Nella notte un «pranzo di gala» davanti alle telecamere per 32 prigionieri con rose rosse e scrìtta sulla torta «Auguri di tornare a casa» - Alle 10 l'annuncio che erano in «aggio per la Siria che erano già arrivati che sarebbero partiti per la Germania - Beni rinvia due volte una conferenza stampa poi fa dire non ci sono novità - E chiede agli Usa la garanzia che non ci sarà rappresaglia di Tito Sansa

A Beirut, Damasco e Washington una giornata convulsa: dopo la notizia del rilascio, la smentita, il dramma ricomincia Nella notte un «pranzo di gala» davanti alle telecamere per 32 prigionieri, con rose rosse e scrìtta sulla torta: «Auguri di tornare a casa» - Alle 10, l'annuncio che erano in «aggio per la Siria, che erano già arrivati, che sarebbero partiti per la Germania - Beni rinvia due volte una conferenza stampa, poi fa dire: non ci sono novità - E chiede agli Usa la garanzia che non ci sarà rappresaglia DAL NOSTRO INVIATO BEIRUT — Gli ostaggi americani del Boeing-727 della Twa, la cui avvenuta liberazione era stata annunciata ufficialmente all'alba di ieri sia dal governo siriano, che aveva acconsentito ad accoglierli a Damasco, sia dalla Casa Bianca, ieri sera erano ancora nelle mani degli sciiti di Amai a Beirut. Le notizie diffuse durante la giornata dalle agenzie e dalle radio di tutto il mondo, che essi si trovavano sulla via di Damasco o addirittura che erano arrivati in Sirla (testimoni oculari li avevano visti a bordo di un convoglio della Croce Rossa) sono risultate tutte false. Per ore erano state diffuse cronache dettagliate di fatti mai avvenuti: Nabih Berri, capo delle milizie di Amai, si è preso gioco di tutti. -Nulla é cambiato da ieri, non vi sono stati nuovi sviluppi — ha annunciato ai giornalisti, alle 17, Jaafar Chalabi, uno dei portavoce di Berrl — se vi saranno novità vi informeremo, dovunque ri troviate-. Ha aggiunto che gli ostaggi, che perfino 11 governo di Damasco aveva già dato per arrivati in Siria, erano sempre qui. Che cosa era avvenuto? Lo ha spiegato Ali Husseinl, un altro portavoce di Amai. Berri ci aveva ripensato, non poteva consegnare senza contropartita gli ostaggi alla Siria dopo che questa aveva annunciato che li avrebbe immediatamente affidati al governo americano. Amai chiede precise garanzie: 1) Che non vi saranno rappresaglie da parte degli Usa o di Israele; 2) Che la flotta americana non entrerà nelle acque territoriali libanesi; 3) Che i 735 libanesi detenuti nel carcere israeliano di Atlit verranno liberati immediatamente. La giornata frenetica, che ha fatto impazzire i portavoce in America e in Sirla e centinaia di giornalisti a Beirut, era cominciata prima dell'alba. Ci hanno svegliato alle 3 per dirci che gli ostaggi erano stati raccolti nel lussuoso albergo Sammeland, pronti a partire. Vi erano stati portati sotto la regia della potente rete televisiva americana Abc (che trasmetteva in diretta via satellite per milioni di spettatori raccolti a quell'ora per la cena negli Stati Uniti), ma solo per un pranzo di gala. Non c'erano tutti e 39, erano solo in 32, mancavano i tre membri dell'equipaggio e altri quattro dei quali nessuno ha saputo dare notizia. Si suppone che si trovassero (e forse si trovano tuttora) nelle mani degli oltranzisti hezbollahi, di ispirazione iraniana. L'esclusiva della Abc, garantita e protetta da una ventina di miliziani armati, ha impedito alla concorrenza di assistere al simposio. A ciascuno degli ostaggi sono state donate rose rosse, e al termine del banchetto, a base di piatti tipici libanesi, è stata tagliata una torta sulla quale un cuoco aveva scritto con la panna -Wishing poti back home», con l'augurio clic possiate tornare a casa. Dicono che c'era molta allegria, e che i « liberarteli •> hanno parlato per telefono con le famiglie e simpatizzato con i carcerieri. Verso le 10, contemporaneamente da Damasco e da Washington è giunta la notizia che si attendeva da due settimane: un convoglio della Croce Rossa con gli ostaggi era in viaggio per la Sirla. Vi era solo incertezza sul numero dei passeggeri: erano tutti e 39, o trentasei (1 tre dell'equipaggio erano rimasti a bordo del Boeing, si diceva), o soltanto 32 (sarebbero cioè mancati 1 quattro assenti dalla cena notturna)? Da Damasco si apprendeva che tutto era pronto, allo Slieraton, per accogliere gli americani, i quali avrebbero tenuto una conferenza stampa (naturalmente trasmessa via satellite dalle tv Usa); che da Cipro èra giunto un jet dell'Air Force che li avrebbe trasportati a Francoforte, dove a dare loro il saluto della patria americana sarebbe andato il vicepresidente Bush, che si trovava a Ginevra. Sempre da Damasco veniva poi la conferma ufficiale che il convoglio era arrivato in Siria con a bordo «sani e salvi* 36 ostaggi. A Beirut erano rimasti — e questo era sicuro, perché 11 si poteva vedere — 1 tre membri dell'equipaggio, sempre a bordo del Boeing, che si preparava a partire. In mattinata, l'aereo aveva fatto il pieno, alcuni tecnici gli avevano fatto un accurato check-up, i pneumatici erano stati gonfiati, il comandante aveva chiesto alla torre dì controllo un plano di volo. La cosa interessava però cosi poco che le decine di teleopcratori americani avevano abbandonato le postazioni che tenevano da due settimane e si erano precipitati a Damasco. Voci allarmanti erano circolate a Beirut: gli ostaggi non erano giunti nella capitale siriana, si diceva: per strada erano stati rapiti da un commando non identificato; il comandante Testrake era stato sequestrato a sua volta da un gruppo di hczbollahi che avevano disarmato i guardiani di Amai; erano scomparsi anche i 7 ostaggi dai cognomi ebrei selezionati due settimane fa dai pirati. A tarda sera, l'unica cosa certa è che la sorte degli americani è di nuovo incerta. Berrl avrebbe dovuto fare una conferenza stampa alle 11, che si preannunciava importante e -conclusiva-; l'ha poi rinviata alle 15. infine alle 17. Ma non si è presentato, e, ha fatto annunciare clie non vi erano novità. Egli stesso ha detto poi ai soliti giornalisti americani di avere parlato a lungo con il vicepresidente siriano Khaddam, che -negoziati sono in corso- e che «/e cose sono in via di regolamento... Ma non ha fatto previsioni. La confusione è totale nella già caotica Beirut. Il dramma degli ostaggi è ricominciato quando sembrava finito: ieri sera sono stati trasferiti da una scuola di BourJ el-Barajneh, il campo palestinese dove si è combattuto fino a una settimana fa, verso una destinazione ignota. Gli uomini di A mal temono che, dopo la .giornata delle menzogne.., l'inattesa impennata di Berrl possa irritare 1 loro protettori siriani, e squalificarli di fronte all'opinione pubblica mondiale. Ma — dicono confidenzialmente — Berri non aveva altra scelta: un cedimento senza contropartite avrebbe compromesso irrimediabilmente la sua posizione di leader del movimento sciita, infiltrato da oltranzisti. Tito Sansa

Persone citate: Ali Husseinl, Berri, Bush, Chalabi, Nabih Berri