Al cinema entra aria di gioventù di Stefano Reggiani

Al cinema entra aria di gioventù Presentate a Roma 6 «novelle» che il 25 saranno trasmesse in tv Al cinema entra aria di gioventù ROMA — Un cinema vero, la sala romana dell'Arlston molto affollata; un pubblico più che vero, parenti amici coetanei degli autori e degli Interpreti. Belle ragazze di prima estate, spalle nude e capelli sciolti, ragazzi in camicia bianca e 'perfino in giacca: tutti pronti' a riscoprire il cinema come un affare di gioventù e non come un retaggio pericolante di vecchi. Monica Vitti pare aver vinto una scommessa rischiosa, la trasmissione tv di celebrazione cinematografica Passione mia, che non era trascorsa senza qualche riserva, ha raggiunto l'altra s'era il suo vero risultato, sei film di esordienti, sei cinenovelle prodotte dal la Rai con gli allievi del Centro Sperimentale e dell'Accademia d'arte drammatica presentate su grande schermo, in attesa di passare, llglorno 25,.sul; piccolo,^iv. .;rt ' * -,iln queste occasioni è. facile là commozione fittizia Uil\cinema-è fftJo7»j e; l'augurio si spende generosamente. Si vedrà e si giudicherà più ponderata¬ mente all'atto del consumo televisivo, ma il critico, annidato l'altra sera tra gli osannanti, in mezzo a gelati-omaggio e riprese tv, ha messo sul taccuino anche appunti di lode e di speranza per il cinema. , Exit di Pino Quartullo e Stefano Reali (già prenotato dal festival di Rimili!) è un apologo fantascientifico che sembra nato dalla penna di Umberto Eco. Un gruppo di archeologi dell'anno tremllaclnquecento, esplorando una zona desertica, scoprono un cunicolo sotterraneo e poi una grande cripta miracolosamente conservata. Molte seggiole in fila, una parete bianca, la traccia sul muro di una misteriosa mano puntata {»ExiU), due tabelllne con le sagome arcaiche di un uomo e di una donna. Un luogo di culto? Un bordello? Purtroppo 11 rudimentale robot nascosto dietro.la finestrella di fondo si mette in moto, esce un fascio di luce, sulla bianca parete appare Charlot. •> Un archeologo ride (non accadeva da mille anni), ad un passaggio pateti¬ co uno piange (non accadeva da seicento anni); d'improvviso tutti insieme, commossi, hanno riscoperto il cinema, non potranno più farne a meno. Cosi si può fare un mlnifilm gentile e scaltro con pochissimi mezzi; come ha fatto Massimo Guglielmi con 1960, ricostruzione d'epoca molto sofisticata nell'apparente semplicità; come ha fatto Francesca Archibugi con II vestito più bello, indagine fiabesca sull'anima femminile. Ma questi giovanissimi (anche Aida Mangia Massimo Russo, anche gli ironici Benclvennl, Savernl e Vegro, anche Graziano Diana e Salvatore Morello) quale cinema Italiano hanno in mente? Sembra che la memoria vada più indietro della commedia, cerchi il rifugio nella letteratura, l'uso della metafora. Nell'ipotesi (nell'augurio) di lavoro sembra prevalere la linea degli zìi eccentrici, Pasolinl-Bertoluccl-Ferreri, piuttosto che quella del padri commedianti e del cugini malincomicl. Stefano Reggiani

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