Due Europe fra iI Duomo e il Castello di Alfredo Venturi

Due Europe fra II Duomo e il Castello Due Europe fra II Duomo e il Castello I Dodici, riuniti nella fortezza sforzesca, non potranno neanche ignorare l'appello dei più bei nomi della cultura continentale - A 400 metri di distanza, i comizi di Albertini, Pflimlin, Tognoli e Spadolini - Una domanda comune: realizzare, subito, il progetto Spinelli - Le Goff, Abbagnano, Burgess: l'integrazione è un fatto ineluttabile - Il poeta Edoardo Sanguineti: «Scongiurare i rischi cui è esposta l'unità culturale» DAL NOSTRO INVIATO MILANO — No, domani i federalisti non cingeranno d'assedio 11 Castello Sforzesco: almeno non troppo da vicino. Volevano 'Chiedere l'Europa», come dice 11 loro slogan riprodotto In migliala di manifesti multicolori, sotto le muraglie della fortezza milanese che ospita il Consiglio europeo. Ma si preannunciavano In troppi: cinquantamila, cosi si son fatte valere le esigenze della sicurezza. Le loro verdi bandiere, 1 federalisti le dispiegheranno un poco più in là, In un luogo altrettanto Illustre: 1 cortei convergeranno non sotto 1 torrioni del Castello, ma sotto le guglie del Duomo. Cinquantamila manifestanti di fronte alle dodici delegazioni europee, dieci più due se si considera la condizione ancora formalmente Imperfetta dei nuovi membri, Spagna e Portogallo. Una base, insomma, che si confronta con il vertice: è la prima volta che questo accade, con slmili dimensioni, nella storia faticosa e tormentata dell'integrazione europea. E anche se l'assillo della sicurezza ha allungato la distanza fisica della base dal vertice, fino al quattrocento metri che separano il Duomo dal Castello, 1 Dieci più Due non mancheranno di avvertire una inconsueta pressione di folla. Cosi come non potranno ignorare la pressione, aristocraticamente selettiva, del più bel nomi della cultura d'Europa, che hanno allineato le loro firme cariche di prestigio sotto un .appello per l'Unione europea». Un appello che del resto trascende l'Unione, considerata In sé .la risposta giusta a un'esigema di fondo dell'età contemporanea». Ma si mira molto più in alto: 'La via del futuro, lucidamente indicata da alcuni grandi spiriti, da Kant a Einstein, è quella dell'unificatone politica del genere umano». Utopia? Ma si può cominciare fin da ora, nei saloni del Castello, 'traducendo finalmente net fatti, in modo irreversibile, la volontà d'unione dei cittadini europei». L'accusa di utopismo, 1 federalisti la subiscono impassibili da sempre. Fin da quando, era il 1957, da una solenne cerimonia in Campidoglio nacque la piccola Europa del Sei: con 1 trattati che istituivano il Mercato Comune e l'Euratom. I federalisti erano contrari, perché volevano ben altro che una unione doganale e un coordinamento delle politiche nucleari: volevano gli Stati Uniti d'Europa. Ma 11 naufragio della Comunità di difesa all'Assemblea nazionale francese aveva Imposto 11 ridimensionamento: si era fatto strada 11 'metodo funzionale». Finalità ridotte, e basate sull'accordo dei governi: nasceva la comunità unanlmlstlca, 11 «mostro dalle sei teste» poi diventate nove, poi dieci, e ormai in procinto di diventare dodici, al quale ora tanti europei dicono basta. Il fatto è che con 11 Parlamento eletto direttamente dal popolo l'idea federalista ha ripreso slancio. Nel primi Anni Ottanta nasce il Club dei Coccodrillo. E' questo il nome di un ristorante di Strasburgo, dove gli eurodeputati federalisti s'impegnano al salto di qualità. E' 11 che nasce il progetto Spinelli: e ora gli Intellettuali ricordano nel loro appello che questo plano, approvato dal Parlamento europeo sedici mesi fa, attende l'esecuzione. In poche parole: più poteri alla Commissione e al Parlamento, sostituzione del voto a maggioranza alla paralizzante pratica dell'unanimità. E' questo dunque che domandano a decine gli uomini della cultura, a decine di migliata 1 manifestanti che si preparano a percorrere Milano: preceduti nei giorni scorsi da un tram che era tutto un arcobaleno di bandiere. I dodici vessilli nazionali, la blancoverde bandiera d'Europa. Aderiscono partiti e sindacati, con le organizzazioni giovanili, enti e associazioni di molti Paesi. «E' probabile — dice Mario Albertini, presidente del movimento federalista — che nessuna manifestazione di massa in Italia abbia inai avuto un consenso cosi universale». Sarà Albertini a parlare in piazza Duomo: dopo Pierre Pflimlin, presidente del Parlamento europeo, dopo Carlo Tognoli, sindaco d! Milano, dopo Giovanni Spadolini, a nome del governo. Fra il vertice riunito nelle sale del Castello, e la base manifestante nelle vie di Milano, due Europe si confrontano. Non necessariamente contrapposte: almeno quattro delegazioni, fra le dieci più due di questo Consiglio. sono profondamente europeiste. L'italiana, le tre che rappresentano 1 Paesi del Bcnelux. Ma devono fare 1 conti con le cautele francesi e tedesche, con le riserve britanniche, con l'ostilità greca e danese. Il risultato: di fronte al generoso sogno unitario, alla richiesta di un'Europa che si scuota dal letargo e affronti 11 futuro come soggetto attivo di storia, la Comunità di oggi non è che una litigiosissima borsa merci. Eppure, dice Jacques Le Goff, 'è ormai necessario esprimere un'Europa della scienza, della cultura, delle arti. Senza questa Europa, l'altra non sarà che un robot senea spirito, senz'anima e senza cuore». Lo storico francese è fra i firmatari dell'appello per l'Unione. Nel marzo di un anno fa, In un conve¬ gno a Venezia sull'Identità culturale europea, affermò la centralità della storia come elemento di questa identità. 'Un'Europa afflitta dall'amnesia, orfana del proprio percorso, senza radici, sarà un'Europa traumatizzata e titubante oppure un'Europa barbara». Ora aggiunge: 'Si rendano conto l governi che il ju. ro dell'Europa coincide c m nuello di tutti t Paesi che ia compongono, che gli interessi nazionali sono rispettabili ma secondari». Bisogna convincersi che questo continente può e deve essere qualcosa di più che un'accidentata propaggine dell'Asia. Il convegno veneziano del marzo '84 diede una risposta affermativa alla domanda degli scettici: ma l'Europa esiste? Eccome, essa esiste 'nel pensiero e nella memoria, nella sensibilità e nell'immaginario di coloro che abitano le sue terre». Del resto, il problema, dice Nicola Abbagnano, non è tanto di credere nell'Europa, quanto di constatare la sua ineluttabilità. 'C'è una civiltà comune, che è poi quella della Oreeia e di Roma, e c'è un immancabile avvenire comune, se l'Europa vuole sopravvivere». II filosofo, anche lui fra 1 firmatari dell'appello, dice che bisogna prendere atto di una realtà oggettiva: 'Cosi com'è, come complesso di Stati separati, l'Europa è destinata a scomparire dalla scena attiva del mondo». Anthony Burgess trova 'naturale, razionale, inevitabile» l'Unione europea. Per questo lo scrittore ha accettato di firmare l'appello del federalisti. .Tuttavia come cittadino britannico vedo qualche difficoltà Burgess ricorda 11 massacro di Bruxelles come sintomo estremo di una estraneità psicologica rispetto al continente. Parla di insularità: «Tonti secoli fa gli inglesi liberarono la loro isola dal sistema continentale, ora paradossalmente il loro problema è ritrovarsi europei». Un problema che non riguarda gli altri britannici: «Per gli scozzesi, i gallesi, i nordirlandesi è diverso». Cambleranno gli inglesi, diventeranno europei? 'Senza dubbio, forse fra un secolo... o magari basteranno cinquantanni...». Un'altra condizione nazionale collegata in modo caratteristico cor, la coscienza europea è quella dei tedeschi. La evoca un altro illustre firmatario dell'appello, Hans Georg Gadamer. 'L'Europa — dice il filosofo di Heidelberg — è stata la grande speranza della Germania: nella situazione terribile, disperata in cui ci siamo trovati all'indomani della guerra, abbiamo individuato nella prospettata unificazione europea una specie di compenso per la divisione del nostro Paese». Purtroppo, aggiunge, agiscono contro l'unione politica interessi specifici, soprattutto in agricoltura. Ricorda il veto con cui proprio 11 suo Paese ha bloccato una proposta d'intervento sui prezzi agricoli: »E' necessario integrare, razionalizzare». Negli ultimi anni, dicono 1 federalisti, l'idea europeista ha fatto breccia fra 1 giovani. Ci saranno molti giovani fra 1 cinquantamila che domani a Milano 'Chiederanno l'Europa». Erano quasi tutti ragazzi i manifestanti che un giorno di maggio di due anni fa andarono all'assalto delle frontiere, le assurde cicatrici della storia. Fu un assalto pacifico, si capisce: a base di volantini irti di cifre: l'organizzazione del posti di frontiera, fu calcolato allora, ci costa tredici miliardi di ecu l'anno, circa diclassettemila miliardi di lire. Non c'è dubbio che queste risorse si potrebbero investire meglio. Tra i firmatari dell'appello per l'Unione europea c'è anche un poeta, Edoardo Sanguineti. 'Come uomo di cultura — dice — credo che l'unione politica scongiurerebbe i rischi cui oggi è esposta una unità culturale che pure esiste, e fuori di ogni retorica appare salda nel complesso». La strada istituzionale è quella giusta: «Non perette scende dall'alto, ma perché verrebbe a sancire il senso di un'integrazione che è già abbastanza radicato nella coscienza generale. Penso al lavoro, al turismo: insomma. l'Europa è sempre più piccola Fra 11 vertice e la base che si confrontano a Milano, a questa Europa sempre più piccola si contrappone l'Europa sempre più intricata degli egoismi nazionali. Ma nonostante le difficoltà e la perdurante vitalità del mostro dalle dieci teste, e le grigie previsioni sul vertice, l'entusiasmo della base europeista è grande. E perfino l'ottimismo: basato sulla constatazione addirittura ovvia che non c'è ostacolo che tenga, alla fine, contro la magnifica necessità, logica e storica, dell'obbiettivo federalista. Alfredo Venturi Lisbona. Il premier Mario Soares (a sinistra) e il suo vice Machete firmano l'adesione del Portogallo alla Cee