Tamerlano burattino grottesco che neanche Haendel riuscì ad animare

Tutto libri Tutto libri Nuova esecuzione diretta da Jean-Claude Malgoire Tamerlano, burattino grottesco che neanche Haendel riuscì ad animare Nuovo album di Mitsuko Uchida Sensibilità orientale per Mozart ristico intarsio dello astile galante- come nelle tortuosità cromatiche e nell'oscura introversione di quello più maturo (si veda 10 splendido Adagio). In questi dischi la Uchida sembra felicemente immune da quel velo di fredda perfezione tecnica che caratterizza, abbastanza sovente, il modo di porgere la grande tradizione musicale europea da parte degli esecutori orientali. Al contrario, qui c'è un calore, un incanto di suoni sfumato e vibratile che serve ad evidenziare ogni battuta, ogni frase. Precedentemente te Uchida aveva presentato le Sonate K. 533/494, K. 545, K. 331 (Marcia turca) e K. 332, la Fantasia K. 397 e 11 Rondò K. 311. Attendiamo ora il seguito dell'integrale mozartiana e, soprattutto, di ascoltare dal vivo questa pianista che pare promettere grandi cose. FERMA restando la nostra di/fidenea sulla possibilità di conoscere adeguatamente un esecutore attraverso il disco, riteniamo di non poter passare sotto silenzio il terzo 33 giri di Mitsuko Uchida che sta registrando per la Philips tutta l'opera pianistica di Mozart. Giapponese, aveva 12 anni quando nel 1961 venne in Europa e si iscrisse alla Musikakademie di Vienna, proseguendo poi gli studi con Kempff e Askenazy. Fu il ciclo completo delle sonate di Mozart, eseguito a Tokyo e a Londra nel 1982, die le diede modo di balzare alla ribalta come una nuova specialista in questo difficile campo. Dopo i due dischi pubblicati l'anno scorso, quest'ultimo in cui la Uchida esegue le due Sonate K. 330 e 333, /'Adagio in si minore li. 540 e la Piccola Giga K. 574 conferma doti eccezionali di tocco, va¬ Irene, reintegrata nel suo ruolo di principessa, e del vecchio confidente Lerone, c'è qualcosa che non si sa neanche come definire, recitativo, declamato, aria, arioso, insomma un lungo lamento, un insorgere di accuse e di recriminazioni, con brevi ma toccanti interventi di Asteria e di Andronico, slmile per altezza all'ultimo monologo di Jonas, nell'omonimo oratorio, dove la disperazione stravolge 1 tratti compassati del buoncostume musicale settecentesco, ne fa qualche cosa di inaudito, un mugolare, un gemere, un imprecare che scavalca perfino Oluck e sembra quasi bussare alle foglie dell'espressionismo. L'esecuzione fornita dall'ormal celebre ditta «La Grande Ecurle & La Chambre du Roy», diretta da uno specialista come Jean-Claude Malgoire, è, salvo un punto, assai com¬ mendevole. L'orchestra, di sette violini, tre viole, due violoncelli, un violone, tre flauti traversi e due a becco, due oboi, due fagotti e un clavicembalo usato con parsimonia, ha un bel suono, senza fastidiosi manierismi arcaici. Ottima usanza quella di affidare il basso continuo sotto i recitativi al solo violoncello, senza sferragliamomi del clavicembalo. Ciò consente l'immediato trapasso al discorso articolato delle arie. Il cast originale mescolava due voci di castrati e quattro voci naturali: le due donne, naturalmente, Bajazet tenore e perfino un basso per 11 confidente Leone. I due soprani, Mieke van der Sluls e Irene Poulenard, sono brave, specialmente nel recitativi che presentano in tutta l'opera vera scioltezza e naturalezza di dialogo. Il tenore John Elwes mette bene in rilievo la parte di gran lunga prevalente di Bajazet; il basso Gregory Reinhart si distingue specialmente per le sommesse e ricercatissime inflessioni di recitativo. Dei due controtenorl, René Jacobs per Andronico è ottima: ha la naturalezza di una bella e piena voce femminile, profonda emozione nel recitativi. Ma 11 Tamerlano di Henri Ledrolt fa spavento: è uno di quel falsettonì che usavano venti o trentanni fa quando la moda dei controtenorl cominciò a dilagare sull'Europa dalle Isole Britanniche, con una ridicola pronuncia italiana. Si potrebbe perfino sospettare che la debolezza musicale del personaggio sia prodotta dall'insufficienza dell'interprete (che era stato il celeberrimo Senesino). Ma no; il difetto sta proprio nel manico. Massimo Mila Handel: «Tamerlano». Opera In tre atti. Cbs MaEterwoeks, digitale. Disponibile anche in cassette. che non si può dire «concertato» ma, piuttosto, dialogato: finale che rivela in Handel, oltre al grande musicista, anche l'uomo di teatro. Ma insomma, non ci sarebbe poi da levare tante meraviglie, a meno d'essere molto di bocca buona. Ma Handel era un poco come Donlzetti. Per due terzi di un'opera o di un oratorio andava al piccolo trotto, con onesta diligenza professionale, e basta. Poi, quando i nodi dell'azione si stringono e i personaggi si dibattono nelle spire della passione infelice e del destino avverso, allora l'ispirazione musicale e drammatica fiammeggia. Nel terzo atto, quando Bajazet, il re prigioniero, si è già avvelenato e viene in scena a morire, tra la costernazione di Asteria, di Andronico, dello stesso Tamerlano ravveduto, di rietà ed elasticità di fraseggio pur nel rigore di un gusto moderno; e ancora sensibilità alle minime sfumature del dettalo mozartiano, sia nel miniatu- «L'importante», fra i migliori Lp d p. gal. el cantautore

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