L'ebreo in carcere si difende con i racconti di Lorenzo Mondo

Giorgio Voghera, messaggi da Giaffa Giorgio Voghera, messaggi da Giaffa L'ebreo in carcere si difende con i racconti GIORGIO Voghera, colto, civile e appartato scrittore, è accreditato interprete e testimone della Trieste fra le due guerre, la città mitica di Edoardo Weiss, di Svevo, di Saba; nel libro sugli -Anni della psicanalisi- ha saputo darci come pochi altri il senso della quieta nevrosi culturale che — esalando dalla Vienna della guerra perduta — sembrava minare la solida rispettabilità di salotti e fondachi triestini. Adesso, dopo aver pubblicato ancora uno stoico colloquio con -Nostra Signora Morte»,Voghera licenzia a 77 anni -Carcere a Giaffa», in cui la dominante propensione saggistica si lascia incantare dalle sirene della narrativa. L'assurdo è già nella situazione di partenza. Trenta Italiani, per lo più ebrei e antifascisti che sono fuggiti in Palestina dopo le leggi razziali, vengono imprigionati dagli inglesi e passano 1 giorni paventando l'arrivo delle truppe hitleriane prima che gli alleati carcerieri abbiano deciso della loro sorte. In quelle ore grlge e sospese, viene buona la lezione delle •Mille e una notte- e del -Decameron-: che 1 mali possono essere alleviati e allontanati con la medicina antichissima del raccontare. A Giaffa, tra quella gente che sta ruminando sventure, nasce a contraggenio una proposta: perché non raccontare, ciascuno per tutti, -i casi in cui ci èandata tene per miracolo: in cui '^ÌÌ1Surhw''supenÌò per un'colpo di fortu' na, quasi sema accorgercene, delle difficoltà che parevano insuperabili?». Nasce cosi, dentro la cornice carceraria, un esiguo -novelliere-, affiorano ambienti di piccola e media borghesia, ritagliati per lo più a Trieste e nelle città del Nordltalla ma che si prolungano, sotto specie di mal dissimulate memorie, nei kibbutz della Palestina: dove impiegati, funzionari, professori, mercanti, esseri solitari snidati dalla Storia cercano di rigenerarsi nella pratica di un'etica comunitaria. Storie sospese tra realtà e in¬ venzione, finiscono inevitabilmente per toccare la sfera del sentimento e dell'eros. A farne intendere la tonalità media, basta 11 r~cconto-confessione che Voghera ai. luisce a se stesso. Di come si innamorò di una giovane -serva- che ebbe la generosità di accorgersi di lui, di Intrattenerlo confidenzialmente sulla soglia del bagno, strizzando con vigore 1 panni appena lavati. Quando Ginetta decide di tornare in campagna, le propone precipitosamente di sposarla. E lei, piangendo e disperandosi: -Non so che cosa darei per poterti un poco aiutare. Ma. vedi, tu sei triste, triste, triste, triste irrimediabilmente-. Perché questa è la vera trovata del libro di Voghera: quasi subito i suoi personaggi imboccano una strada dagli esiti malinconici, la famosa opportunità che dovrebbe illuminare il carcere e la stessa vita rivela la sua natura Illusoria, tantalica. In virtù di un robusto per quanto sotterraneo umorismo ebraico, le storie escogitate per abbattere le mura del carcere riconducono ad altri piti elusivi ma indistruttibili recinti (storia di un carcere, di una passione ossessiva per il proprio lavoro è anche il capitolo estravagante intitolato «72 direttore generale-). Amabilissimo libro di un -dilettante-, -Carcere a Giaffa- avrebbe guadagnato forse da un più fiducioso abbandono all'Invenzione. Ma f sùbl'llmitl sono ànfchd • ffcùbf iJregi,' quelli di uria discrezionWtfid rifiuta ogni sperpero di immagini e di sentimenti, e si riverbera nella prosa un po' vecchiotta, pacata e ferma, aperta alla riflessione morale, ad una curiosità terenzlana per l'uomo: -Humani nihil a me alienum puto-, tutto quello che è umano mi appartiene. Giorgio VogStudio Tesi, 18.000 lire. Lorenzo Mondo hera: «Carcere a Giaffa», Pordenone, 157 pagine,

Persone citate: Edoardo Weiss, Giorgio Voghera, Giorgio Vogstudio Tesi, Storie