Il muro di Berlino non divide gli scrittori
Il muro di Berlino non divide gli scrittori Il muro di Berlino non divide gli scrittori dazione storica, Cesare Cases. Certo, per lo scrittore, questo è il luogo primario in cui ancorarsi e mettere radici, il mezzo che forma e contrassegna ogni nostalgia, dove solo, come diceva Schlegel, il cuore umano può trovare pace, e dove forse il tempo sembra arrestarsi per una breve pausa di felicità. Ma non mancano altre connotazioni. Kunert (un'antologia di sue liriche è uscita da Einaudi e un suo romanzo, In nome dei cappelli, è stato edito da Mondadori) ci tiene a sottolineare la rinascita del regionalismo e mi ricorda anche il film di Edgar Reitz Heimat ! che ha avuto un notevole successo all'ultima mostra del cinema di Venezia. «I tedeschi — aggiunge — non si sentono nazione, proprio per quel loro passato che non hanno ancora completamente superato. Di qui anche 11 risveglio del regionalismo. Non c'è solo in esso un tentativo di fuga, ma anche un aspetto emanclpatorlo: contro 11 sistema che tutto azzera e violenta». La patria si amplifica e arricchisce: diventa ricerca ài individualità, ài personale emancipazione, voce singola e speranza corale. Essa si appresta nello spazio circoscritto, della scrittura, indeflnitivamente variabile come un'utopia che sempre si rigenera. E questa sua mutabilità è il vero, produttivo confine, il limite oltre cui sempre si sporge, impossibile, come ha ricordato Marina Jane, eppure necessaria. Forse solo investendo la patria di questa precarietà, si può riscoprire un luogo infinitamente debole e caro, non più racchiuso tra confini politici o attraversato àa muri ài segregazione e ti- leneio Luigi Forte' Lo abbiamo potuto verificare in questi giorni in un importante incontro organizzato dal GoetheInstitut di Torino sul tema 'Nazionalismo e identità nella letteratura contemporanea italiana e tedesca: Grass non c'era (mentre c'erano gli autori sopra citati), ma una sua frase sembrava fare da sfondo ad alcune riflessioni: «In ciascuno dei due Stati tedeschi non è ormai rintracciabile che una sola cosa unitariamente tedesca, cioè la letteratura». Ho voluto accertarmene, chiedendo a Bienek che cosa fosse per lui la patria: «In primo luogo — mi ha risposto — è la lingua tedesca». Lo pensa anche — fra gli italiani — Antonio Tabucchi; e ne ha reso conto, in una nitida intro- è un'importante tetralogia, un epico affresco della infanzia trascorsa in Slesia) conosce e sviluppa, oltre le demarcazioni politiche, una Germania tutta racchiusa nel tepore della pa- ■ . tria interiore, ripercorsa, nel bene e nel male, tra i segni strazianti della memoria. Horst Bienek vive da oltre venticinque anni a Monaco, ma la sua identità sta forse altrove, in uno spazio in cui il ricorào abbrevia ogni distanza. «La Germania — ha scritto Gùnter Grass — un concetto letterario»: forse è più vero che mal proprio ora, mentre la patria, quell'insopprimibile esigenza ài identificazione e di ritorno dalle macerie della storia, riprende quota fra le pagine degli scrittori. Gunter.Grass - — a, — • ■ —
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