Tutti i giorni tortellini vicino ai frati domenicani

Tuttii giorni tortellini vicino ai frati domenicani Tuttii giorni tortellini vicino ai frati domenicani , TL pranzo è servifi I »°»t fu mio esorA dio in teatro. Più 'ronzinante che cavallo di battaglia, resta comunque una cavalcatura più' che dignitosa per chi, come me, dal teatro l'ha portata in casa sua, quella casa che da quindici anni, ogni giorno, apro al miei ospiti. Volli essere attore nel momento dei poveri ma belli. Puntai sul mio fascino e andai a Roma. Mio padre fremeva e sperava rinsavissi. Il diploma di ragioniere e il lavoro in banca, gli sembrarono una grazia divina. Da buon salumiere qual era, però, mi aveva attaccato la passione per il cibo. Aprii cosi bottega nella stessa casa in cui lui' aveva avuto la sua e dove io ero nato: nel centro di Imola, è in angolo tra l'edificio In cui frequentai le scuole elementari, ex convento delle suore domenicane, il bel giardino pubblico su cui si affacciano l'abside della secolare chiesa di San Domenico e 1 chiostri dell'attiguo monastero dei frati domenicani. Fu acquistata agli inizi del secolo da mio nonno Luigi. Era la casa del fattore del due conventi e le cantine, enormi, mi davano brividi d'emozione. Non volevo inventare piatti nuovi o stravaganti: non ero e non sono cuoco, volevo 6olo riproporre al miei ospiti una tradizione di cucina che andava scomparendo: quella delle grandi famiglie italiane, di quel cuochi, cioè, che lavoravano tutti i giorni, e più volte al giorno, per soddisfare, di Giuseppe de Nigris, conserrata nella Villa Rosebery di Napoli mente la chiesa di S. Brigida, fa riferimento ad una pasticceria posta nei pressi, quella di Pintauro, ancor oggi attiva, esistente almeno dal 1805, e leva un inno a: «La sfogliatella è un dolce molto semplice, direi rudimentale. Si compone di semolino, uova, latte, zucchero nel ripieno, e di farina, uova, zucchero nell'in-, volucro. •La sua forma è, in quella che si chiama frolla, simile su per giù a una grande conchiglia Citerea; e, in quella detta riccia, somiglia a una Citerea striata; perché la parte che ne ricopre 11 contenuto è tagliuzza¬ ta per largo a sfiatature, e con la cottura s'increspa e si sfoglia graziosamente. La sfogliatella è... delizia del bambini, risorsa del padri di famiglia, riconciliazione degli amanti, sollievo dello studente Una nota di colore, un gesto di affetto verso questa Napoli oggi cosi lacerata e sublime, ferma e contraddittoria a un tempo, disfatta e piena di risorse; ma che, se guardata con amore,; potrà ancora apparirci, per uno di quei casi che la rendono unica, sospesa nella fiaba di un acquerello di Oonsalvo Carelli. Maurizio Agnellini nezla, Vicenza. Lo spettacolo della vetrina dove Ennio dispone 1 suol pesci e crostacei all'ingresso del ristorante è assolutamente impressionante: tutte le specie più nobili sono rappresentate, dagli storioni pescati nel Livenza e serviti ogni giorni agli astici di Chloggla e alle aragoste di Sicilia, ai branzini, orate, code di rospo, splendidi scampi e calamari, rombi, marmore, cappesante, ma anche pesci più umici, come acciughe o sardine marinate, servite per far pazientare i clienti. Ennio va tutti i giorni a Chloggla dove ha i suoi fornitori abituali, ma se il mare è brutto deve andare a cercare quello che gli occorre a Marano o addirittura a San Benedetto, del Tronto, da dove in :genere vengono i suol scampi, mentre le canocchie arrivano da Goro, «perché ogni mare ha le sue caratteristiche», dice. Mi hanno entusiasmato le moeche fritte (che purtroppo si trovano solo in primavera e autunno) che si sciolgono letteralmente in bocca, il cocktail di gamberi, le sepplollne ai ferri e alla veneziana, di grande delicatezza, 1 polpetti affogati, i gamberi rosa all'olio e limone, che sembrano appena usciti dal mare, lo splendido astice alla griglia, il risotto al nero di calamari, profumatissimo e di una cottura perfetta e il succulento storione. Ma la carta è praticamente Illimitata e c'è soltanto l'imbarazzo della scelta. I prezzi sono estremamente modesti, se si consl- dall'inizio tutto è andato a gonfie vele». L'immensa sala del -Tajer d'Or» è, malgrado le sue dimensioni faraoniche, molto accogliente e calda, Le tavole sono vaste e preparate con cura e la ricca decorazione in legno massiccio fa pensare all'interno di una nave, ciò che non stona minimamente, considerato che tutto quello che arriva nel piatto proviene dal mare. La clientela è in parte locale e in parte composta di viaggiatori provenienti dalla vicina autostrada che vanno o vengono da Roma, Trieste, Padova, Udine, Ve- dera la qualità dei prodotti che vengono serviti, e per circa 35.000 lire si può fare un pasto memorabile. D'altronde Ennio propone per questo prezzo un menù degustazione, ma penso sia più divertente scegliere nella carta, senza tuttavia spendere di più. La Carta del vini è semplicissima e intelligente e propone ottimi bianchi e rosati del Piave, Friuli e Colilo a prezzi quasi ridicoli. Secondo me, una visita al «Tajer d'Or» vale il viaggio. A chi volesse fare tappa nella zona anche la notte consiglio vivamente Villa Revedin, dove con circa 30.000 lire si ha diritto a una magnifica stanza con uno splendido bagno e in più la pace assicurata del grande parco. del castello servono poi un vino «storico»: è 11 Fermentino (nelle versioni bianca, rossa e rosata). Deriva da un vitigno che è tra 1 padri del famoso tokalj ungherese. Nel 1632 Aurora Formentlnl, figlia del Ciambellano dell'imperatore d'Austria, sposò a Vienna 11 conte Giovanni ■ Batthyany feudatario della zona ungherese dove sorgeva 11 villaggio di Tokaij. Seguirono la contessina Aurora alcuni, contadini di San Floriano. Costoro portarono un vitigno coltivato nel Collio che attecchì molto jbene.;, stille colline ungheresj, si mlr. Mino Colao Bene, d'^^^e ddVA«'r,aa,rgasironom.a, alla gen ^g^mm^mm^^* Pensate solo a"V^ "— non certo l'appetito, dei loro ospiti. Devo molto, e forse tutto, a Nino Bergese, uno degli ultimi cuochi, quando lo conobbi, ad avere lavorato nelle grandi case Italiane. Ora non c'è più. Capii che 11 suo modo di fare cucina era il filtrato delle varie usanze regionali, unificate in una grande tradizione europea che in Italia, al contrarlo della Francia, non era molto conosciuta; dopo la Rivoluzione Francese, 1 cuochi del nobili, si trovarono in mezzo alla strada, per vivere aprirono ristoranti. Data la passione e la competenza che avevano, furono ben presto in grado di dare alla loro cucina la fama, certamente merita-. ta, che ha tutt'ora. Sapevo che avrei incontrato difficoltà non facili da superare, ma credo di essere riuscito, con grande impegno e l'entusiasmo dei miei collaboratori, tutti molto giovani, a fare esattamente quello., che volevo. Un amico d'infanzia, il marchese Gianfranco Selvatico Estense, mi aveva introdotto nelle case dei suoi conoscenti. Imparai cosi come venivano imbandite le tavole e come erano redatti i menù delle serate importanti. Ogni pranzo di un certo rilievo, era registrato con cura, oltre al nome degli invitati, vi era l'indicazione del servizio di posate usato e del tovagliato: nessuno doveva mai essere servito per due volte allo stesso modo, per quanto era possibile. Fin dall'inizio non furono i piatti quelli che mi

Persone citate: Carelli, Fermentino, Gianfranco Selvatico Estense, Marano, Maurizio Agnellini, Mino Colao, Nino Bergese, Pintauro