Il giallo del nuovo complice di Guido Rampoldi

Il giallo del nuovo complice Agca introduce nel complotto un personaggio sul quale si indaga Il giallo del nuovo complice Yalcin Ozbey, un turco amico dell'imputato, assoldò in Germania il misterioso Akif di piazza San Pietro - Detenuto all'estero, aveva già raccontato la versione dei quattro terroristi - Ora la procura dovrà stabilire se lé accuse lanciate dall'attentatore del Papa possono far aprire un'altra inchiesta ROMA — Ali Agca ha catapultato nel complotto un nuovo personaggio, 11 suo amico Yalcin Ozbey, sul quale ora Indaga la Procura di Roma. Ozbey avrebbe assoldato quel misterioso «Akif» che mercoledì Agca ha inserito a sorpresa nel resoconto dell'attentato, in una trama che non regge più il peso dei nuovi protagonisti e sta cedendo rovinosamente, udienza dopo udienza, Il sicario sembra depresso e svuotato, ieri ha dovuto perfino ammettere d'aver tentato un ricatto agli Usa con una lettera-trappola all'ambasciata di Roma. SI era presentato al mondo come Gesù Cristo, deve accontentarsi di parti più modeste. Nella lettera, inviata all'addetto militare statunitense il 5 agosto '83, Agca scrisse: «Lei mi disse: Comincia a parlare. E io cominciai a parlare». Perché quella frase? Con pazienza e abilità il presidente della corte ha rivolto ad Agca 17 domande sull'argomento prima di ottenere la risposta giusta: «Si può immaginare (quella lettera) come semplice ricatto per avere gualche appoggio». In altre parole Agca minacciò di coinvolgere gli Usa inventando che l'addetto militare l'aveva imbeccato sulla «pista bulgara». Ma l'ambasciata Usa ignorò l'avvertimento e consegnò al giudice Martella la lettera. La censura del carcere l'aveva lasciato inspiegabilmente passare, forse per colpa di una frettolosa traduzione dal turco. L'ammissione rende Agca ancora meno credibile, perché dimostra che egli fa un uso strumentale della verità,. Sentendo franare il terreno sotto 1 piedi e svaporare le accuse contro gli imputati bulgari, mercoledì e ieri Agca ha reclamato In aula Yalcin Ozbey, detenuto all'estero. Anche Ozbey, quando fu interrogato dal giudice Martella, indicò la «pista bulgara». Quell'interrogatorio rivela che Ozbey era intimo di Agca, ne conosceva tutti gli amici, infine sapeva parecchio, stando alle sue dichiarazioni, del complotto. E' Ozbey a raccontare, allora senza essere creduto, che a San Pietro i terroristi erano quattro. Di tre indica il nome: Agca, Celile e «Aklf», nome di battaglia di Sedat Sirrl Kadem, «membro di una organizzazione comunista". Agca nega che 11 «suo» Akif sia Kadem, che secondo lui si trova in carcere dal 1977. Ancora Ozbey dice: «/o credo che il servizio segreto bulgaro si nasconda dietro l'attentato... Akif aveva dei contatti con il servizio segreto bulgaro. Questo ha controllato ancìie Agca che, per guanto ne so, non aveva i presupposti per xtna collaborazione. Il servizio segreto bulgaro non ha creduto ad Agca». Di «Akif», figura centrale secondo il racconto di Ozbey, Agca non vuole dire nulla. Nega di conoscerne il vero nome, e nell'attentato gli attribuisce il ruolo del terrorista che avrebbe dovuto lanciare le «bombe-panico» tra la folla. Ma adesso che gli attentatori sono diventati tre, non più due, Agca deve conciliare tutto il suo racconto originario con quel terzo, incongruo personaggio, Cosi d'ora in avanti in casa del funzionarlo bulgaro Alvazov non dorme solo Celik, ma anche «Akif». Le cose si complicano quando si arriva al Tir partito dall'ambasciata di Bulgaria alcune ore dopo l'attentato: nel dopplofondo prima dovevano entrare solo Celik e Agca, adesso anche «Aklf». In tre, forse troppi. Problemi nascono anche con l'aritmetica dell'ingaggio, i tre milioni di marchi che secondo Agca sarebbero stati versati dall'Urss ai Lupi grigi: la presenza di «Akif» e di Ozbey nella nuova, ultima versione costringe Agca a rifare i conti, per ridistribuire le parti. Agca infine conferma che nel piano di fuga il funzionarlo bulgaro Vassllev gli ventilò anche l'Ipotesi di utilizzare l'ambasciata della Siria per nascondiglio. Ma poi non sa dire dove si trova la rappresentanza diplomatica, neppure approssimativamente. Il pubblico ministero Marini ha chiesto il verbale dell'udienza di ieri, in relazione alle accuse mosse da Agca ad Ozbey. 'Più di una volta — ha detto il sicario — telefonai da Sofia ad Ozbey che viveva in • Germania. Lo informai dell'attentato da compiere, occorreva che lui scegliesse tra i Lupi grigi una persona da impiegare nell'azione». Cosi Ozbey avrebbe ingaggiato «Akif». «Lo conosceva molto bene 'perché faceva parte del gruppo che trafficava con il contrabbandiere turco Abuzer Ugurlu». Alla Procura di Roma stabilire se Ozbey sia il punto di partenza della nuova inchiesta sull'attentato, o piuttosto se la storia raccontata da Agca non sia l'ultimo fumogeno lanciato in questo processo. Guido Rampoldi