Il primo «tutto-Ray» fuori dell'India

D primo «tutto-Ray» fuori dell'India Al Capranichetta di Roma, una rassegna completa del grande regista D primo «tutto-Ray» fuori dell'India L'iniziativa si è aperta con brani di «Satyajit Ray», film sul metodo di lavoro e la cultura dell'artista ROMA — Dallo schermo del Capranichetta, il piccolo cinema romano votato alla programmazione colta, 11 volto di Satyajit Ray ci parla dell'India e del suo regista più rappresentativo. E' una lunga intervista illustrata da brani di film (Satyajit Ray, 1985) con la quale Shyam Benegal ha Inteso rendere omaggio al maestro e indagare 11 metodo e gli antefatti culturali della sua opera creativa. U modo migliore per aprire la personale completa di Ray, visto che lui, malato, non può venire. E' il primo «tutto Ray» fuori dell'India, ideale complemento della mostra appena chiusa a Pesaro, testimonianza itinerante (dopo Roma, la retrospettiva andrà a Torino e a Milano) sull'autore che rivoluzionò nel '58 11 cinema del subcontinente. Da Pater Panchali in avanti uno sguardo nuovo s'è aperto nella cultura indiana e adesso i registi giovani non possono fare a meno di confrontarsi col capostipite, per approfondirne la visione o per contrastarla. In Italia, di Ray si conosce quasi soltanto la trilogia di Apu, anzi quasi soltanto Aparajito che vinse il Leone a Venezia nel '57. Il resto è passato al festival; a Berlino La metropoli (Manhagar) e Donna sola (Charulata) nel '63 e '64; a Cannes La casa e il mondo (Ghare baire) nell'83. Ma la gran parte del film è rimasta in patria e questa occasione di recupero, di scoperta, è importante. Dal Ray «neorealista», In senso morale se non strettatamente formale, al Ray psicologico e intimista, piegato sui personaggi nel momento in cui sono soli come negli accordi di una musica da camera, piegato sul confronto tra illusione liberale e politica popolare come nell'ultimo La casa e il mondo dove una donna è il filtro degli scontri più violenti. S'è parlato molto di Ray tra indiani e italiani ieri al Capranichetta (Miopiche, Chldananda Das Gtupta, Henry Miccio!lo, Marco Muller, Aslilsh Rajayaksha). Riflessioni sul Rinascimento indiano di Calcutta incentrato sul nome del poeta Rablndranath Tagore, di cui Ray fu allievo; meditazioni sul significato di rottura e di sintesi culturale che ebbe quel periodo, la mediazione attraverso cui passò anche la cultura occidentale; indagine sul viaggio in Europa di Ray e sui contatti con Renolr mentre girava nel Bengala /; fiume. E se diclamo che Ray è un classico facciamo torto alla sua natura artisticamente rivoluzionarla? E se diciamo che il tema dei suoi film più recenti è l'onestà confrontata con la corruzione siamo troppo restrittivi? Ci è piaciuto soprattutto l'intervento di Chldananda Das Gupta sui personaggi di Ray nella cultura indiana: un diverso uso del tempo, la convinzione che tutto non si può cambiare, che ogni uomo deve dar valore al particolari, alle cose alla sua misura; s. r. Una scena di «Ghare Baire», uno dei film di Ray in programma nella rassegna di Roma

Persone citate: Gupta, Henry Miccio, Marco Muller, Pater, Satyajit Ray, Shyam Benegal, Tagore