Gli alpini com'erano e come sono
4/5 4/5 Tutto libri Uno storico analizza senza retorica il cammino di un Corpo nato «per difendere i nostri valichi» Gli alpini ' pcom'erano e come sono PARIGI — «/« vetrina ci sono sempre più libri fatti in fretta che, tra menzogne e papere, raccontano con pressappochismo qualunque cosa della storia del mondo dalle sue origini o ricostruiscono periodi storici più recenti a colpi di slogan e frasi fatte». E' uno dei duri giudizi espressi da Michel Foucault, in un'intervista pubblicata postuma da Le nouvel observateur. Il filosofo, autore tra l'altro della Storia della follia c della Storia della sessualità, rispose con forti toni polemici ad alcune domande sulla «sclerosi del dibattito intellettuale in Francia». In particolare a proposito della critica disse: «Negli Anni Cinquanta, con Blanchot e Barthes, la critica era un lavoro. Leggere un libro, parlarne, era un esercizio che si faceva in primo luogo per sé stessi... Ora la critica mi sembra abbia abbandonato questa funzione per ridursi a un ruolo politico — giudiziario: denunciare il nemico politico, giudicare e condannare». 1877. Trombettiere «Maledetto chi tenta di strozzare, sia pure con cordoni d'oro, la verità». Nel 1919 i pochi alpini rimasti ritornarono a ricostruire i paesi o a ripulire i campi strappati ai monti sassosi, a ripopolare le montagne. E infine, ancora guerra in Africa Orientale. Ma una generazione non ha diritto di vivere e lavorare in pace? Dal 1940 tutto il resto: gli alpini acati per difendere le porte d'Italia vengono mandati in Albania, nei Balcani, in Russia. Nelle steppe con i muli, i bastoni da montagna, gli scarponi con i 'chiodi e le armi dei tempi di Adua e del 1915. Tutto questo Gianni Oliva lo sa dire con l'occhio dello storico che analizza vicende c documenti. Nell'ultima parte del libro, dal capitolo Dalla resistenza alla repubblica a Alpini e futuro, esamina fatti recenti e studi su reclutamenti, armi, impieghi possibili che hanno suscitato e suscitano dibattiti sull'uso moderno delle fanterie leggere il cui addestramento e armamento è portato più sulla «versatilità» che non sulla «bivalenza». Ma ora nelle compagnie dai fatidici numeri non si parla più il dialetto della contrada perché sempre meno sono i veri montanari, e si usa un linguaggio con termini internazionali: anche gli alpini sono cambiati. Non ci saranno più comandanti come quel maggiore che a ogni arrivo di reclute predicava: «Nel mio battaglione non si parla di politica ma solo di donne, c non si leggono giornali!» (Questo accadeva vent'anni fa). Oppure come ai mici tempi quando un capitano diceva: «Nella mia compagnia prima io e poi Dio». Pure non molti lustri sono trascorsi da quando un comandante incaricò un sottotenente di complemento a fare una statistica sul grado di istruzione degli alpini in forza al battaglione. Rimase molto sorpreso nello scoprire che tra i «suoi alpini» c'era qualche laureato'e alcuni diplomati. «Quanti hanno la licenza elementare? chiese. «Pochi, molto pochi, meno di venti» rispose il sottotenente». Meno male; allora abbiamo ancora molti analfabeti» fu il suo commento. «No, signor comandante, gli altri hanno tutti la licenza di scuola media, o più». «Madonna buona! Qui diventa sempre più difficile comandare!». Da modesto e vecchio «sergente» sento di dover consigliare questo libro laico sugli alpini e le loro vicende a quanti hanno o hanno avuto a che fare con la naia alpina e a coloro che verso gli alpini e la storia militare hanno qualche attenzione, perché è un libro sì di storia ma da medirarc. Mario Kigoni Sterri
Persone citate: Barthes, Blanchot, Gianni Oliva, Mario Kigoni, Michel Foucault
Luoghi citati: Africa Orientale, Albania, Francia, Italia, Parigi, Russia
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