Il club delle atomiche fantasma di Aldo Rizzo

Il club delle atomiche fantasma L'allarme di Rajiv Gandhi per il Pakistan riporta d'attualità il problema: quanti Paesi hanno la bomba? Il club delle atomiche fantasma A quasi 40 anni dal tragico inizio (con Hiroshima) dell'era nucleare, i possessori effettivi o potenziali dell'arma sono ormai numerosi - L'elenco: Delhi (un'esplosione «pacifica» nel '74), Islamabad, Gerusalemme, Brasilia, Buenos Aires, Pretoria, forse Teheran e Tripoli - Non occorre sperimentazione, la capacità teorica consente di fabbricare l'atomica in poche ore Prima di farne il tema centrale dei colloqui di Washington con Reagan, Rajiv Gandhi ne aveva parlato alla fine di maggio a Mosca con Qorbaclov: l'India è fortemente preoccupata perché il Pakistan, suo tradizionale rivale nel subcontinente, è ormai ..molto vicino» al possesso della bomba atomica. Questo •cambia completamente l'equilibrio militare- in Asia. Per nulla al mondo l'India .consentirà che la sua integrila e la sua sicurezza siano messe in discussione». Cosi disse Gandhi In una conferenza stampa. Le superpotenze erano avvertite, e specialmente quella' che intrattiene col Pakistan rapporti di alleanza, cioè gli Stati Uniti. Ma l'India non ha già la bomba atomica? E non è per reazione ad essa che 11 Pakistan è arrivato alla decisione di fabbricarsi la sua? Secondo Gandhi, l'esplosione sotterranea del 1974 (che sua madre Indirà definì «paci/ico», facendo sorridere 11 mondo intero) non ha avuto alcun seguito pratico. Cioè, l'India ha da undici anni la capacita di fabbricare la bomba, ma si è astenuta dal farlo. Camblerà idea se il governo di Islamabad non sarà convinto da Reagan ad astenersi a sua volta. Mentre si approssima il quarantesimo anniversario dello scoppio di Hiroshima (6 agosto 1945), che apri ufficialmente e tragicamente l'età nucleare, il tema della diffusione delle armi atomiche ritorna di grande e grave attualità. E non solo a causa del Pakistan, e delle possibili reazioni dell'India. Segnali crescenti di pericolo vengono da altre parti del mondo. Da Israele. Dal Sud Africa. Dal Brasile e dall'Argentina. Sia pure in una chiave fortunatamente più ipotetica, persino da Paesi «rivoluzionari», come l'Iran e la Libia. Formalmente, nell'ultimo decennio non è successo nul- la di grave. Il «club atomico» non si è allargato. Dopo l'esplosione «paci/Ica» indiana nel deserto del Rajasthan, nessun altro Paese ha compiuto esperimenti nucleari. I soci ufficiali del «club» restano, oltre agli Stati Uniti e all'Unione Sovietica, la Gran Bretagna, la Francia e la Cina, con l'appendice ambigua dell'India. Ma la realtà è diversa. Gli sviluppi della tecnologia e l'accresciuta possibilità di accedervi, anche da parte di Paesi «marginali» rispetto alle grandi potenze industriali, fanno si che non sia più necessaria la prova del fuoco (è 11 caso di dirlo) della prima esplosione sperimentale. Oggi un Paese può considerarsi ragionevolmente sicuro di avere acquisito la capacità nucleare sulla base di una verifica teorica del calcoli compiuti e del materiali Im¬ piegati. Cosi diventa, In una certa misura, secondario il fatto di avere fabbricato o no, in senso materiale, la bomba. Questa può essere una questione di giorni, o addirittura di ore. E, nello stesso tempo, non ci si espone alle accuse esplicite e Indiscutibili del mondo esterno. Il settimanale americano Time, che ha dedicato recentemente una lunga inchiesta ai pericoli della proliferazione nucleare, definisce questi Paesi, potenzialmente od oggettivamente in possesso della bomba, .phantom proliferators»; e si sa che phantom vuol dire fantasma. Oltre al Pakistan, almeno Israele e il Sud Africa rientrano In questa categoria. Il Pakistan, appunto, respinge le accuse di Rajiv Gandhi, e sostiene che le sue ricerche nucleari sono tutte rivolte a scopi industriali. Ma lo Stato Islamico non possiede reattori a uso energetico civile, mentre è riconosciuta da tutti gli esperti Internazionali la sua alta capacità nelle tecniche dell'arricchimento dell'uranio naturale (cioè della capacità dell'uranio di subire la fissione nucleare, che porta all'esplosione). E nessun reattore civile, come l'impianto di Kahuta, a una quarantina di chilometri da Islamabad, è circondato da un triplice sbarramento di reparti speciali, artiglieria e missili terra-aria. Il centro di Kahuta fu costruito nel 1976 per Iniziativa dell'allora presidente Ali Bhutto, che era ossessionato dall'esplosione Indiana del 1974, cosi come Rajiv Gandhi lo è ora dalla prospettiva della bomba pakistana. Bhutto fu rovesciato un anno dopo dal militari di Zia ul-Haq, e poi fatto impiccare; ma non fu rovesciata la sua politica nucleare, anzi, fu ulteriormente sviluppata. Fu invece interrotta una singolare collaborazione, in questo campo, tra il governo di Bhutto e quello di Gheddaft, che aveva cospicuamente finanziato 11 cosiddetto .Progetto 706.. Da notare che Bhutto era un laico, e in senso relativo un democratico, rispetto a Zia, il quale però non aveva In simpatia Gheddafl. Questi, secondo Time, dopo l'impiccagione di Bhutto si è rivolto al Belgio e all'Argentina, senza particolare successo anche per l'intervento degli Stati Uniti; infine, ha avuto un reattore di ricerca dall'Urss, che tuttavia ne detiene il controllo diretto. Israele. Anche lo Stalo ebraico ha, ufficialmente, un reattore di ricerca, quello di Dimona, nel deserto del Negev, costruito dai francesi. In pratica, disporrebbe già di tredici bombe pronte, e, secondo la rivista specializzata americana Aerospace Daily, di missili attrezzati a lanciarle, sia dal Negev sia dalle alture del Golan. Non è chiaro se Israele sia anch'esso un «fantasma della proliferazione» o se, come l'India di Indirà, abbia compiuto un solo, ma decisivo esperimento. Nel stbcumrcIelllfrtR settembre del 1979, un satellite-spia americano registrò un bagliore nel Sud Atlantico che poteva essere la luce di una «piccola» esplosione atomica. Poteva essere un esperimento sudafricano o uno congiunto del Sudafrica e di Israele (un'amicizia scomoda e mai ammessa oltre un certo limite, ma 11 Sud Africa ha l'uranio e Israele ha la tecnologia: un'altra prova che differenze profonde possono arrestarsi o attenuarsi di fronte a un'autentica o supposta Realpolitik). Delle capacità atomiche israeliane si è comunque riparlato nelle ultime settimane per una ragione specifica, cioè per il trasferimento clandestino dagli Stati Uniti in Israele di alcune centinaia di piccoli aggeggi altamente sofisticati, chiamati in Inglese krytron, che, Inseriti nell'ordigno nucleare, ne fissano il tempo di deflagrazione. C'è stata un'inchiesta giudiziaria a Los Angeles che ha coinvolto un uomo d'affari israeliano, Arnon Mllchan, il quale avrebbe ottenuto 1 krytron dalla ditta produttrice, nel Massachusetts, attraverso complicati canali. Il ministero della Difesa di Gerusalemme, chiamato In causa, si è offerto di restituire un certo numero di questi aggeggi, sostenendo che comunque gli altri non servono alle bombe atomiche, che Israele ufficialmente non possiede, ma come timer di esplosivi convenzionali (una storia analoga si è significativamente ripetuta col Pakistan, per 50 krytron, tramite un cittadino di Islamabad, Nazim Ahmed Vald, arrestato a Houston e poi espulso dagli Stati Uniti, secondo un articolo della Washington Post; e anche il governo pakistano ha parlato di timers convenzionali). Sono episodi specifici di una storia grande e potenzialmente molto drammatica, che interessa il mondo Intero e non solo le aree delle rivalità «regionali» (il Medio Oriente, l'Asia meridionale, domani l'America Latina, e cosi via). Sul phantom proliferators non c'è identità di vedute: se gli esperti di Time giudicano che è comunque positivo che non si sia più proceduto, dopo il 1974, a esplosioni sperimentali, almeno dichiarate, l'Economia di Londra considera l'acquisizione silenziosa della capacità nucleare una ««pericolata partita di poker* nella quale .il bluff può avere anclve troppo successo-, nel senso che, senza aspettare, o non essendoci più la possibilità di una verifica evidente, la controparte corre ai ripari, cercando a sua volta disperatamente una copertura nucleare che forse è un «controbluff», oppure no. Entro luglio, comunque, due commissioni della Camera del Rappresentanti si metteranno al lavoro, a Washington, su questo tema. E a settembre, a Ginevra, si terrà una conferenza dei Paesi che hanno sottoscritto, nel 1968 e dopo, il Trattato antl-proliferazione: a cominciare, naturalmente, dalle due superpotenze. Aldo Rizzo Rajiv Gandhi (a sin.) e il presidente pachistano Zia: il premier indiano si è detto fortemente preoccupato perché il Pakistan, tradizionale rivale nella zona, è orinai «molto vicino» al possesso dell'atomica