La verità in grigio

La verità in grigio La verità in grigio Niente affatto formale è stata la commossa commemorazione che all'inizio del suo discorso Ciampi ha dedicato alla figura del suo illustre predecessore, recentemente scomparso, Donato Menichella. Ma al di là del cordoglio sincero s'intravedeva quasi una sottaciuta identificazione almeno per quell'insegnamento peculiare «secondo il quale l'efficacia degli atti nel governo della moneta si mitre anche di discrezione e viene custodito dalla banca come un bene prezioso». Tanto da farci immaginare che la definizione di Einaudi — «questo è l'uomo che non ama sia fatto rumore attorno all'opera sua» — sia stata evocata non solo per definire il personaggio di ieri ma per fornire una chiave interpretativa al disadorno stile dell'attuale inquilino di via Nazionale. Certo in questi ultimi anni le relazioni di Carlo Azeglio Ciampi, paragonate alla prosa intarsiata di lampi pindarici di Guido Carli o alla dottrina, pervasa da -una eticità rattenuta, delle considerazioni di Paolo Baffi, ci hanno richiamato piuttosto i versi di un poeta crepuscolare, Marino Moretti: «Non vi i che un colore, il grigio, è un tarlo, la noia I non vi son luci nò ombre ma il grigio, il grigio che incombe...». Eppure, sol che si rifletta, questo grigio stile ha sempre contenuto un limpido messaggio: e, cioè, che la verità non ha colore e che la sua evidenza risulterà tanto più esplicita, quanto meno sarà stata «cesellata». Cosi anche questa volta il governatore ha posto di fronte alla classe politica e al Paese i reperti di una diagnosi che non teme smentite: nel 1984 una breve e insperata stagione di saggezza ha permesso di far scendere l'inflazione sotto il 10%, di imprimere alla produttività del lavoro ritmi eccezionali, di far crescere vigorosamente gli investimenti e moderatamente la stessa occupazione. Questi risultati sono stati ottenuti perché al rigore monetario si è accompagnata una politica dei redditi, concretatasi negli accordi del gennaio '83 e nei provvedimenti del febbraio '84. Purtroppo nel 1985 questo ciclo virtuoso si e interrotto, la politica dei redditi ha incontrato crescenti ostacoli, la discesa dell'inflazione si è arrestata, le retribuzioni nel settore pubblico sono salite del 2,3 per cento in termini reali, la domanda interna, più alta che nel resto d'Europa, ha moltiplicato le importazioni, innestando gravi passivi nella nostra bilancia con l'estero. Con lo scorrere dei mesi la crescita del fabbisogno statale si è accelerata mentre «la previsione del referendum ha accentuato le incertezze sul corso futuro delle relazioni industriali, dei costi, dei prezzi». Ciampi ha esposto tutto questo senza gridi d'allarme, ma l'allarme è nelle cose. La Banca centrale, comunque, non può farvi fronte da sola né è disposta a ricorrere alla illusoria via d'uscita di una svalutazione della lira che «oltre a rilanciare l'inflazione rischierebbe di fermare i processi di rinnovamento produttivo in atto nelle aziende». La strategia del buongoverno, peraltro, esiste ed essa è impervia quanto ineludibile: «Perché l'inflazione e la disoccupazione siano vinte (senza che ad una minima ripresa della domanda s'inneschi la spirale di un aumento squilibrante delle importazioni, ndr) è necessario che alla risposta del sistema produttivo si aggiungano il riequilibrio della finanza Mario Piranl (Continua a pagina 2 ; In settima colonna)

Persone citate: Carlo Azeglio Ciampi, Ciampi, Donato Menichella, Einaudi, Guido Carli, Marino Moretti, Paolo Baffi

Luoghi citati: Europa