geografi si mescolava liberamente con quella dei creatori di miti. Questo era l'ultimo avamposto dell'esploratore, del reletto, del romantico libero da ogni legame. Questo era 11 continente giovane, ancora In formazione», afferma Maurice Horn nel catalogo della mostra, e aggiunge: «Non v'è dubbio che la nostra visione dell'Africa s'è formata in parte attraverso la lettura giovanile di questo tipo di storie». Per il ragazzo lettore di giornaletti degli Anni Trenta l'Africa è terra di conquista e di avventura, ne conosce soprattutto località che non esistono affatto: come Opar la terra di Tarzan, o Ambesi il quartiere generale'della Pattuglia dell'Avorio da cui partorii„ intrepidi,,Cinó je', Francò con Fang, la pantèra' nera. Ricorda Hugo Pratt, creatore di Corto Maltese, che nel Quaranta, quando aveva dieci anni, emigrò con il padre all'Asinara: «Arrivai In Africa al seguito di questa letteratura a fumetti e là prima cosa fu di chiedere a un eritreo dov'era la Pattuglia dell'Avorio, con sua grande sorpresa, perché né lui né altri conoscevano la Pattuglia dell'Avorio». Invece per i ragazzi europei e americani la Pattuglia dell'Avorio è reale e mantiene l'ordine in un vasto territorio africano. La sicurezza di altri territori è affidata alla Legione Straniera, alla Pattuglia Coloniale, alla Compagnia della Giungla. E' sempre l'uomo bianco che, con la sua indiscussa e paternalistica presenza, assume il controllo di ogni situazione, garantendo il mantenimento della pace tra gruppi e tribù rivali. Phantom (l'Uomo Mascherato) compare ai fedeli pigmei della tribù Bandar in cima a un gigantesco teschio e li strapazza: «Sono ritornato e vi ho trovati In guerra fra voi come se la mia legge non fosse mal esistita». Phantom è un bianco. Ci sono anche regine della giungla, come Sheena e Loana, che sono molto belle e vestite pochissimo. Naturalmente, anch'esse bianche. Sono parecchi i lettori adolescenti che, ignorando i limiti del colonialismo, finiscono con l'accettarne l'ideologia. I «selvaggi» In questi anni il fumetto italiano prende Rob the Rover, il giovane aviatore delle -strisce» inglesi, lo veste da fascista e lo chiama Lucio l'Avanguardista. Nel clima della campagna africana dà vita a Romolino e Romoletto che beffano sprovi>edutl e malaccorti -selvaggi- del Negus. Crea il balilla Venturina, i balilla Bruno e Vittorio (nomi dei figli del duce), altri balillini mascotte di battaglioni di Camicie Nere che da soli conquistano un'amba. Fumetti che sono ingenui e fideistici messaggi di propaganda, strampalate storie dove fi soldato è il «bono taliano» che porta la civiltà e la cultura di Roma al «bovero negro». Eppure in questi racconti disegnati, osserva Piero Zanotto che con COrlo Chendi lia curato la mostra, «gli africani nel loro rapporti con gli italiani colonizzatori furono visti senza acrimonia, in certi casi con spirito quasi di fratellanza. Salva la matrice propagandistica di base, spesso grezza e ingenua, 1 rapporti della finzione rispecchiavano forse inconsciamente, nelle intenzioni dell'autore di turno, una diffusa realtà». Mandrake Hugo Pratt, l'autore di fumetti più consapevolmente critico nei confronti del colonialismo di ogni bandiera, mette in bocca questa considerazione a un suo personaggio africano, come risposta a un giovane connazionale die, in un fortino italiano assediato dagli inglesi, pensa di arrendersi: «Ascolta, Amedh. Ho fatto il soldato con 1 turchi da giovanotto e quelli ti disprezzavano, ti rubavano le donne e ti trattavano come un cane. Ho fatto il soldato con gli inglesi che ti dlsprezzavano, non ti rubavano le donne, ma ti trattavano come un cavallo. E infine con gli italiani che ti insultano, qualche volta ti rubano le donne, ma ti trattano come un uomo». Dopo la guerra il fumetto d'ambiente africano si adegua alle mutate condizioni sociali e politiche del Continente nero. Un esempio: l'erculeo africano Lothar non è più il servo di Mandrake, ma suo amico e collaboratore. Si scopre die ha ascendenze d'alto rango e lo si veste con calzoni lunghi e una camicia di seta di disegno leopardesco, anche i suoi tratti somatici si addolciscono. Oli autori di fumetti europei, con in testa Hugo Pratt, guardano all'Africa senza pregiudizi ideologici, rappresentando gli indigeni con fedeltà psicologica, non estraniandoli dai grandi eventi della storia recente. Contemporaneamente inizia la produzione di fumetti all'interno di singoli Stati africani. La mostra espone quelli di una ventina di Paesi, raccolti con lungo e paziente lavoro. •Strisce- che con orgoglio nazionale, sovente anche con risentimento, ripercorrono le tappe che hanno portato all'affrancamento dalla sudditanza coloniale del bianchi; altre che svolgono temi fiabeschi e mitici, oppure si affidano all'umorismo dì costume o alle tradizioni del folclore locale. In tutti questi fumetti, mentre il colore è del tutto originale in quanto proviene direttamente dall'arte africana, gli stili del disegno ricalcano in genere quelli occidentali. In altri casi mostrano i caratteri istintivi della grafica natf, e sono questi che si ammirano con più interesse. Luciano Curino Da sinistra; copertina di «Jungle Comics», 1944; tavola di D'Antonio da ci .'uomo dello Zululand», 1976; copertina del giornale algerino «M'Quidech», 1982