Chi guidò la strage degli armeni? di Aldo Rizzo

Chi guidò la strage desti armeni? IN TURCHIA 70 ANNI FA IL PRIMO GENOCIDIO DEL SECOLO Chi guidò la strage desti armeni? Uno, forse due milioni furono deportati verso il deserto siriano - Dove non bastavano gli stenti, provvedevano i fucili e i pugnali dei soldati - Le memorie di Morgenthau, ambasciatore Usa a Costantinopoli, rivelano i retroscena e smascherano il barone Wangenheim - Fu il rappresentante della Germania il genio malefico del massacro che anticipò il delirio antiebraico di Hitler E Tra la primavera e l'estate del 1915, dunque settanta anni fa, nell'ambito della prima guerra mondiale e delle stragi connesse, ma con caratteristiche specifiche di inumanità e di ferocia, si compi in Turchia il primo genocidio del secolo e forse della storia: quello degli armeni. Impallidiva infatti il ricordo degli Al big e si e del Vespri siciliani, o anche della deportazione degli ebrei dalla Spagna di Ferdinando e Isabella. Furono almeno un milione (ma ora si calcola più due che uno) gli armeni sradicati dalle loro case e dalle loro famiglie e trascinati verso un destino di morte. Solo Hitler, e per certi versi anche Stalin, avrebbero fatto di più e di peggio, dimostrando definitivamente il grado d'infamia di questo secolo. Gli armeni, in Turchia, erano appunto due milioni, antica Isola cristiana nel mare ottomano. Per la loro 'diversità» (che si era espressa anche in una maggiore e più sofisticata capacità di lavoro e di profitto, rispetto allo standard turco) avevano conosciuto più volte la stretta repressiva delle autorità imperiali. Solo vent'anni prima, il sultano Abdul Hamid ne aveva sterminati almeno .200 mila, provocando lindignazione di Gladstone, che lo definì pubblicamente «un grande assassino*. Ma quello che accadde nel 1915 fu qualcosa di diverso (fra l'altro ad opera dei Giovani Turchi, che avevano conquistato il governo del vecchio impero nel nome della democrazia e della modernità). Fu una strage pianificata e sistematica, ai danni di un popolo Intero: un primo caso di ^soluzione final;* di una questione etnico-religiosa. Degli armeni e delle loro tragiche vicissitudini si era tornati a parlare, ultimamente, per una serie. di motivi. Due anni fa, a Losanna (cioè nella stessa, città in .CJfL nel 1923, le potenze occidentali seppellirono il sogno di un'Armento Indipendente, o meglio lo sacrificarono alle esigenze della »pace» europea) si riunì ti Congresso mondiale armeno, in rappresentanza di tutti i connazionali e correligionari sparsi per il mondo. Contemporaneamente, c'è stato l'esodo verso Cipro e la Grecia della piccola, ma compatta comunità armena del Libano, travolta anch'essa dal caos di quell'altro, tragico Paese. Infine sono ricorrenti le notizie di azioni armate, e diciamo pure terroristiche, di estremisti armeni contro i turchi all'estero, una vendetta che non aiuta nessuno, ma che il Congresso di Losanna, a dimostrazione di quali abissi di odio dividano ormai i turchi e gli armeni, dichiarò di 'Comprendere-. Ora dalla Francia giunge un libro che permette di esplorare quegli abissi da vietno e di farsi un'idea precisa di che tipo di tragedia si con suino, settant'annl fa, al con fini tra l'Europa e l'Asia, nel la vasta area tra il Mediterraneo e il Mar Caspio. Si tratta delle memorie di Henri Morgenthau, che fu ambasciatore americano a Costantinopoli dal 1913 al 1916. Pubblicate nel 1918 negli Stati Uniti e subito dopo in Francia, esse era no ormai completamente dimenticate. La diffusione dei documenti dell'epoca da parte ,d^l,J>ipartimento di Stato ha fornito l'occasione, a un editore francese, per ristamparle- (Henri Morgenthau, Mémoires, Flammarion). In Francia, occorre aggiungere. vive la più grande comunità armena europea. Dirò subito che è un libro straordinario, e non solo come testimonianza della tragedia armena. Prima ancora, è un grande racconto della Costantinopoli degli ultimi anni dell'impero, fra gli estremi sussulti di una potenza ormai dissanguata e gli intrighi di una nuova classe dirigente (i Giovani Turchi) già dimentica delle promesse democratiche e avida di privilegi. Su questo sfondo, gli intrecci della diplomazia mondiale, alla vigilia e ai primi foschi albori della Grande guerra: perché Costantinopoli, la futura Istanbul, voleva dire il Bosforo e i Dardanelli, e sul controllo degli Stretti, in funzione antirussa, gli Imperi centrali giocavano una partita cruciale. La Germania, soprattutto, che aveva progressivamente fatto, del nuovo e velleitario governo turco, un vero vassallo. Morgenthau era, d'origine, un ebreo tedesco e subito vide nel suo collega di Berlino, il barone Wangenheim. il genio malefico della situazione. Fino ad attribuire a questo personaggio sinistro e a suo modo affascinante («un super-allemand à Constantinop\e») la paternità, come dire, strategica di quello che sarebbe poi stato il massacro degli armeni. Infatti sembrava a Morgenthau che fosse poco 'turca» una pianificazione tanto sistematica dell'annientamento di una minoranza, benché ai turchi non facesse certo difetto la crudeltà, e che solo una mentalità 'tedesca» avesse potuto concepirla (singolare anticipazione, fra l'altro, del delirio »genocida» di Hitler). Sta di fatto che, nell'eccitazione per i primi insuccessi alleati nei Dardanelli, considerati a torto premessa di vittoria, e di rivincita sullo smembramento dell'impero, il governo di Costantinopoli, dominato dai 'giovani turchi» Talaat e Enver, grandi amici di Wangenheim, meditò la 'soluzione finale» della questione armena: come misura preventiva di turbolenze etniche, potenzialmente filorusse, in quello che doveva essere il 'nucleo duro» della nuova grandezza ottomana. In realtà si scatenava, su una scala senza precedenti, un patrimonio storico e quasi genetico di odio razziale e d'in tolleranza religiosa. Il piano di sterminio previde la deportazione degli armeni, da qualunque città in cui abitassero, e qualunque posizione occupassero, verso il deserto siriano: con l'idea, ciò che più conta, di farli morire per strada. E dove non bastavano le fatiche e gli stenti, provvedevano i fucili e l pugnali dei soldati turchi. La rete di uffici consolari, di cui gli Stati Uniti disponevano in tutto il Paese, e la testimonianza dei missionari cristiani, permisero a Morgenthau, rimasto l'ultimo rappresentante di una potenza neutrale, di rendersi conto della tragedia e. dopo aver fatto il possibile per contenerla, di raccontarla al mondo. Il suo racconto, e i documenti che ora lo integrano, sono un romanzo dell'orrore. Un romanzo vero. Gli armeni, oggi, sono circa sei milioni. Tre vivono nell'Urss, nella Repubblica socialista armena, in quella che era la vecchia Armenia orientale. Gli altri tre sono sparsi per ti mondo. Quelli che vivono nell'Urss hanno il vantaggio di vedersi riconosciuta un'identità nazionale, ma nell'ambito duro dell'autocrazia sovietica. Il Kgb controlla implacabilmente che l'identità armena non sfoci nel nazionalismo o, peggio, nel separatismo. Quelli che vivono fuori dell'Urss sono integrati nelle varie società nazionali, quando lo sono. Nessuno ha dimenticato. I più giovani, o alcuni fra loro, sono tentati dal terrorismo, aggiungendo tragedia a tragedia. La comunità internazionale, d'altro canto, li Ignora. Fra contenziosi economici, conflitti ideologici e guerre stellari, chi si ricorda dell'Armenia? Quanto alla Turchia, ha sempre negato ogni responsabilità, anche quando governi democratici hanno preso il posto dei militari. Inoltre è diventata un bastione della Nato. Ma ha scritto Le Monde recentemente; «Se non si può', per equanimità, considerare la Turchia attuale responsabile di un crimine commesso settant'annl fa, non si può neppure accettare il travestimento o la negazione pura e semplice del fatti». Chi avrà il coraggio di riaprire, a fini di pace e non di vendetta, il 'dossier armeno»? Aldo Rizzo ■EH Così I'(Illustrazione italiana» raffigurò il massacro di 200 mila armeni in Turchia ordinato dal sultano Abdul Hamid nel 1895: vent'anni dopo sarebbe stato il loro olocausto