Le bustarelle corrono al Congresso

Le bustarelle corrono al Congresso Soltanto 12 parlamentari su cento sfuggono agli oltre settemila «gruppi di pressione» che operano a Washington Le bustarelle corrono al Congresso DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — L'anno scorso, l'Istituto nazionale del tabacco che, come quasi tutta l'industria, in America è privato, invitò il senatore repubblicano del Rhode Island, John Chafcc, a tenere una breve conferenza sul fumo a un breakfast di lavoro. Gli oratori che precedettero Chafee propugnarono la riduzione dell'imposta del 16 per cento sulle sigarette introdotta dal presidente Rcagan. Il senatore dissenti, e per il suo discorsetto ricevette 2000 dollari, 4 milioni di lire. Al momento del dibattito al Congresso, Chafee diede i 2000 dollari in beneficienza, e propose il raddoppio dell'imposta. Fu uno degli affronti più gravi mai subiti dall'Istituto, una delle 7200 lobbies iscritte al registro di Washington (quelle non iscritte sono 8000 circa): non è facile infatti che un parlamentare americano respinga questi emolumenti e voti poi contro chi glieli ha elargiti. Secondo le statistiche, al Congresso, l'anno scorso, gli uomini tutti di un pezzo come il senatore sono stati solo il 12 per cento del totale. Gli altri, 0 hanno fatto l'interesse delle lobbies o hanno cercato un compromesso. Ciò non significa che i gruppi di pressione siano riusciti a snaturare la funzione delle Camere: per quanta influenza vantino, non raggiungono mai insieme tutti 1 senatori e i deputati. Ma i dati dimostrano che ci provano ininterrottamente. Tanto per restare in tema, nell'84 l'Istituto nazionale del tabacco ha speso 126 mila dollari, 250 milioni di lire circa, per fare opera di persuasione tra i legislatori contro l'imposta sulle sigarette. L'Associazione dei pubblicitari ha investito 99 mila dollari, quasi 200 milioni di lire, per bloccare il progetto di legge contro la deturpazione del paesaggio coi cartelli lungo le autostrade. E quella degli agenti di Borsa ha versato 50 mila dollari, 100 milioni di lire, a 25 deputati convocali sulla spiaggia di Boca Raton, in Florida, per convincerli a dimezzare le.tasse sui profitti. Bustarelle? Non esattamente. Il codice permette che i parlamentari percepiscano per conferenze e prestazioni analoghe fino a un terzo del proprio stipendio, che è in media di 75 mila dollari l'anno, 150 milioni di lire. Consente altresì che ricevano regali: viaggi in aereo, crociere, alberghi, biglietti per il teatro, cene al ristorante per si e per le mogli. Soprattutto, non proibisce i finanziamenti per le campagne elettorali, che negli Stati Uniti sono costosissime, pur limitando i contributi. Per le lobbies, questi regolamenti sono un invito a nozze. Dal momento in cui un uomo politico si presenta candidato al Congresso, non lo lasciano più solo. I gruppi di pressione ignorano i partiti e le ideologie: a loro interessa soltanto che i senatori e i deputati siano in grado di esercitare voti decisivi. Ralph Nader, l'avvocato di discendenza libanese che è diventato il paladino dei consumatori, ha definito la prassi «ai margini della corruzione», provocando valanghe di proteste. «Ma che cosa sono queste lobbies?», ci dice l'avvocato. «Nel caso dell'Istituto del tabacco sono un'emanazione di¬ retta di un'industria, quella delle sigarette. Però esse annoverano anche i cosiddetti P.a.c. (comitati d'azione politica), che rappresentano di tutto, dalle banche ai sindacati, dai coltivatori diretti agli architetti, dagli ultraconservatori ai radicali. Racchiudono inoltre agenzie di consulenza, di pubblicità, in una parola specialisti di persuasione occulta. In questi meandri scorrono centinaia di milioni di dollari l'anno, oltre 1 miliardo secondo la rivista U.S. News and world report, 2000 miliardi di lire. Ixt sola Gun owners, l'Associazione per le armi, ha speso nell'84 più di 400 mila dollari, 800 milioni di lire. La parcella di un lobbista, uno che fa il persuasore di mestiere, è di 400 dollari l'ora, 800 mila lire. Come è possibile che proprio tutte le transazioni siano oneste?». Naturalmente, Ralph Nader dispone di statistiche. «Per fare eleggere il senatore repubblicano del Texas Phil Graham, vari P.a.c. l'anno scorso hanno stanziato I milione e 326 mila dollari. Per la vittoria del deputato democratico dell' Oklahoma James Jones vari altri ne hanno investiti 662 mila. Quanto scommettiamo che Graham e Jones non votano sovente contro di essi?». Nader cita i dati complessivi: «Nelle elezioni dell84, il bilancio dei P.a.c. degli agenti immobiliari è stato di quasi 4 milioni di dollari, quello dell'Associazione medica di tre miliardi e mezzo, quello degli insegnanti di 2 miliardi, e così via*. «I risultati si vedono», prosegue. «Il Congresso protegge queste categorie. Ci vanno di mezzo le minoranze, che non sono bene organizzate. Il paradosso è che, quando si invoca la messa al bando delle lobbies, si viene accusati di attentare alle libertà civili». Pat Cadell, l'esperto di sondaggi d'opinione dell'ex presidente Carter, definisce i gruppi di pressione «un autentico sottogoverno». «Il fenomeno è esploso nell'ultimo quinquennio — osserva — e adesso fa parte integrante del sistema. Per sostenere la propria causa, ricorrono alle lobbies persino i governi stranieri. In testa a tutti c'è quello giapponese, che l'anno scorso ha speso 15 milioni di dollari, 30 miliardi di lire, poi quello tedesco occidentale, che ha speso 6 milioni e mezzo di dollari, 13 miliardi di lire. Ma non scherza neppure l'Urss: ha sborsato 5 milioni e mezzo di dollari, li miliardi di lire». Lo slesso accade con le multinazionali, americane e no, le fondazioni di tutte le nazionalità, gli organismi internazionali. L'elenco dei lobbisti di Washington sembra il Gotha della politica e della finanza Usa. Essi hanno persino il proprio palazzo vicino al Campidoglio, con uffici lussuosi degni di una megacorporation. Il miliardario Robert Gray, uno dei grandi elettori del presidente Reagan, mantiene circa 100 dipendenti. L'ex consigliere di Carter, la signora Anne Wexler, dirige insieme con Nancy Reynolds, un'amica della «first lady», un gruppo di pressione femminile. L'ex ministro della Difesa Clark Clifford e l'ex negoziatore del disarmo Paul Warnke lavorano per gli allevatori di bovini australiani e il ministero degli Esteri del Messico. L'ex direttore della Cia William Colby è il rappresentante di Singapore, mentre l'ex ambasciatore Richard Stonc è quello di Taiwan. «Difficilmente — commenta Cadell — un parlamentare di prima nomina potrà ignorare le istanze di que sti luminari». Sia Ralph Nader che Pat Cadell sottolineano che, a differenza dei P.a.c, l'asso nella manica del superlobbista non è tanto il denaro quanto le sue conoscenze. Esse non hanno prezzo. L'ex direttore del Consiglio di sicurezza nazionale di Reagan, Richard Alien, riceve 300 mila dollari l'anno da un. consorzio giapponese, che include la Mitsubishi e la Banca di Tokyo, più un sostanzioso premio se riesce a fare varare una legge che lo favorisca, o a farne respingere una che lo danneggi. «E' una giungla», concludono i due uomini. «Siamo arrivati al punto che due mesi fa il sottosegretario agli Esteri del Nicaragua, Tinoco, è venuto a Washington, al Congresso, ha assoldato un'agenzia di lobbisti, ha invitato parlamentari nel proprio Paese e ha condotto una efficacissima campagna contro gli aiuti ai ribelli antisandinisti». Questo successo di Tinoco si è trasformato in una sconfitta solo dopo l'imprudente visita di Ortega a Mosca e gli interventi martellanti del presidente Dieci anni fa, lo scandalo del «Koreagate», cosi detto dalla cittadinanza del suo protagonista, scosse pericolosamente la giungla del sottogoverno. Ma il Congresso, che era stato rigido con Nixon, e lo è tuttora con qualsiasi ministro (Alien fu costretto a dimettersi per aver accettato due orologi in regalo dai suoi amici giapponesi), fu clemente con i gruppi di pressione. Il coreano reo di aver distribuito bustarelle dovette ritornare in patria, un paio di parlamentari vennero rimproverati, e tutto fini li. Attualmente, tre progetti legge, due contro i P.a.c. e uno contro le altre lobbies, sono all'esame del Senato e della Camera. Ma a parte i promotori, non sono molti gli uomini politici ansiosi di discuterli. Riesce loro più comodo dibattere l'altra grande piaga, gli sprechi del Pentagono e le commesse M'establishment industrialemilitare. Ennio Caretto Washington. Il Presidente Reagan a colloquio con O'Neil (a destra) e alcuni membri del Congresso