«Ci diano una prova che Roberto è vivo» di Guido Coppini
A Uscio i Trenino aspettano notizie del figlio A Uscio i Trenino aspettano notizie del figlio «Ci diano una prova che Roberto è vivo» Disposti a pagare i gencui si teme il rapimento GENOVA — Sembra una domenica d'estate come tante altre, a Uscio, trenta chilometri dalla città, all'inizio della Valle Fontanabuona, nel verde della campagna. Il caldo ha richiamato i villeggianti, si gioca alle bocce, i ragazzi commentano il Giro ciclistico d'Italia. Dalla e-co/ori in Arnaldi*, arriva in piazza qualcuno a Interrompere, con un peccatuccio di gola, la dieta ferrea imposta dai medici a chi ha problemi di peso e di stress. Ma è in realta una domenica diversa: c'è angoscia per la scomparsa di Roberto Trebino, venti anni, figlio del re degli orologi da torre e delle campane, che manca da casa da dieci giorni. Ormai, l'ipotesi di una fuga sentimentale si è praticamente dissolta e, del resto, una telefonata alla famiglia, fatta lo stesso sabato 1" giugno, giorno della scomparsa dello studente, sta a confermare il sequestro. I rapitori hanno chiesto una cifra che non viene precisata (si parla di 200 milioni, ma altri affermano che sono stati chiesti alcuni miliardi), e un loro emissario ha avuto un acconto. Poi, il silenzio assoluto Tutti definiscono questo sequestro come del tutto anomalo: fra l'altro, la famiglia Trebino non ha ufficiai mente presentato alcuna denuncia, limitandosi ad «informare- 1 carabinieri. Pensano ancora ad una ragazzata? Allo stato dei fatti, la speran za pare del tutto fuori dalla logica. Roberto Trebino è definito un ragazzo serio, diligente nello studio, lontanissimo dal vizi di una certa gioventù di oggi. I carabinieri che continuano a frugare la vallata, ammettono che manca qualsiasi indizio che possa condurre ai rapitori. La famiglia Trebino fa sapere: .Siamo benestanti, ma non miliardari. Siamo co mungile pronti a pagare. Ma ci diano la prova che Roberto sta bene*. Questa prova non è ancora arrivata. Anche sulla dinamica del sequestro, si sa ben poco. Una cosa, però, è certa: Roberto Trebino non temeva alcun pericolo, né pensava ad un colpo di testa. Chi ha viaggiato con lui sulla corriera partita alle 6,45 da nitori del ragazzo sparito da 10 giorni, di to: «Siamo benestanti, ma non miliardari» Uscio e diretta a Genova (lo studente vi saliva ogni giorno per andare all'istituto «Gforgi- di via Timavo a Genova dove frequentava la quinta classe) afferma che il giovane era tranquillo: con alcuni amici, commentava il massacro dello stadio di Bruxelles. Egualmente tranquillo lo hanno visto i compagni di scuola, durante la prima lezione. Poi, il momento di mistero, che scatta alle 9,50 quando Roberto rinuncia alla esercitazione di ginnastica, e dice ad un amico: «Vado a casa, ho problemi di famiglia" e si allontana. Qualcuno gli ha teso un ag¬ guato? Nessuno ricorda di aver visto auto sospette vicino all'istituto ■ Giorgi., ma una ricerca di questo genere, nel traffico caotico di quella zona (che è adiacente a corso Europa) non può ragionevolmente dare alcun risultato. Lo studente, dunque, esce di scuola (o viene costretto a uscire?) prima delle 10. Soltanto verso le 14 il padre, allarmato dall'assenza del figlio, chiama il preside della scuola. I rapitori avrebbero avuto quindi quattro ore di tempo: un «vuoto, nel quale i carabinieri cercano un possibile indizio. Guido Coppini
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