Eisenstein e la Valchiria bolscevica
Eisenstein e la Valchiria bolscevica I TESTI DEL GRANDE REGISTA PER LA MESSA IN SCENA DELL'OPERA Eisenstein e la Valchiria bolscevica Il 21 novembre 1940 va in scena al Teatro Bolscioi di Mosca la Valchiria di Richard Wagner con la regia di Sergci M. Eisenstein. E' una messinscena grandiosa, per certi aspetti macchinosa, indubbiamente originale e «cinematografica», che tuttavia non tiene il cartellone che pochi giorni Si era nel clima di attesa, di relativa tranquillità, che il patto di non aggressione tra la Germania hitleriana e la Russia staliniana (siglato nell'agosto 1939) aveva prodotto. Un'Unione Sovietica non certo filonazista, ma tuttavia estranea, almeno per il momento, alle contese belliche occidentali; indifferente, almeno per il momento, alle mire espansionistiche di Hitler. Un clima che durerà all'incirca un paio d'anni, e verrà bruscamente interrotto nel giugno 1941 con l'invasione della Russia da parte dell'esercito tedesco. Su questo sfondo di tiepida alleanza, di discreta condiscendenza, la rappresentazione nel maggior teatro moscovita di una delle maggiori opere wagneriane (opportunamente recuperate alla causa nazista), sotto la guida del maggior regista cinematografico sovietico, non poteva che assumere un significato simbolico: una sorta di consacrazione artistica d'una generica fratellanza di popoli e di culture. Ma le cose non andarono com'era previsto. Non soltanto la messinscena di Eisenstein richiedeva una serie di accorgimenti tecnici che le maestranze del Bolscioi non furono in grado di realizzare pienamente — con disappunto del pubbli¬ co e della critica —; ma l'intero impianto scenico della rappresentazione contraddiceva, per impostazione ideologica, l'interpretazione nazisteggiantc della musica wagneriana, allora e anche in seguito piuttosto diffusa. Tanto che l'ambasciatore tedesco, presente alla prima, rimase molto deluso dèlio spettacolo — stando a ciò che riferi un testimone — e disse che si trattava di «una rappresentazione bolscevica». Che il diplomatico nazista non avesse forse torto e che la concezione registica di Eisenstein seguisse un progetto ideologico e politico in sintonia con i suoi film precedenti e con quel capolavoro. Ylvan il Terribili; che di li a qualche anno avrebbe realizzato, ce ne dà ora conferma il bel libro curato da Pier Marco De Santis per le edizioni Discanto (S. M. Eisenstein. Ixx messinscena della Valchiria), che raccoglie e pubblica i testi e i disegni cisensteiniani relativi a quello spettacolo. Ed è proprio Eisenstein, in un ampio saggio intitolato L'incarnazione del mito, scritto nel 1940, che bene definisce i caratteri del suo lavoro su Wagner', sulla Tetralogia in generale, e sulla Valchiria in particolare. Un saggio che analizza a fondo le concezioni estetiche e politiche wagneriane, cercando di metterne in luce gli clementi passibili d'una enunciazione artistica concreta. 11 passaggio dall'ideazione dei personaggi e della storia — con abbondanti e dichiarati rimandi alla mitologia germanica — alla loro realizzazione musicale. In questa prospettiva ermeneutica, Eisenstein scrive che «la figura di Wotan è in Wagner una figura tragicamente asservita: le forze vivificanti della natura, della volontà e del pensiero dell'umanità sono incatenate. Incatenate alla maledizione di un ordine sociale inumano». E aggiunge: «Dilacera questo un dissidio dell'animo, inscindibilmente connesso alla maledizione dell'"anello", alla maledizione della proprietà. Ed i in questo che Wagner vede l'essenza del dramma dello spirito umano del proprio tempo, roso da quella maleficissima contraddizione; e solo in un futuro remoto, su un terreno che bisogna prima far pulito col fuoco della rivoluzione, egli riesce a figurarsi una soluzione di questa contraddizione». A sfogliare queste pagine intense, - quasi incandescenti d'ardore creativo, a guardare questi disegni e questi schizzi geniali; anch'essi quasi incandescenti, a immaginarsi lo spettacolo con l'ausilio di qualche fotografia illuminante, si ricava l'impressione che Eisenstein abbia voluto, con la messinscena della Valchiria, mostrare la rivoluzione in atto, caricare i suoni, le parole, le immagini, d'una tensione autenticamente rivoltosa. Il dramma degli uomini e degli dei come dramma d'una umanità in marcia verso il regno della giustizia e della libertà Ma questa rivoluzione in atto è percepibile solo attraverso la musica. «E' contro queste forze — scrive Eisen Stein — che lotta il giovane Wagner rivoluzionario, in modo più attivo che proficuo; ma è solo il Wagner musicista che riesce a riportare una vittoria su di esse». Sicché mettere in scena la Valchiria, come l'intero ciclo della Tetralogia, significa in certo modo «visualizzare» la musica, comporre uno spettacolo in cui la vista è una sorta di dilatazione dell'udito. Personaggi e costumi, scenografie e movimenti scenici devono diventare essi stessi musica, devono calarsi totalmente in una dimensione sonora di cui rappresentano gli elementi tangibili. Perché «questa musica — scrive ancora Eisenstein — vuote essere visibile, ottica. E la sua visibilità dev'essere nettamente delineata, tangibile, atta a soventi mutamenti, materialei). La geniale scenografia della Valchiria, con il grande anello iniziale, l'immenso albero mediano, e il titanico scontro finale di monti e vette semoventi, pare veramente dare concretezza, visività, alla musica di Wagner. Sembra di assistere alla nascita e alla affermazione d'un mito, sembra di essere coinvolti e quasi travolti da una potenza autenticamente titanica; ma, al contempo, sembra anche che.sorga, fra il turbinio dei movimenti e dei suoni, il dramma dell'uomo, calato nella sua dimensione terrena, concreta, umanissima. Come scrive Eisenstein: «La nostra incarnazione scenica, al pari della musica e del soggetto, saprà ridestare negli abissi della nostra coscienza quegli strati dove ancora attecchisce saldamente la mentalità figurata e poetica, sensoriale e mitologica; poi una volta destatili, li faremo vibrare nel tono della possente musica wagneriana». Al di là dei limiti dell'esperimento, delle difficoltà tecniche, forse di qualche ingenuità, non v'è dubbio che la Valchiria di Eisenstein si propose come modello d'Un futuro teatro musicale, in cui la musica si doveva (incarnare» nello spettacolo, e lo spettatore, attraverso questa incarnazione scenica, poteva : attingere al contenuto più autentico della composizione. Ma questo esperimento teatrale fu anche, per Eisenstein, la grande prova per la realizzazione di quell'arte totale, d'origine prettamente wagneriana, che per lui doveva essere il cinema. In questo senso, la messinscena della Valchiria può essere interpretata come l'introduzione, teorica e pratica, del suo capolavoro, 17vfl« il Terribile, rimasto incompiuto a causa della sua morte prematura, a soli cinquantanni. Gianni Rondoltno C. Grillini : «Wagner come Sigfrido» (1879) particolare
Persone citate: Del Grande, Eisen, Grillini, Hitler, Pier Marco De Santis, Richard Wagner, Stein
Luoghi citati: Germania, Mosca, Russia, Unione Sovietica
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