Chi ha ucciso Gentile? di Alfredo Venturi

Il giallo della morte del filosofo fascista ricostruito da Luciano Canfora: gli oltranzisti del regime, i partigiani e la «sentenza» di Concetto Marchesi Il giallo della morte del filosofo fascista ricostruito da Luciano Canfora: gli oltranzisti del regime, i partigiani e la «sentenza» di Concetto Marchesi Chi ha ucciso Gentile? un infiammato discorso a Roma, era riemerso da un lungo silenzio per puntellare il regime in difficolta. Dn appoggio prezioso per Mussolini, afflitto da quella che Borgese definiva «la paura del duce davanti al mondo misterioso dell'intelletto*. Tanti nemici dunque: e fra questi 1 quattro ciclisti armati che quel giorno di aprile, sul colli di Firenze, circondano la sua auto all'ingresso della villa. Molte e discordanti le versioni del fatto. Siete Giovanni Genti- • le?, pare gli abbiano chiesto. E lui, abbassando il finestrino: sono Giovanni Gentile. I sette colpi di pistola, il grido di uno dei giustizieri: .Non uccido la persona ma le idee!; la corsa rapida e vana verso l'ospedale. Forse 11 supremo pensiero è andato alle sue stesse parole, all'ultimo discorso pubblico. Neanche un mese prima, il 19 marzo: la commemorazione di Vico all'Accademia. Aveva parlato della .bugiarda ed empia leggenda* di un'Italia libera; della missione italo-tedesca nella .battaglia formidabile per la salvezza dell'Europa e della civiltà occidentale'; di un'Italia per la quale, «se occorre, vogliamo morire*. Dunque, chi ha sparato su Gentile? I • vampiri repubblichini», come annota Berenson nel suo diario? I partigiani comunisti, come risulta dal volantino diffuso a Giovanni Gentile Tragedia dal diabolico intreccio, fatto di convergenti interessi. Sono in tanti a desiderare la morte.di Gentile, argomenta Canfora. I fascisti, per quel suo ruolo di coscienza crìtica di un movimento che ormai affida al terrore la sua precaria sopravvivenza. Gli alleati, ai quali preme la resa senza condizioni di un avversario compatto. Gli antifascisti, soprattutto di parte comunista, ansiosi di chiarire, dopo la svolta di Salerno, che la battaglia contro Salò va combattuta con il massimo di fermezza. La sentenza, dunque. A Firenze con la firma del Cln? Ma quella firma verrà sconfessata: e allora? C'è una versione comunista che fa riferimento a un'autonoma iniziativa della base, applaudita ma non rivendicata. Iniziativa autonoma: ma c'è anche una vera e propria sentenza di morte. Ecco, «La sentenza*. E* il titolo di un libro affascinante (Sellerie, editore, 368 pagine, 15mila lire) nel quale Luciano Canfora, filologo e grecista, esplora quella tragedia nella tragedia che fu la fine di Gentile nel crepuscolo fiammeggiante del fascismo. pronunciarla è un altro personaggio del mondo accademico: Concetto Marchesi, storico della letteratura latina, comunista. Temperamento ardente e generoso, Marchesi è nominato nell'estate del '43 rettore dell'università di Padova. Il giorno dopo l'insediamento, è l'8 settembre, le forze corazzate tedesche occupano la città. Con i Panzer al Prato della Valle, la vita per 11 rettore comunista si fa difficile. Finché può, resta al suo posto, e arriva a rompere con il partito che non vuole compromessi con la Repubblica vassalla del nazisti. A novembre Marchesi sfugge per un soffio all'arresto. Lascia un proclama ai suoi studenti («per la fede che vi illumina, per lo sdegno che vi accende... fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l'Italia dalla servitù e dalla ignominia...*), si rifugia a Milano, poi in Svizzera. Sullo sfondo dell'Italia spaccata in due, sconvolta dalle bombe, dilaniata dalla guerra civile, si staglia il drammatico antagonismo fra i due intellettuali. Giovanni Gentile, il filosofo del fascismo tenacemente abbarbicato al suo mondo che muore. Concetto Marchesi, il letterato comunista che guarda al futuro e lo sente vicino, 11 futuro, ma sa che bisogna conquistarlo, e con la necessaria durezza. Fra i due si sviluppa un dialogo a distanza, che Canfora sottopone a un'analisi suggestiva. Il 28 dicembre del '43 Gentile lancia dal Corriere della Sera 11 suo appello alla conciliazione. S'Intitola •Ricostruire*, vi si parla di •bisogno di concordia degli animi... cessazione delle lotte, tranne quella vitale contro i sobillatori, i traditori...*. Due mesi dopo, ecco l'appassionata risposta di Marchesi. Compare sul quotidiano socialista di Lugano ';'£f»era sWKpa.'e poi sui' giornali clandestini italiani, sotto forma di lettera aperta. «Con chi debbono accordarsi, ora, i cittadini d'Italia? Coi tribunali speciali della repubblica fascista o coi comandi delle SS germaniche?*. Gentile parla di resurrezione del fascismo: ma «il fascismo non può risorgere perché non è un organismo malato, è una malattia; non è il lebbroso che possa guarire, è la lebbra*. Gentile parla di evoluzione progressista del fascismo: «turpe gente che non sa morire*. Gentile parla di concordia, e Intanto le squadre fasciste praticano la rappresaglia: «non vi contentate di cercare e punire i responsabili... cercate le molte vittime da Immolare sul tumulo del vostro ucciso... scegliete gli ostaggi da sgozzare o da mitragliare perché l'ombra dell'eroe sia placata...*. n testo di Marchesi conosce una significativa avventura, che Canfora illustra con puntiglio filologico. Nella versione pubblicata da La nostra lotta, organo clandestino del partito comunista, si modifica il finale. La requisitoria contro Gentile viene trasformata in una condanna a morte tremendamente esplicita. Nel testo uscito su Libera stampa il programma è più generico, oltre che più elegante: «£' bene che la guerra continui... tra oggi e domani c'è di mezzo una notte e un'aurora». Ecco 11 finale comparso su La nostra lotta: • Quanti oggi invitano alla concordia sono complici degli assassini nazisti e fascisti... Per i manutengoli del tedesco invasore e dei suoi scherani fascisti, senatore Gentile, la giustizia del popolo ha emesso la sentenza: mortet*. La modifica, del resto, non fa che accentuare un punto di vista già implicito nella versione originaria. Questa dunque, la sentenza che quel giorno di primavera eseguono, con fredda determinazione, quattro gappisti di nome Luciano Suisola. Bruno Fanciullacci, Giuseppe Martini, Marcello Semi. Di propria iniziativa, in esecuzione di un ordine? il dilemma resta aperto, le testimonianze discordano. C'è chi connette l'accaduto con la pubblica fucilazione al Campo di Marte, il 22 marzo, di cinque ragazzi fiorentini renitenti alla leva. Certo è evidente il disagio nella Repubblica mussoliniana: la notizia tarda a ' 'uscire sul giornali, manca la tradizionale rappresaglia. Di qui l'ipotesi della vendetta squadrista, del sanguinoso regolamento di conti all'interno del fascismo lacerato dalla fine imminente. Ma la sentenza di morte è venuta da tutt'altra parte: con una forza crudele, maestosa e trascinante che rende impossibile, ormai, la sopravvivenza dell'uomo definito da Paolo Treves, attraverso 1 microfoni di radio Londra, «arteccftfno filosofico drappeggiato in croci uncinate*. Alfredo Venturi L'abbazia Jeronimos a Lisbona Il Portogallo celebra lo scrittore a cinquant'anni dalla morte