Ruggeri, pennellate di fuoco di Angelo Dragone

Ruggeri, pennellate di fuoco MONZA IN 61 OPERE RIPROPONE UN EX «MAUDIT» Ruggeri, pennellate di fuoco DAL NOSTRO INVIATO MONZA — Un'accurata selezione di 52 dipinti e 9 finissimi disegni a pastello — dall' Omaggio a Charlle Parker e dal rosseggiante Uomo nella Cattedrale del 1957 ai Neri degli ultimi mesi — ripropone sino al 30 giugno, nella Villa Reale di Monza, l'opera di Piero Ruggeri: giovane maudit nella Torino dei primi Anni 60, che riconferma il significato esistenziale d'una pittura in cui colore e luce operano da sempre a contatto d'una materia quasi magmatica. Ruggeri stesso, nel parlare con Marco Rosei che, con Paolo Biscottini, lo presenta in catalogo, offre le coordinate della sua posizione: -Fra i compagni di strada, soprattutto Saroni e, terzo del gruppo, Soffiantlno, riconoscendo subito alle nostre spalle il debito con la rottura operata nella Torino casoratiana, da Spazzapan e Moreni». E' significativo che accanto ad alcuni nomi di critici dai quali s'era visto seguire con particolare attenzione, da Carlucclo a Valsecchi e Arcangeli, indichi come -fondamentale la "presenza ", in opere e pensieri e una sorta di vocazione socratica, di Albino Galvano»: Implicita conferma del valore morale, di -coscienza moderna», che per lui dovette fin da principio assumere l'impegno pittorico. Attraverso l'esperienza dell'Informale, era riuscito a ricollegare l'eredità della ten¬ sione realistica del secentismo europeo (interpretato dal Caravaggio e da Rembrandt) all'attualità d'una ricerca visiva maturata tra il vecchio e il nuovo Continente, con De Kooning e de Stael, ma anche con Tobey e Rlopelle. Il rapporto con Bacon s'era poi risolto ai limiti d'una crisi. Scrisse allora Arcangeli: -Ogni giorno della sua arte era, cosi, un giorno di fuoco». Nel gesto dell'action pain-, ting Ruggeri venne in seguito recuperando una struttura ancora capace di offrire una raffigurazione: sontuosa e violenta insieme, tutta pie¬ tre, rovi e cenere, In un saettare di luci, tra gli estremi assoluti del bianco e^ del nero, dove erano venuti ad affacciarsi i rossi più eccitati e blu di rara intensità, mentre l'artista veniva ormai a riaffacciarsi sul versante d'un naturalismo tutto da riscoprire nella sua cromatica sensualità. Ecco allora la materia farsi profondamente elaborata ed incisa dalla pennellata. Ma colpisce, soprattuto l'affiorare, sotto, il roveto, della luce riflessa, da un vecchio muro di Battaglioni, la residenza in cui fin dal 1971 Ruggeri si è ritirato, tra 1 boschi sopra i laghi di Avlgllana. per maturare nella casa dei suoi vecchi le ultime forme linguistiche — tra le quali anche alcune più compiaciute esibizioni d'un edonistico virtuosismo che potè far temere una involuzione subito rientrata — sino ai nuovi approdi. I Muri, appunto: dopo i grandi paesaggi, da Mattino d'fiutunnoa. Lo stagno, con la sua frantumata struttura segulca persino vibratile, da Fiamme sul paesaggio al Grande paesaggio nero il cui fondo ha già tutta la ricettività del muro (quasi «letto» profondo nel quale l'impeto creativo abbandona i propri gesti si da evitarne lo straripamento). Di fronte ai Aferi non manca nel visitatore un moto di sconcerto, anche se tra l'opaco (assorbente) e il lucido che riflette la luce, la sensazione che vi sia dell'altro ne accresce la stimolante attrattiva. Si comprende poi come il senso loro vada cercato oltre la bidimensionalità del quadro. Non per nulla Rosei li chiama -bassorilievi pittorici». E' infatti proprio nella loro tridimensionalità che vanno letti, esplorandoli a luce radente:, sino a cogliere in ogni animata modulazione plastica il vigore costruttivo di un autentico visionarlo. In quel A'ero non si vedrà allora alcunché di luttuoso, ma 11 rifiuto di ogni evasione, con l'esigenza di farne insieme il luogo dell'arte e della vita. Angelo Dragone

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