La patria perduta dei Celti è un'isola fatata

Antiche fiabe irlandesi Antiche fiabe irlandesi La patria perduta dei Celti è un'isola fatata bili delle genealogie, delle indicazioni topografiche, stagionali, numeriche, delle nomenclature. Abituati ai lenocinli della narrativa tradizionale, noi moderni possiamo trovarci spaesati davanti alla scarsa caratterizzazione dei loro personaggi — eroi predestinati nati da congiunzioni insolite o illecite, che poi seguono il loro destino conquistando, stuprando, infrangendo tabù e subendone le conseguenze, eccetera. Non è un caso che le storie piti «belle» e facili da seguire siano quelle rimaneggiate in epoca più tarda, magari con la contaminazione di elementi di cristianesimo. Vedi quella, stupenda, con la peregrinazione nautica di Mael Duin, eroe alla ricerca delle proprie origini alla testa di diciassette compagni, in una barca «a tre pelli», attraverso una serie di isole fatate. D'altro canto — parlo sempre da letto- re non specialista — se non ci si scorag-. già davanti alla superficiale uniformità delle situazioni, questo mondo cosi remoto finisce per esercitare il fascino della propria diversità; e il libro diventa una esplorazione della fiera cultura tribale celtica attraverso i testi in cui se ne ribadiscono i fondamenti. Segnalati tempestivamente,e con autorevole discrezione dalla curatrice, apprendistati, iniziazioni, acquisizioni di virtù guerriere, amministrazione della giustizia, soggezione al soprannaturale, solidarietà del sangue, e via dicendo, danno un senso a quegli avvenimenti cosi scabri e in apparenza gratuiti: almeno per quelli di noi che non resistono a non leggere le note. Corredano il libro illustrazioni a colori dal capolavoro dell'arte celtica, quel Book of Kells conservato al Trinity College di Dublino che secondo alcuni risalirebbe addirittura ali Vili secolo, opera, pare, del monaci di San Colombano (non di «Santa Columba». come dice la notai questa, mi auguro, redazionale). Masolino d'Amico Antiche storie e fiabe Irlandesi, a cura di Melita Cataldi, Einaudi, 229 pagine, 35.000 lire. SAPPIAMO come per molti secoli il patrimonio culturale nazionale dei Celti d'Irlanda venisse trasmesso oralmente, a cura della casta privilegiata dei filid, poeti-cantori delle corti; soltanto in epoche più vicine a noi (ma in qualche caso a partire dall'undicesimo secolo) i monaci cominciarono a mettere per iscritto dei testi famosi, talvolta modernizzandone la lingua, talaltra preservando e magari fraintendendo espressioni arcaiche, sempre comunque togliendo con questa ibernazione il carattere spontaneo, di esibizione a beneficio di un pubblico, di quei lavori. Inutile ora osservare per l'ennesima volta come la tradizionale propensione dei moderni irlandesi angloglotti per la letteratura parlata — quanti drammaturghi, da Congreve e Sheridan a Wilde e Shaw! — vada messa in relazione con questo atavico gusto addirittura sensua- lo per iì suono della parola. Guardiamo" 'piuttostole difficoltà'incontrate dalfiloso logo che quei reperti di una civiltà totalmente estinta tenti oggi di recuperare ad uso di un contesto profondamente diverso. Proporre le antiche storie e fiabe irlandesi — ovvero, il corpus di narrazioni tradizionali che nel suo insieme costituisce la mitologia preistorica dell'isola — comporta operazioni alquanto severe di critica e raffronti testuali, tentativi di ricostruzione al di là delle aggiunte e degli adattamenti accumulatisi nei secoli. Non ci si deve meravigliare dunque se alla prima lettura dalla maggior parte del 18 testi scelti, tradotti e puntigliosamente chiosati da Melita Cataldi si esce con un senso non tanto di romantico abbandono all'avventura esotica, quanto di austerità e di secchezza cerimoniale. Prive di quegli abbellimenti e di quegli accumuli che probabilmente il narratore aggiungeva per intrattenere il suo auditorio, e un cui equivalente certo arbitrario bene o male gli entusiastici riscopritori romantici provvedevano quando rielaboravano il materiale a modo loro, queste storie risultano, cosi, ridotte all'osso: sono soltanto, direi, i canovacci del mito, con gli ingredienti indispensa¬ Romanzo di Bion

Persone citate: Bion, Einaudi, Masolino D'amico, Melita Cataldi, Shaw, Sheridan, Wilde

Luoghi citati: Dublino, Irlanda, San Colombano