Non basta il cuore per combattere la fame nel mondo di Lietta Tornabuoni
Non basta il cuore per combattere la fame nel mondo Non basta il cuore per combattere la fame nel mondo SULLA fame nel mondo, die ha sinora suscitato soprattutto grandi ondate di pietà, emozione e generosità, ecco finalmente un libro che fornisce conoscenza, informazione. E non nel gergo professionale degli specialisti, ma in un linguaggio chiaro, esatto, didattico, accessibile a tutti; non isolando temi parziali, ma analizzando l'intreccio complesso di elementi economici, sociali, politici, biologici, morali, medici che sono all'origine e nella possibile soluzione della tragedia africana. Per l'autore Emanuele Djalma Vitali, 61 anni, nutrizionista clinico e libero docente di scienza dell'alimentazione e storia della medicina all'Università di Roma, un intervento centrale resta il controllo delle nascite. E' una posizione di inconsueta chiarezza sii un argomento circondato di solito da fitto silenzio: insieme, l'autore chiarisce molte idee confuse, smentisce molti luoghi comuni condensatisi intorno alla fame. La fame non è una fatalità, spiega, ma lo specchio d'una divisione del mondo: oggi la popolazione terrestre è di 4,8 miliardi di persone; nel 1984, la produzione alimentare dell'intero pianeta è stata di 3,5 miliardi di tonnellate, sufficienti a soddisfare il bisogno di nutrimento dell'umanità intera; ma questo cibo non è equamente ripartito tra tutti gli abitan¬ ti del globo; in Italia, a esempio, ogni anno vengono gettati via più di 5 milioni di tonnellate di pane. La parola -fame*, spiega, non è assoluta ma vaga, generica, persino abusiva, «mira a riassumere con un sintomo tutta la malattia di un pianeta".' tra i 12 o forse 15 milioni di bambini che ogni anno muoiono, in pochi casi la morte è attribuibile soltanto alla mancanza di cibo; la malattia fatale è il sottosviluppo, nella zona che lo studioso francese di problemi demografici Sauvy chiamò per primo Terzo Mondo in menti di speciale emergenza, certo necessari e utili. Aiuti, ossia acquisti alimentari da parte dei Paesi a scarsa produzione agricola, a condizioni particolarmente favorevoli, di carattere generalmente ripetitivo: con effetti inesorabilmente negativi di diminuzione dei prezzi agricoli, abbandono delle campagne, inurbamento selvaggio, aumento del deficit di produzione agricola, importazioni ancora più massicce. Cooperazione, ossia positivo contributo a un comune obiettivo di sviluppo e di autonomia alimentare dei Paesi della Fame. In ogni caso, sostiene l'autore, «sarebbe ingenuo credere che gli aiuti siano dettati dal buon cuore; generalmente rispondono alla necessità economica del Paese soccorritore d'alleggerirsi di prodotti eccedenti; mirano a mantenere o far entrare i Paesi aiutati nell'orbita economica, politica e possibilmente militare della potenza soccorritrice». Inevitabilmente meno precisa dell'analisi è l'ipotesi di soluzione della tragedia. L'autore la vede nel sommarsi di «tre culture tra loro Inseparabili: quella della pace, quella demografica e quella dello sviluppo». Lietta Tornabuoni Emanuele Djalma Vitali, «La fame nel mondo», Editori Riuniti - Libri di base, 268 pagine, 15.000 lire. Una fiaba spiega la geometria
Persone citate: Emanuele Djalma Vitali, Sauvy
Luoghi citati: Italia
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