Un falso scenario di Mario Pirani

Un falso scenario Un falso scenario <ln questa vicenda molti politici tlclla maggioranza sembrano fare ginnastica preparatoria al borilo della piscina, si tengono lontani dal referendum e guardano alla prossima scadenza, l'elezione del Presidente della Repubblica»: cosi un leader sindacale ha commentato 1 la negligenza con cui una frazione non trascurabile dello schieramento governativo ha affrontato la prova che si concluderà col volo di domani. Le mai sopite ostilità, più o meno motivate, tra Craxi e i suoi partner hanno, in effetti, contribuito ad imprimere un carattere distorto alla consultazione, con una crescente confusione delle lingue di cui l'opposizione comunista c missina ha tratto insperato giovamento. Si e assistito, quindi, a paradossali rovesciamenti di responsabilità come prova l'accusa mossa al governo di essersi fermato a metà del guado nella manovra economica che nel 1984 aveva portato ad un forte raffreddamento dell'inflazione, il' un'accusa di cui esponenti del pei e di arca governativa si fanno portatori con severo cipiglio, quasi avessero tutti dimenticato gli ostruzionismi, i colpi di mano, le mobilitazioni di piazza c parlamentari che hanno accompagnato, rilardato e limitato quella manovra, culminata nei decreti antinflazionc e nella legge fiscale, e di cui ora si lamenta l'incompiutezza. Analoga smemoratezza denolano quanti vanno ripetendo che, a prescindere dalla efficacia o meno delle misure antinflatlive, esse vanno condannate per sanare la ferita istituzionale che Craxi avrebbe aperto, legiferando senza tener conto dell'opinione contraria della maggioranza comunista della Cgil. E' una tesi che talvolta affiora anche tra i repubblicani, evidentemente immemori della attesa cui fu costretto Spadolini durante tutto l'arco dei suoi due governi, nella ingannevole e mai esaudita lusinga di un pei disponibile ad un accordo sulla scala mobile. Ma il permesso di firma fu rilasciato a Lama solo quando al governo era subentrato Fanfani e il lodo Scotti provò ancora una volta le mai sopite preferenze di Botteghe Oscure per una controparte de. Del resto la delega al segretario della Cgil venne ritirata appena cambiò l'inquilino di Palazzo Chigi, anche se Craxi e De Michclis si illusero fino all'ultimo che quel che era stato concesso allo scudo crociato non sarebbe stato negato al partito socialista. I decreti di San Valentino possono, quindi, essere criticati per molti aspetti, ma non certo per l'arroganza decisoria che, almeno in questo caso, Craxi non intendeva certo inalberare, mentre fu proprio il pei che, respingendo lungo tutti gli anni della grande inflazione ogni possibile politica concordata dei redditi, costrinse alla fine il governo ad usare l'arma dei decreti. Da ultimo la inutile scommessa imposta al Paese non c stata più presentala come volta al recupero dei quattro punti di contingenza (che la più che probabile disdetta della scala mobile farà ripartire da capo la riforma del sistema di retribuzione), ma come una scelta di politica economica generale per affermare che non sono i costi salariali ma il crescente fabbisogno del Tesoro la causa prima dell'inflazione. Autorevoli commentatori hanno ripetuto l'ovvia verità < • i comizi abbiam sentito sbandierare i 23.000 miliardi d'interessi sul debito pubblico elargiti ai misteriosi percettori della «rendila finanziaria». Ancora un falso scenario con alcuni personaggi in maschera: cos'è, infatti, la spesa pubblica per la sua parte più consistente se non stipendi e pensioni dell'apparato statale, regionale, comunale, sanitario, previdenziale e quant'altro? E cos'è il deficit pubblico se non i denari per tenerlo in piedi, cui si aggiungono gli sprechi imposti dal Parlamento — il più delle volte col voto dei comunisti uniti ai franchi tiratori — quando decide, ad esempio, di profondere 5 o 6 mila miliardi di sovvenzioni alla Calabria, pur sapendo per esperienza che finiranno in gran parte nelle fauci delle cosche mafiose? O quando appesanti¬ sce le perdite dell'Inps, deliberando un trattamento fiscale differenziato per il salario dei cassintegrati e per quello dei lavoratori occupati? O quando, respingendo ogni modesto avvìo ad una riforma delle pensioni, accelera il disastro previdenziale verso cui marciamo? L'ombra della rendita finanziaria evocata nella patetica ricerca di un ('nemico» velcro capitalista da offrire all'immaginazione delle masse è purtroppo solo il risvolto negativo di quanto sopra: uno Stato con le pezze al sedere costretto ogni quindici giorni a rivolgersi ai cittadini per farsi dare in prestito attraverso Bot, Cct, obbligazioni varie, i soldi per saldare i conti. Quanti stigmatizzano le cosiddette rendite finanziarie — che altro non sono se non gli interessi sui Bot — dovrebbero sottoporre a referendum l'ipotesi di obbligare i cittadini a sottoscriverli gratis, oppure d'imporre allo Stato di non pagare neanche una lira in più di quanto ha in cassa alla fine del mese. Come recita Ferrini in «Quelli della notte'>: «Lo dice il ragionamento stesso». Mario Pirani

Persone citate: Craxi, De Michclis, Fanfani, Ferrini, Lama, Spadolini

Luoghi citati: Calabria