La «legge antimafia» funziona ma è ostacolata dalla burocrazia di Clemente Granata

La «legge antimafia» funziona ma è ostacolata dalla burocrazia I giudici a Palermo discutono sulle difficoltà nell'applicazione La «legge antimafia» funziona ma è ostacolata dalla burocrazia «Confìsche e sequestri anche al mafioso che vive all'estero» - «Bisogna evitare gli eccessi» DAL NOSTRO INVIATO PALERMO — Giugno di un anno fa a Milano. Scatta la più rilevante attività di prevenzione antimafia ideata da quando esiste la legge Rognoni-La Torre contro la criminalità organizzata. Sono confiscati beni immobili per oltre trecento miliardi: è il blitz detto di «Montevirgilio», dal nome del complesso interessato all'intervento. •Ebbene — afferma ora il giudice istruttore milanese Paolo Felice Isnardi — a un anno dalla confisca il provvedimento non è ancora definitivo. E' l'inerzia dell'apparato burocratico che ha impedito di stringere i tempi. Dolo? Colpa? Ma no, più semplicemente è il sintomo di un andazzo generale contro il quale il giudice istruttore, lasciato solo, cerca di combattere coinè può, fin quando può-. Segni d'amarezza che si raccolgono in via Maqueda, nell'Aula Magna di giurisprudenza, presenti gli alti vertici della magistratura palermitana, in un seminario di studi patrocinato dall'Università e dall'Istituto Gramsci che vuole essere bilancio, radiografia delle norme antimafia per eccellenza, approvate nel 1982 sull'onda dello sdegno per l'assassinio Dalla Chiesa. La legge cerca di individuare con il riferimento al concetti di assoggettamento, in¬ timidazione, omertà la natura del fenomeno mafioso e offre strumenti per interventi di prevenzione sulla persona e sul patrimonio dell'individuo sospetto. E' stata utile? Va rivista? Ed è vero, come qualcuno non manca di rilevare, che essa può nascondere qualche filone illiberale? La mafia, per esemplo, non finisce per essere un concetto molto o troppo esteso da comprendere eventi diversi tra loro, dalla criminalità tradizionale di una determinata zona alla lotta tra clan politici che magari potrebbe interessare 11 codice penale per altre ipotesi di reato? Interrogativi che affiorano qui e là nel convegno siciliano. Affiora anche l'ultimo, quello più insidioso, ma riceve anche risposte negative, chiarificatrici: no, la legge antimafia non conduce a fenomeni repressivi indiscriminati. Va migliorata, si, ma non è strumento illiberale. Intanto vediamo qualche risultato nell'ambito sia della prevenzione sia della repressione. Per Palermo il sostituto procuratore generale Vittorio Allquò cita 48B accertamenti patrimoniali dall'82 ad oggi, con 316 richieste di intervento, delle quali 311 accolte e seguite da 177 confische di beni molto rilevanti. Di Milano già si è ricordato il blitz a Montevirgilio. Le attività dell'associazione mafiosa sono consistite nel riciclaggio di denaro sporco per 30 milioni di dollari in tre anni nel «furto, di Immobili e nell'usura. Per Torino 11 giudice istruttore Maurizio Laudi ricorda i 313 imputati di associazione mafiosa, dei quali si occupa l'ufficio istruzione: 297 di essi riguardano l'operazione catanese, dunque la mafia classica, 5 l'inchiesta sui casinò, dunque la presunta «nuova» mafia secondo l'accezione della legge Rognoni-La Torre (come a Genova il processo contro Teardo), gli altri imputati sono sotto giudizio per sequestri di persona. Inoltre nel processo torinese riguardante le estorsioni ai danni del mercato ortofrutticolo già si sono registrate alcune condanne In primo grado per associazione di stampo mafioso. Dice Guido Lo Forte, sostituto procuratore a Palermo: «Primo, fare in modo che confische e sequestri si applichino anche al mafioso dimorante all'estero ma inserito in un'organizzazione criminale italiana e possessore di beni in Italia; secondo, possibilità di esercitare l'azione revocatorta nel caso di cessione, in tempi sospetti, di partecipazioni azionarie; terzo, conservatorie immobiliari che forniscano finalmente dati aggiornati e globalU. Afferma Laudi: «Per guanto riguarda le misure preventive occorre acquisire una nuova organizzazione metodologica. E' questione di mezzi maggiori, è questione di nuova professionalità del poliziotto e del magistrato». E Isnardi: «Per ciò che riguarda il vero e proprio intervento repressivo occorre fare in modo che le indagini di polizia giudiziaria continuino anche durante l'inchiesta del giudice istruttore e che il p.m svolga l'effettiva funzione di accusa anche durante la fase dell'istruttoria formale. Le deleglie continue al giudice istruttore finiscono francamente per essere troppe. E poi, come ho detto a proposito dell'operazione Montevirgilio, le lentezze burocratiche sono esasperanti'. Ma tutto ciò riguarda l'aspetto tecnico della questione. C'è anche, come abbiamo rilevato, un aspetto più generale di politica legislativa con possibili implicazioni anche costituzionali. AI convegno c'è chi rileva: 'Bisogna guardarsi dal rischio di applicare la legge in modo iisinvolto», e chi ribadisce: 'Occorre essere rispettosi del principio di legalità». Sono osservazioni di per sé ovvie. O sottese ad esse c'è qualcos'altro? Una riserva? Una velata accusa? Il seme del sospetto? La questione si pone per 1 procedimenti che non rientrano nello schema tradizionalmente acquisito dall'inchiesta mafiosa (processi casinò e Teardo). E se ne discute al convegno quando sul palco salgono i magistrati liguri che fanno esplicito riferimento al dibattimento contro l'ex presidente della giunta ligure La linea di tendenza che emerge, dopo aver avanzato ogni doverosa cautela trattandosi di un dibattimento in corso, è che accuse di questo tipo non rappresentino di per sé un fatto esorbitante. Clemente Granata

Persone citate: Dalla Chiesa, Felice Isnardi, Guido Lo Forte, Isnardi, La Torre, Maurizio Laudi, Teardo, Vittorio Allquò

Luoghi citati: Genova, Italia, Milano, Palermo, Torino