«Perché il carcere abbia un volto umano»
«Perché il carcere abbia un volto umano» «Perché il carcere abbia un volto umano» In una lettera alla Stampa, il deputato radicale Melega propone di lanciare un appello a politici e intellettuali affinché «si occupino concretamente» dei detenuti delle Nuove Pubblichiamo la lettera che ci ha Inviato l'on. Gianluigi Melega del partito radicale: • Caro direttore e caro Alessandro Galante Garrone «La Stampa molto opportunamente sta seguendo la fase involutiva dell'amministrazione della giustizia in Italia, soprattutto attraverso le equilibrate valutazioni e proposte di Galante Garrone. • Vorrei segnalarvi un problema parallelo, riguardante Torino. •Ho fatto recentemente visita, come deputato, alle carceri Nuove. Come probabilmente sapete, sono gli ultimi mesi di utilizzo di questa struttura peniten-, ziaria. In autunno, se l programmi saranno rispettati, detenuti e detenute saranno trasferiti al nuovo carcere delle Vallette, più periferico. •Per autorizzazione del ministero, a Torino si è costituita la cosiddetta "area omogenea" per detenuti per reati "politici", e si sta per fare altrettanto per le detenute. Concretamente, questo significa che, quale che sia la posizione processuale del singoli (definitivi, in attesa di appello, di giudizio, ecc.), essi possono promuovere e prendere parte ad attività di reinserimento collettivo. Per esemplo, corsi di studio (lingue, informatica, pedagogia, ecc.), attilliti culturali, programmi di lavoro interno ed esterno al carcere. • Questo indirizzo penitenziario ha dato gii soddisfacenti risultati a Rebibbia, Roma, e al nuovo carcere di Sollic- ciano, Firenze. Perché esso abbia successo, tuttavia, ha bisogno dell'intervento attivo di una componente che non dipende né dai detenuti né dall'amministrazione carceraria né dalla magistratura. Questa componente potrebbe essere definita "la socleti locale", in due suoi aspetti: istituzioni e, esponenti della cultura. • Occorre che rappresentanti delle Istituzioni politiche locali (Comune, Regione, ecc.) e di quelle culturali (Università, enti culturali, ecc.) sentano come utile per la città, oltre che per i detenuti, un più umano, partecipe e diretto rapporto col carcere. Gli uomini e le donne che vi sono ristretti hanno bisogno di questo rapporto per non sentirsi dei reletti, nel confronti del quali ogni "dimenticanza", anche in tema di diritti cìdHI, è consentita. E soltanto attraverso un rapporto del genere una società democratica e civile può Intimamente convincerli che essi hanno sbagliato nel voler infrangere le sue leggi. •Io non risiedo a Torino: posso soltanto trasmettervi, perché La Stampa lo rilanci a sua volta, quanto mi hanno chiesto l detenuti delle "Nuove". Detto semplicemente, che politici e intellettuali torinesi si occupino concretamente un po' di loro. Concretamente, che tre, dieci, venti di loro si dichiarino disponibili presso la direzione del carcere per prendere parte at programmi di cui ho dato. •L'attuale amministrazione penitenziaria, dal direttore generale, presidente Amato, al direttore delle "Nuove" di Torino, sta veramente facendo di tutto per dare al carcere un volto umano. Ma se chi non è direttamente coinvolto rimuove il problema dalla propria coscienza, non andranno lontano. •Ho detto che è utile per la città che le "Nuove" oggi e soprattutto le "Vallette" domani non siano dimenticate. Un carcere-inferno (e purtroppo ancora ce ne sono in Italia) è un'infezione permanente per la città; un carcere-recupero (e Solltcciano dimostra che è possibile) qualifica in meglio la città e la socleti che così lo vogliono. • Vuole La Stampa lanciare questo appello?-. Gianluigi Melega
Persone citate: Alessandro Galante Garrone, Galante Garrone, Gianluigi Melega, Melega
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