Zancanaro e i misteri di Padova

Zancanaro e i misteri di Padova PITTORE, INCISORE, SCENOGRAFO, E' MORTO A 79 ANNI Zancanaro e i misteri di Padova PADOVA — // pittore Tono Zancanaro è morto ieri a 79 anni all'ospedale di Padova. Era stato colpito una ventina di giorni fa da ischemia cerebrale. I funerali si svolgeranno domani, in forma civile, nella borgata padovana del Portello. Su Tono Zancanaro la definizione più calzante l'ha data lui stesso: «Essere magari l'ultimo anello, ma della catena che tiene legata l'umanità che io chiamo umana. Questa ù stata ed è la mia resistenza di uomo prima di tutto, di artista infine». E questa priorità dell'uomo, anzi dell'umano, anche rispetto all'artista, si può dire che abbia caratterizzato sempre e fin dall'inizio il suo lavoro. Aveva, come disse una volta Neri Pozza, «il disegno nel sangue». Vergò un'infinità di fogli e incise non si sa quante lastre, ma prima ancora era un uomo.' Il quale, per esempio, fin dal 1937, con la sarcastica serie antimussoliniana del Gibbo, seppe lasciarci uno dei documenti più saldi dell'opposizione al fascismo, alla falsità e alla volgarità della sua retorica. Giunto tardi all'arte, egli «da buon alfabeta autodidatta» (come diceva) si era formato sui pittori antichi che nella nativa Padova certo non mancavano. Li studiò con voracità e occhio onnivoro, la mano prontissima, soprattutto perché, da popolano — il padre era meccanico agricolo — capi subito l'importanza di conoscere a fondo il mestiere. Analoga fu la spinta a frequentare a Firenze Ottone Rosai, dal quale ebbe — altra sua confessione — «la prima e fondamentale lezione sulla natura dell'arte». Nell'immediato dopoguerra fu un accanito realista, ma intanto i fantasmi che, in luogo delle statue, egli intravede¬ va a Prà della Valle o che brulicavano nell'ombra dei portici patavini, estrosi, arcani, stavano prendendo sempre più corpo e ben presto la sua vena si sciolse e divenne quel pittore fantasioso e libero che conosciamo. Un pittore che, come colore però, predilesse costantemente il bianco e nero, amò specialmente la grafica. Leonardo Sciascia disse giustamente che egli apparteneva alla razza degli incisori che si portavano in tasca lastre come taccuini, fogli e fogli che egli riempiva e che testimoniano il suo incessante peregrinare. Viaggiatore instancabile, trasandato e felice. Punto di partenza l'amata Padova, dalla Cina all'Australia, dal Venezuela alla Russia. A un tratto il suo grande amore divenne la Sicilia e la sua gente. La sua fantasia barocca vi trovava prezioso ali¬ mento. E cosi le forti pulsioni dell'eros che sentiva in sé e che accettò pienamente, serenamente perché, come ricordò il nipote Sylvano Bussotti, per lui «la carne è la sola che contiene ogni ragione assoluta». Il segno divenne simile a quello dei pittori vascolari greci. E la sua inventività si fece sempre più copiosa. Come una polla rigogliosa, dalla quale sgorgarono serie molte-, plici di disegni, una fantasia inesauribile che lo spinse nelle direzioni più varie. Anche nell'illustrazione dei libri. E specialmente nella scenografia musicale, un campo in cui ha lasciato prove memorabili, sempre con Padova nel cuore. Quella sua Padova segreta di cui parlò in modo mirabile Andrea Zanzotto e che con Tono Zancanaro ha perduto..' uno dei suoi interpreti più autentici. Francesco Vincitori©

Persone citate: Andrea Zanzotto, Leonardo Sciascia, Neri Pozza, Ottone Rosai, Sylvano Bussotti, Tono Zancanaro, Zancanaro