Saggistica

Saggistica Saggistica LA storia della letteratura italiana del Novecento che Giacinto Spagnoletti ha ora pubblicato con il titolo La. letteratura Italiana del nostro secolo (Mondadori Oscar, tre volumi, 1179 pagine, lire 28.000) ha avuto la singolare sorte di essere discussa e di diventare oggetto di polemiche prima ancora di vedere la luce e di essere letta: e anche • dopo mi sembra che le reazioni si siano determinate più in base alla lettura dell'indice dei capitoli e di quello dei citati che in base all'effettiva conoscenza di quanto Spagnoletti ha scritto. C'è stato chi ha fatto elenchi di autori non presi in considerazione da Spagnoletti, per dimostrare in questo modo deficienze e vuoti della sua storta letteraria oppure la sua tendenziosità (ma, a dire il vero, se le esclusioni sono quelle che si sono lette, allora c'è quasi da applaudire al fatto che quel nomi ci sono stati risparmiati); e c'è stato chi a priori ha polemizzato duramente nei confronti del metodo che Spagnoletti avrebbe seguito nella sua opera, come se la validità del metodo non si dovesse giudicare dal risultati concreti e dai giudizi su opere e autori, invece che su pretese categorie astratte di modernità, di complessità, di forza dialettica, che '■ '■ sono tutte genericità e stoltezze, tanto è vero che metodi che \ si sono pretesi avanzatissimi e originalissimi e progressivi \ hanno cosi spesso condotto negli ultimi tempi a risultati del tutto sciagurati. Penso che di fronte a una storia letteraria del Novecento sia atteggiamento del tutto erroneo porsi in una posizione di ■ rigetto, come a dire che, se il recensore o il commentatore o ' .il polemista avessero avuto l'occasione di scriverla loro, avrebbero fatto chi sa quale meraviglia di obiettività, di ; compiutezza, di vivacità, di novità di prospettive. Tanto meno si deve andare alla ricerca di ciò che non c'è: è un di-. ritto dello storiografo fare le proprie scelte, che è, di conseguenza molto più opportuno cercare di chiarire e illustrare nel modi in cui si manifestano e nelle ragioni che le dettano (e, dopo, discutere e contradddire, se è il caso). IL 24 maggio 1908, un giovane Indiano esule negli Stati Uniti per aver partecipato alla rivolta antinglese nel Bengala, Taraknath Das, scrisse una lettera a Leone Tolstoj: 'La vostra forza morale ha in- • debolito perfino quella autocratica del governo russo... Voi odiate la' guerra, ma la fame in India è più1 spaventosa di qualsiasi guerra. E questo non per penuria il prodotti alimentari, ma a causa del depredamento della popolazione e della spoliazione del Paese da parte del governo britannico (..J. Vi supplichiamo, se solo ne troverete il tempo, di scrivere un articolo e di esporre la vostra opinione riguardo alla penosa situazione dell'India: La risposta di Tolstoj fu la famosa •Lettera a un indù»: non propriamente una lettera, ma un breve saggio, che gli prese sei mesi di tempo, fra riflessioni e rifacimenti, nell'eremo di Jasnaja Poljana dove stava vivendo l'ultimo scorcio della sua straordinaria e tormentata esistenza. Il giovane indiano ne fu, più che lusingato, sconcertato. Egli, che apparteneva all'ala radicale del movimento antibritannico, si aspettava un autorevole incoraggiamento alle lotte per l'indipendenza dell'India; e Invece Tolstoj, pur denunciando la situazione di «un popolo di più di 200 milioni, altamente dotato di capacità spirituali e fisiche, assoggettato al potere di una piccola cricca, a lui totalmente estranea; ne attribuiva la responsabilità fondamentale agli stessi Indù, per non essersi mostrati coerenti con 1 loro precetti religiosi, 1 soli in grado, attraverso l'amore e la non violenza, di assicurare la vittoria sugli usurpatori europei. Non ne fu sconcertato, ma confortato nelle sue convinzioni, Mohandas Karamchand Gandhi, nelle cui mani la tolstoiana «Lettera a un indù, capitò nell'estate del 1909. Gandhi era a Londra, per perorare la causa degli indiani del Sudafrica, 11 Paese In cui era allora Impegnato,' in attesa della grande e decisiva battaglia nella madrepatria. A differenza del giovane Das, egli conosceva già le reali posizioni del grande scrittore russo, che anzi considerava uno dei suol ispiratori, fin da quando, nel 1894, un amico gli aveva dato da leggere *ll Regno di Dio è dentro di voi.. E 11 primo ottobre 1909, prima di ripartire da Londra per Citta del Capo, Gandhi si decise a scrivere lui stesso a Tolstoj. Una lettera devota. In cut chiedeva umilmente consigli, e che firmava «vostro servo ubbidiente M. K. Gandhi». Tolstoj gU rispose una settimana dopo, esaltando «la lotta dei teneri contro i duri, della mansuetudine e dell'amore contro l'orgoglio e la violenza" e congedandosi con un saluto «fraterno». Il carteggio sarebbe durato un anno, con quattro lettere di Gandhi e tre di Tolstoj. Quando 11 «Mahatma» ricevette l'ultima, nel novembre 1910, Tolstoj, ottantaduenne, era morto. Questo carteggio era noto agli studiosi, ma non risulta che fosse mai Il teologo Bonhoeffer TORINO — All'iste luto Gramsci si svolge oggi una giornata di studio su 'Dietrich1 Bonhoeffer. Rumore della religione, silenzio della teologia^. Le reiasioni di Ugo Perone. Paolo Ricca e Gian Enrico Rusconi, analizzeranno sotto il profilo filosofico, teologico e politico l'opera di Bonhoeffer, il pastore' protestante tedesco, morto in campo di concentramento per il suo impegno contro il nazismo. I suoi scritti principali sono pubblicati in Italia da Queriniana, ed il suo epistolario è uscito da Bompiani.. Nel dibattito interverranno Gianni Vattimo, Sergio Quinzio, Ninfa Bosco, Eugenio Costa. Tolstoj con la maglie Sofia (1890) pratici, più che metafisici,, dello spirito religioso. Ciò,.probabilmente, fa la differenza tra un Gandhi «politico» (non a caso paragonato a Lenin come stratega della «rivoluzione») e un Tolstoj predicatorio e mistico. Ma non toglie nulla all'Incontro nel segno di un comune, profondo amore della religione, di ogni religione, che significhi ricerca della-verità e ripudio della violenza.. Certo, resta l'impressionante divario degli effetti, nei rispettivi Paesi, e si può dire nel rispettivi mondi, dell'azione di Gandhi e della predicazione di Tolstoj (apatie la grandezza dell'artista). Ma questo è un altro discorso. Del resto Gandhi, come tutti 1 grandi protagonisti, può essere visto e «utilizzato» da angoli diversi. Dall'angolo essenzialmente religioso, della «testimonianza di Dio», lo valuta un altro libro, che lo mette a raffronto con un singolare e suggestivo personaggio europeo, il francese Louis Masslgnon, grande arabista ed ecumenlsta «ante luterani» (Masslgnon e Gandhi, il contagio della verità, Marietti). •■• Masslgnon, di cui si sa poco o nulla In Italia, mori nel 1962, dopo una vita passata ne.l, tentativo di stabilire un legame, o, almeno un raccordo, tra le grandi religioni dell'Oriente e dell'Occidente, oltre le verità rivelate e 1 riti codificati. La sua scelta ultima fu Gandhi, l'indù che fu ucciso anche per 11 suo amore per l'Islam. stato pubblicato integralmente. VI hanno provveduto due storici dell'università di Bologna, Pier Cesare Bori e Gianni Sofri, nel contesto di un ampio esame dei rapporti tra 11 padre dell'indipendenza indiana e il grande scrittore, che si era convertito, nella seconda parte della sua vita, alla predicazione di una religione dell'amore universale (Gandhi e Tolstoj un carteggio e dintorni. Il Mulino). L'intento è anche quello di dimostrare l'attualità del loro pensiero e della loro azione, rispetto al moderno panorama dei movimenti libertari e di .disobbedienza». . Certo l'Incontro tra 1 due personaggi, cosi distanti per l'origine nazionale, sociale e culturale, è straordinario. E naturalmente, anche per ragioni anagraf iolie e cronologiche, è soprdttuÉttf'Tin^òVitro ai eftidhi con Tolstoj (anche se, con quell'ultima lettera da Jasnaja Poljana, Tolstoj quasi assegna al remoto Interlocutore 11 compito che aveva sentito per tanto tempo come suo: «... la vostra attività nel Transvaal, che ci pare ai confini della terra, è l'opera più centrale, più importante fra tutte quelle che si svolgono attualmente nel mondo...»). Gandhi scrisse e disse più volte di avere trovato proprio nelle letture tolstoiane lo stimolo decisivo all'ideologia della «non violenza», nella quale lo scrittore russo, a sua volta, aveva visto la via d'uscita dalla sua famosa crisi esistenziale e mistica. Entrambi, comunque, si ritrovavano In un «sentimento della religione», che Tolstoj aveva elaborato, e quasi distillato, distaccandosi da ogni mediazione teologica e liturgica, e al quale Gandhi era per suo conto approdato, dal versante induista, per una propensione agli aspetti etici e Il museo di Kircher ROMA — Dal 6 al 9 maggio, presso la Biblioteca Nazionale Centrale e l'Istituto dMa Encicloped4u^It^[-\ liana, con la partecipa^ zione di studiosi italiani e stranieri, seminario di studi sulla figura di quello straordinario gesuita secentesco che fu Athanasius Kircher. Definito l'ultimo sostenitore di un ideale, unitario del sapere, con temporaneamen te antesignano di specializzazioni disciplinari,' fu il fondatore, presso il Collegio romano di Roma, del primo museo scientifico della sua epoca. Oltre ad analizzare il suo poliedrico pensiero, il seminario si propone di censire gli oggetti artistici e i cimeli di questo museo kircherlano, smembrato nel 1876 tra diverse collezioni. ■ Aldo Rizzo «Gandhi e Tolstoj, Un, carteggio e dintorni», a cura Idi Pier'Cesare Bori e Gianni Sofri, Il Mulino, 226 pagine, 15.000 lire. «Masslgnon e Gandhi, il contagio della verità», Marietti, 200 pagine, 17.000 lire. Il catalogo della mostra milanese Lo studiò di McAsull'architettura a X L passaggio dal gotico tal rinascimento a Ve-. nezia, l'architettura 'lombardesca» e quella cosiddetta 'di transizione», l'affermarsi d'una nuova' cultura nell'antica cittàstato, l'opera delle perso-, nalità artistiche maggiori, e 'minori» tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento, sono t temiconduttori dell'indagine di John Me Andrew 'L'architettura veneziana del primo Rinascimento», edita da Marsilio. Un'opera monumentale, che affronta uno dei periodi più affascinanti della nostra storia dell'arte; già ben nota all'estero, viene finalmente presentata in italiano, revisionata, completata da bibliografia e da puntuali illustrazioni. •Molto tempo fa», scrive Me Andrew come in un'antica storia, «si insegnava che l'architettura del Rinascimento era nata all'Improvviso a Firenze ad opera del Brunelleschi, ed era presto giunta a maturità nel pensiero dell'Alberti: ma sia l'uno che l'altro ebbero ben poco a che fare con l'architettura del Rinascimento a Venezia». La nuova arte, in effetti, non fu 'importata» ma 'ricostruita» sulle lagune, in un circuito dapprima prudenziale, poi sempre più fitto ma costantemente critico, tra le nuove forme e le permanenti suggestioni ambientali. In un ambiente fisico dominato dalla perenne mobilità delle acque, tra orizzonti incerti, su isole instabili, le