Centinaia i parenti dei pentiti Come è possibile proteggerli? di Claudio Giacchino

Centinaia i parenti dei pentiti Come è possibile proteggerli? Vasta eco all'allarme lanciato dai magistrati torinesi Centinaia i parenti dei pentiti Come è possibile proteggerli? Il dott. Marzachì: «Non si potrà difendere tutti, si faccia almeno qualcosa per chi è più esposto» «Chi collabora con la giustizia deve essere ucciso; non potendo colpire lui, al sicuro nelle caserme, colpiamo i suoi parenti^. Cosi, col meccanismo della vendetta trasversale, la mafia cerca di paralizzare il fenomeno, nuovo per la sua storia, dei pentiti. Sono già numerosi gli omicidi di persone colpevoli solo di essere famigliari di quanti, dopo una vita di delitti, si sono schierati dalla parte della legge. Se le vendette mafiose non saranno evitate, ci si troverà di fronte ad una strage di innocenti e nella lotta alla delinquenza organizzata le forze dell'ordine e la magistratura saranno private dell'apporto insostituibile dei pentiti. L'allarme, lanciato l'altro ieri dai giudici torinesi impegnati contro il grande crimine (-Oggi lo Stato non può assicurare protezione, non vi sono segnali clic indichino una soluzione positiva del problema-) suona come accusa all'immobilismo del potere politico. Ma l'allarme propone anche l'interrogativo: come difendere i parenti dei pentiti? E' davvero possibile provvedere all'incolumità dì migliala di persone? Solo nelle inchieste che la procura della Repubblica e l'ufficio istruzione di Torino stanno conducendo contro la mafia e la 'ndrangheta calabrese, i pentiti sono decine. Ciascuno ha moglie, figli, fratelli, sorelle, genitori, zii, cugini, nonni: tutti potenziali bersagli dei klllers, anche quelli con un grado di parentela piuttosto lontana, come dimostrano le ultime vendette. Inoltre, potenziali bersagli sono i testimoni (una marea) che dovranno essere sentiti nei processi. «Logico — diceva ieri 11 procuratore aggiunto Marzachì — che mai si potrà assicurare difesa a tutti, di vittime ce ne saranno sempre. Ma, almeno per l congiunti più esposti, occorrerebbero provvedimenti sul modello americano: cam- bio d'identità, denaro, un nuovo lavoro e sistemazione in altra città, a tutto provvede lo Stato. Finché però Roma non manifesta la volontà di affrontare questo problema e quello di una legislazione precisa sui pentiti, la situazione è destinata a peggiorare-. Una situazione complessa, ancora più ingarbugliata da sorprendenti disparità di vedute tra gli addetti ai lavori. Ad esemplo: per la magistratura torinese l'ultimo assassinio (Ignazio Strano, cugino del superpentito Salvatore Parisi, ucciso mercoledì a Catania) e l'ultimo ferimento (Antonio Glesic, lontano parente del pentito Tonino Saia) sono vendette trasversali. Per gli inquirenti siciliani, no: 'Macché vendette. Il delitto è un regolamento di conti, il ferimento una punizione per faccende di corna-. Dicono gli avvocati Savino Bracco e Alfredo Paola, difensori di Parisi e Saia: «I nostri clienti, sin dal primo giorno del pentimento, sapevano dei perìcoli al quali con la loro scelta esponevano i propri cari, hanno sempre manifestato ai giudici il timore delle vendette. I politici debbono intervenire con urgenza e non abbandonare i pentiti. Essi devono essere tutelali senza però essere privati della possibilità di incontrare le loro famiglie-. Claudio Giacchino

Persone citate: Alfredo Paola, Antonio Glesic, Ignazio Strano, Marzachì, Parisi, Saia, Salvatore Parisi, Savino Bracco, Tonino Saia

Luoghi citati: Catania, Roma, Torino