Il ritorno dei lupi

Il ritorno dei lupi Il ritorno dei lupi avanzarono numerose richieste per 1 danni agli ovini. Fu deciso di disseminare gabbie-trappola per catturare 1 predatori e di risarcire In ogni caso gli allevatori per danni subiti da canidi, cioè lupi o cani in senso lato, in ragione di 100 mila lire per pecora e 50 mila per agnello. Ma chi sono realmente i killer? L'Istituto di Geologia e Paleontologia dell'Università «La Sapienza» di Roma ha esaminato 1 crani di otto esemplari (7 maschi e una femmina) appartenenti a canidi uccisi tra il 1978 e 11 1983 in varie località dell'Appennino, tosco-romagnolo. I crani sono stati comparati con numerosi esemplari dell'Appennino centrale (In particolare dell'area abruzzese), con alcuni esemplari dell'Appoennlno meridionale e con soggetti di lupo europeo provenienti dalla Transtlvania, dalla Russia europea e dall'Europa centro-settentrionale. L'Insieme del risultati ottenuti sembra confermare il carattere lupino di 7 esemplari, per l'ottavo gli elementi non sono sufficienti per una sicura attribuzione. Il lupo tosco-romagnolo sembra differenziarsi dal lupo europeo per alcuni caratteri cranici, come il muso particolarmente sottile e la fronte relativamente ampia. Rispetto agli esemplari del Nord Europa, ha molari superiori più corti; differenze queste di scarsa entità quando il confronto vlen fatto con lupi europei di settori più meridionali. Le dimensioni si collocano tra quelle del lupo europeo (di maggior mole) e quelle del lupo dell'Appennino centrale. Di lupo quindi si tratta. Un lupo dal patrimonio genetico in parte «inquinato» da incroci con popolazioni canine, rimescolamento cromosomico che forse è alla base dell'adattamento alle nuove situazioni ambientali. Il ritorno del lupo in Romagna è stato favorito dall'instaurarsl di un nuovo equilibrio dopo lo spopolamento degli anni '50 e '60 del montanari e la colonizzazione da parte del grossi erbivori, in particolare 11 capriolo. E' proprio qusto piccolo ungulato molto diffuso nell'Appennino forlivese (circa quattromila capi) un anello fondamentale della catena alimentare del Canis lupus. Oggetto fino a ieri di persecuzioni solo in parte giustificate dal rischio di propagazione del virus della rabbia, 11 lupo ha oggi nuovi amici. Oltre allo sfruttamento ambientale di un turismo indisciplinato, 1 moderni competitori alimentari e territoriali sono 1 cani randagi, sostenuti dai tanti Immondezzai incontrollati: Italia sono circa circa 850 mila. Saverio Simeone IL lupo è tornato in Romagna. Una piccola popolazione di lupi appenninici (meno di dieci esemplari) ha colonizzato la foresta dell'alto crinale romagnolo occupando una nicchia ecologica relativamente vasta, compresa tra Premllcuore, Verghereto e il monte Fumaiolo (1400 metri), nonché due comuni in provincia di Arezzo, Badia Tedalda e Sostino. L'Appennino tosco-romagnolo diventa cosi l'estrema punta settentrionale dell'area di diffusione del più braccato e vituperato predatore. Il lupo, scomparso oltre SO anni fa dal versante alpino, è . insediato stabilmente in aree ben circoscritte della dorsale appenninica, dal monti della Sila su su fino al Sibillini e, da oggi appunto, nei monti della Romagna. Per un totale in Italia, in base a una stima approssimativa, di circa cento esemplari. Il nucleo più stabile e numeroso di Canis lupus è quello che abita nell'area abruzzese. La certezza sulla presenza del lupo romagnolo arriva dopo anni di polemiche e di opinioni discordi di famosi «lupologl». La storia ebbe Inizio con una ricerca promossa dall'amministrazione provinciale di Porli dopo una serie di denunce di allevatori dell'Alto Savio (Verghereto e Bagno di Romagna) che lamentavano la perdita di centinaia di pecore sgozzate, a dir loro, dai lupi. Ma saran lupi o cani randagi? Per questi ultimi la legge non prevede risarcimento, e quindi l'amministrazione cercò di identificare gli aggressori. ' Si parti con due censimenti paralleli: metodo naturalistico e wolf-howling. Il primo comporta osservazioni e rilevamenti nei periodi di innevamento di ogni sorta di segni e tracce. Col ivolf-howling (lupo ululante) si tratta invece di individuare il numero degli animali che ululano contemporaneamente In risposta a un ululato (registrato e amplificato) emesso dal ricercatore. Le indagini si concentrarono all'Interno di un'area relativamente vasta con al centro le sorgenti del Tevere (monte Fumaiolo), toccando le province di Forlì, di Arezzo e, in parte, di Pesaro (zona dì Carpegna). Lo studio delle tracce diede per molto Improbabile la presenza di una popolazione vitale di lupo italiano, cosi come considerò dubbia una colonizzazione a partire dal monti Sibillini. Non si escluse Invece la possibile fuga di lupi centro-europei racchiusi in parchi privati In zone adiacenti e il loro eventuale accoppiamento con cani inselvatichiti, piuttosto numerosi in alta montagna. Più che di Canis lupus italicus puro, si disse, si tratta di ibridi. Per contro, la tecnica del «lupo ululante» o wolf-howling aveva ammesso la presenza di quattro-cinque lupi in zona. Nel'Alta Romagna il lupo ritornò a essere un anacronistico simbolo della natura nemica dell'uomo. Si ripescarono da vecchi racconti popolari episodi con al centro il lupo cattivo e famelico e le sue scorribande nel paesi di fondovalle. E gli allevatori

Persone citate: Canis, Saverio Simeone