Venne, vide e relazionò

Venne, vide e relazionò LA LINGUA CHE PARLIAMO: INVENZIONI DI SCRITTORI Venne, vide e relazionò Leggiamo nel romanzo di un autore contemporaneo. Luigi Santucci: *In quel suo innocente slinguottare la Pia aveva due registri, secondo che parlasse col parroco o con la gente mortale e peccatrice del borgo». Il linguista, ma certo anche il semplice, comune lettore che voglia rendersi conto di quello che legge non può fare a meno di arrestarsi un momento su quello slinguottare, evidente derivato di lingua a designare il molto parlare, il chiacchierare di una linguacciuta, visto come continuo movimento della lingua che, non per nulla, è considerata, fra tutti gli organi della fonazione, come 11 più mobile. L'autore avrebbe potuto usare spettegolare ma non avrebbe raggiunto l'intensità del neologismo slinguottare che non sì trova nei vocabolari, che sono sempre arretrati (ed è ben naturale) rispetto all'incessante evolversi della nostra capacità di esprimersi, tanto è vero che l'immobilità assoluta. In un fatto vivo come il linguaggio, non si può mai raggiungere. Prendiamo un altro passo dello stesso autore: «£ dopo quelle litigate s'aggrappava alle corde e si sfogava a strapassare le campane; in musica Demo (si tratta di un personaggio del romanzo) doveva accettare la sua bestievolezsa». Quest'ultima parola, bestievolezza, è derivata da bestievole, riportato dai Dizionari del Tommaseo e del Battaglia con un solo esemplo antichissimo e dato per morto, a causa, possiamo aggiungere, della concorrenza vittoriosa di bestiale, col derivato bestialità, tutti e due ancora in uso. Ebbene, a me pare che bestievolezza nel contesto citato stia benissimo e non importa davvero se manca nei vocabolari. Passiamo ad un altro autore, Leonardo Sciascia, che in un suo volume, usa voci e locuzioni del tutto nuove eppure immediatamente comprensibili: per esempio netturbe per «nettezza urbana» o coppia matrimoniata in cui è presente il recupero di una voce antica, il verbo matrimoniare dato come desueto dai vocabolari. Di più complessa interpretazione è il verbo finale nella frase: «rVc-n sappiamo quello che ci capiterà prima che scuri», in cui è da vedere una voce del verbo scurare fin qui ignoto perché è da escludere uno scurire che avrebbe dato o uno scurisco o un impossibile scura. Anche afforcare per «impiccare» è una felice riesumazione e fa venire in mente la terribilità di Olovan Battista Vico: «/ plebei sollevati dovettero afforcare i nobili», mentre compagnoneria «qualità di compagnone» con un'implicita connotazione di allegria e di sguaiataggine è termine ignoto ai vocabolari che hanno solo compagnone. Qualche volta l'uso della parola è ironico. Io sono sicuro che Sciascia non userebbe mai in contesti normali il verbo relazionare per «fare una relazione»; eppure, quando parla di una commissione venuta per lo studio dei monumenti arabo-normanni scrive: »E venne, vide e relazionò» in cui c'è quel burocratico e beffardo relazionò che richiama, nella stessa posizione sintattica, 11 cesariano vinsi in «Venni, vidi, vinsi». L'aggettivo omertoso di «omertà» ha una sua originale impronta e non risulta usato da altri autori. A volte Sciascia pare entrare nel merito come quando, visto in un manifesto le due parole messe una accanto all'altra lotta e governa, si chiede: 'Nascerà il verbo lottagovernare?.. Si tratta di pochi esempi ma sono spie di un modo originale di elaborare la lingua. Del resto Sciascia innova, anche se in modo meno diretto, nella sintassi. Leggiamo: • Ma non sai che siamo inseguiti? Non sai che forse ci ha veduti entrare in tua casa?». Vi è forse una spiegazione (al di là di un poco probabile uso dialettale) della posizione del tua che precede. Invece di seguire, cosa. Si racconta, in quel passo, di due cristiani che vanno ad avvertire San Paolo di essere inseguiti e di temere per lui. Ebbene, anche 11 resto del brevissimo racconto (poche righe) è anomalo rispetto alla sintassi corrente. Cosa abbiamo voluto dire con le nostre osservazioni? Che gli scrittori di razza lasciano un segno, sia nell'uso e, a volte, nella creazione delle parole, sia nel modo di disporre 11 periodo, che rivela, come un'impronta digitale, la loro personalità. Tristano Bolelli

Persone citate: Battista Vico, Demo, Leonardo Sciascia, Luigi Santucci, Sciascia, Tommaseo, Tristano Bolelli

Luoghi citati: San Paolo